Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
DANDINI
Serena Roma 22 aprile 1954. Conduttrice tv. Da ultimo del talk show Parla con me (la domenica notte su Raitre: la conseguente revisione del palinsesto ha molto
irritato la redazione del Tg3 che s’è sentita sacrificata) • Nel giugno 2007 ha lanciato un appello per salvare il Teatro romano Ambra
Jovinelli, del quale è direttore artistico dal 2001: «Come tutte le sane famiglie italiane, anche noi veniamo sfrattati per morosità [...] è una guerra fra poveri, quella di chi fa cultura in questo paese, ed è vergognoso» (a Emilia Costantini) • «Coordinatrice di gruppi comici e no, da La tv delle ragazze a L’ottavo nano, tessitrice di tele “arternative” e fracassone che stavano in piedi grazie a lei, collante di discorsi alti e
bassi, politici ed etici, intelligenti e scemi, comunque di tanti in coro» (Simonetta Robiony) • «Capocomica scaltra, ama circondarsi di talenti, e non di mezze cartucce per
essere notata di più» (Alessandra Comazzi) • Figlia di un avvocato civilista: «Era un conte, la nostra è una famiglia della nobiltà papalina». Il cognome completo è Dandini de Sylva: «I de Sylva erano spagnoli e ricchi. Tanti anni fa, una di loro, sposandosi con
un Dandini che stava messo male, impose di mantenere il cognome. Abbiamo pure
uno stemma con un’aquila, un leone, le palle e tante altre cose. Da ragazza però di questa cosa mi vergognavo come una ladra» • «Stesso liceo di Antonello Venditti. Giulio Cesare. Stesso bar, il Tortuga,
quello della canzone Compagno di scuola, dove Nietzsche e Marx si davano la mano. Ricordo il giorno di Piazza Fontana.
I fascisti vennero davanti a scuola a urlare “Assassini”, a sputare, a menare. Frequentavo Fgci, Lotta Continua, Potere Operaio. Mi
intrufolavo dappertutto, ero amica di tutti. Mi sono fatta tutta la mia
militanza femminista, i gruppi di autocoscienza» • Studi anglo-americani. «Un giorno la professoressa Bianca Maria Pisapia mi segnalò alla Rai e mi chiamarono. Che cosa facevo? Quella che andava a prendere le
musiche in archivio. Aprivo e chiudevo cassettini. Un lavoro d’impegno. Mi chiamavano programmista musicale. Ogni tanto dicevo: “Ma perché mettete questa canzone che è brutta? Mettete quest’altra”. Nei cassettini c’era di tutto. Alcuni dischi avevano il timbro rosso: “Intrasmettibile”. Tipo Gaber, tipo Dario Fo,
Radio anch’io. Cominciai a fargli scoprire i cantautori. E poi scrivevo qualche nota. Mi
dissero: “Invece di rompere le scatole, vieni in diretta e leggile tu stessa”. Poi cominciai a proporre programmi miei. Il primo fu Il pianeta cantautore, una specie di fiction che usava le canzoni come dialoghi. Feci anche l’inviata da Sanremo, mi pare nell’85» • «Il passaggio dalla radio alla televisione è stato un trauma terribile. Io credevo che radio e tv fossero la stessa cosa.
Invece in tv prima arriva l’immagine, poi, se sei fortunata, arriva quello che dici. Insomma, le prime volte
mi sono fatta truccare, bigiotteria per dare luce, capelli tirati con treccia
che non riuscivo nemmeno a parlare, ombretto azzurro. Mi sono vista e mi sono
messa a piangere. Chi è quella?» (a Claudio Sabelli Fioretti) • «Fin dai debutti apparve bella di coscia ma un po’ forte di fianchi: grassottella dimagrita, “ex sgianfona”, come la chiamano premurosamente le sue amiche, veste di nero, che sfina e fa
sempre chic. Ha l’espressione un po’ così, di quelli che ridono pure in un cimitero» (Pietrangelo Buttafuoco) • «Sotto quel look sbarazzino-dandinesco (tailleur-pantalone a righe, camicie
sgargianti, sandali yéyé) batte il cuore di un’abile imprenditrice di se stessa e del suo piccolo gruppo, dove spiccano il
fidanzato musicista Lele Marchitelli e la fedele Gabriella Ruisi, capace di
moltiplicare i campi di intervento riuscendo a restare libera e senza mai
consegnarsi a contratti capestro. Ma nella crescita del “Dandini power”, un modello un po’ Arbore un po’ Costanzo (“Però io ho le tette, loro no” scherza), conta molto anche una spiccata capacità di tessere alleanze, di trovare amici e sponsor. Nel centrosinistra, ma non
solo. Anzi, facendo di quella guizzante vocazione alla trasversalità il marchio della propria libertà. Uno dei primi ad accordarle fiducia fu Angelo Guglielmi, allora direttore di
una Raitre rivoluzionaria nel mischiare materiale “alto” e “basso”. Per quella promettente speaker radiofonica che da grande avrebbe voluto
insegnare letteratura angloamericana fu il primo passo vincente. Poi c’è la politica. E qui i rapporti si fanno più sfuggenti, impalpabili, indecifrabili. Di sicuro Serena Dandini non è nelle grazie di Massimo D’Alema, se non altro per la memorabile caricatura tributatagli da Sabina Guzzanti
all’epoca del
Pippo Chennedy Show» (Michele Anselmi) • «Non sono mai stata iscritta a un partito» • Due mariti, col secondo abitò per sette anni nella campagna umbra, a Montone: «Abbiamo provato a coltivare il granoturco e il tabacco, di cui ormai so tutto. I
contadini del posto non capivano perché avessimo scelto di andare a vivere fra mille scomodità. è stato divertente anche se non c’era la luce e ci ammazzavamo di freddo e fatica. E non avevamo una lira in
tasca. Ogni tanto dovevo tornare a Roma per guadagnare qualcosa in radio»
• Una figlia, Adele (tesi di laurea sul femminismo indiano) • Colleziona rose antiche: «E ogni volta che faccio un viaggio, anche se non si potrebbe, porto via qualche
pianta locale». [apq]