Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

DE FALCO NUNZIO

Casal di Principe (Napoli) 19 marzo 1950. Camorrista. Detenuto. Il 30 gennaio
2003 è stato condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, come mandante dell’omicidio di don Peppino Diana, commesso a Casal di Principe il 19 marzo 1994
(giorno del compleanno del medesimo De Falco) • Detto ’o Lupo. «Nunzio De Falco ha il suo soprannome stampato in faccia. Ha davvero la faccia
del lupo. La foto segnaletica è riempita verticalmente dal viso lungo coperto da una barba rada e ispida come
un tappeto d’aghi, e orecchie a punta. Capelli crespi, pelle scura e bocca triangolare.
Sembra proprio uno di quei licantropi da iconografia horror» (Roberto Saviano) • Fratello del fu Vincenzo De Falco, crivellato in macchina il 2 febbraio 1991
(contrastava l’ascesa di Francesco Schiavone detto “Sandokan” all’interno dei casalesi). Lo avrebbe vendicato uccidendo l’alleato di Sandokan, Mario Iovine, il 6 marzo successivo, a Cascais, in
Portogallo • Fu colpito da ordinanza di custodia cautelare per l’omicidio di don Peppino Diana, il prete anticamorra di Casal di Principe, il 15
novembre 1997, e con questa accusa arrestato ad Albacete, in Spagna, mentre
viaggiava sull’intercity Valencia-Madrid. «Aveva messo su un potente cartello criminale assieme a uomini della ’ndrangheta e alcuni sbandati di Cosa Nostra. Tentò anche — secondo le indagini della polizia spagnola — di dare una struttura da gruppo criminale ai gitani presenti nel sud della
Spagna. Aveva costruito un impero. Villaggi turistici, case da gioco, negozi,
alberghi. La Costa del Sol aveva conosciuto un salto di qualità nelle infrastrutture turistiche da quando clan casalesi e napoletani avevano
deciso di farne una perla del turismo di massa» (Saviano)
• La sentenza di primo grado della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere ha
accertato che l’omicidio di don Peppe Diana, ucciso alle sette e mezza di mattina, in sagrestia,
da due sicari armati di pistola da guerra, fu commesso per eliminare il prete
anticamorra, addebitando allo stesso tempo il delitto al clan rivale di
Francesco Schiavone. De Falco, al tempo residente in Andalusia, dopo l’omicidio telefonò alla Questura di Caserta per chiedere un incontro, che si tenne in un
ristorante vicino a Santa Fe (fu la moglie del boss ad andare a prendere i due
funzionari all’aeroporto). A scanso di equivoci, il boss disse in premessa che la sua non era
una denuncia (per non essere confuso coi collaboratori di giustizia), ma una
versione di come erano andati i fatti. E cioè che a uccidere don Peppino Diana erano stati gli Schiavone, al fine di far
cadere sui De Falco la responsabilità dell’omicidio. E dava anche un alibi: lui non avrebbe mai potuto dare ordine di
uccidere don Peppino Diana, visto che suo fratello Mario gli era molto legato
(don Diana l’aveva convinto a lasciare la camorra). Gli andò male, perché l’organizzatore dell’omicidio, Giuseppe Quadrano, si consegnò alla polizia e iniziò a collaborare con la giustizia. In motivazione i giudici danno anche atto dei
ripetuti tentativi, nel corso del processo, di screditare la figura di don
Diana, accusato di avere insidiato la cugina di un boss
• Difensore di Nunzio De Falco nel processo, Gaetano Pecorella, allora presidente
della commissione Giustizia della Camera. «Mentre la sentenza veniva letta in tribunale mi venne da ridere. Una risata che
riuscii a contenere lasciando gonfiare le guance… Ridevo perché i clan erano così forti da aver persino ribaltato gli assiomi della natura e delle fiabe. Un lupo
si faceva difendere da una pecorella» • Un giornale locale di Casal di Principe gli dedicò in prima pagina un articolo dal titolo “Nunzio De Falco re degli sciupafemmine” (il 17 gennaio 2005), mettendolo in cima alla classifica dei playboy della
provincia. L’articolo attribuisce al boss sette mogli («naturalmente ci riferiamo non a rapporti matrimoniali veri e propri, ma rapporti
duraturi da cui hanno avuto figli»), di cui una spagnola, una portoghese e una inglese, e dodici figli (Saviano). [Paola Bellone]