Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CURCIO
Renato Monterotondo (Roma) 23 settembre 1941. Fondatore ed ex capo delle Brigate
Rosse. «Io parlo solo del mio lavoro di ricercatore, il resto non mi interessa. Non
salgo in cattedra e non sono un cattivo maestro» • Nel 2007: a marzo, alla Stazione Marittima di Napoli per presentare il volume Il carcere speciale, curato da Maria Rita Prette e pubblicato dalla casa editrice Sensibili alle
foglie (di cui è direttore editoriale), fu contestato da una trentina di esponenti di Alleanza Nazionale. Nelle stesse ore Grazia Ammaturo, figlia del
dirigente della squadra mobile di Napoli Antonio Ammaturo, assassinato nel 1982
proprio dalla Br, scrisse ai giornali una lettera in cui diceva tra l’altro: «Fino a quando si abuserà della nostra pazienza, del nostro riserbo, del nostro dolore?»; ad agosto grandissimo scandalo per le dichiarazioni dell’attrice francese Fanny Ardant, che intervistata dal settimanale A disse: «Per me Renato Curcio è un eroe»; a dicembre un quadro della pittrice palermitana Daniela Papaia rappresentante
una deposizione dalla croce con un operaio al posto di Gesù, in procinto di essere esposto a Palazzo Marini (sede distaccata della Camera)
in una mostra sulle «morti bianche», fu rispedito al mittente: il lavoratore adagiato fra le braccia dei colleghi
assomigliava troppo a Curcio; a febbraio 2008 nuove polemiche per l’invito di Rifondazione comunista a una conferenza sul lavoro precario
organizzata a Castiglione delle Stiviere (Mantova). Sulle polemiche relative
alla esagerata presenza sui media degli ex terroristi vedi NAPOLITANO Giorgio
• «Arriva a Trento nel 1962, con 50 mila lire in tasca. A Genova, un geometra dell’Italsider gli ha detto: “Tu sei un tipo con strani interessi, a Trento aprono un’università che fa al caso tuo”. Vince una borsa di studio, e intanto lavora come cameriere, diventa il
segretario del vicesindaco dc di Trento. Vive in estrema povertà, prima nel convitto di villa Tambosi, sulla collina di Villazzano, poi si
trasferisce in una comune, insieme a Mauro Rostagno e Paolo Palmieri.
Protagonista della contestazione, non sarà mai figura di spicco, preferendo una vita di studio dei testi del
marxismo-leninismo. Lascia Trento nell’estate del 1969 per trasferirsi a Milano, dove fonderà le Brigate rosse» (Diario)
• «Era il capo carismatico delle Brigate rosse, quelle delle azioni dimostrative e
degli agguati ai funzionari della Fiat, ma anche dei primi rapimenti come il
sequestro del magistrato genovese Mario Sossi (vedi). Veniva dai sogni ribelli
del 1968, Curcio; dal movimento studentesco di Trento dove aveva frequentato la
facoltà di Sociologia. All’inizio dei Settanta aveva fondato la stella a cinque punte insieme con Alberto
Franceschini e con sua moglie, Mara Cagol, uccisa il 5 giugno del 1975 alla
cascina Spiotta, sulle colline di Acqui Terme durante un conflitto a fuoco tra
brigatisti, che avevano rapito l’industriale Vallarino Gancia, e i carabinieri. Infine, il 18 gennaio del 1976
era stato arrestato la seconda volta (nel febbraio dell’anno precedente era evaso dal carcere di Casale Monferrato grazie a un’azione guidata pro
prio da sua moglie Mara). Quel giorno venne intercettato a Milano, in un
appartamento di Porta Ticinese. Lo condannarono all’ergastolo. Anche se non aveva mai ucciso nessuno, si portava addosso un fardello
enorme di responsabilità per quella lotta armata che aveva già compiuto azioni e rapimenti e che presto avrebbe messo a ferro e fuoco il paese. Certo è che, dopo il suo arresto, le Br di seconda generazione alzarono il tiro e prese
il via una massiccia escalation di attentati, ferimenti e omicidi. Fino alla
strage di via Fani e all’uccisione di Aldo Moro, fino al feroce sbando successivo. Trent’anni dopo Renato Curcio è un manager che si dedica “a raccontare il mondo con sguardo diverso”. è il direttore editoriale di Sensibili alle foglie, casa editrice lanciata nel
1990 quando lui era ancora in carcere e poi in semilibertà. Da anni, del tutto libero, gira l’Italia con i soci-amici della cooperativa e con i libri del catalogo. Vanno dove
li chiamano e dove ritengono necessario andare; nelle città, ma anche nei paesini piccoli e isolati dove una libreria non l’ha mai vista nessuno. Per far “nascere i nostri libri tra i nostri potenziali lettori”. E interviene nelle sale affollate, in genere per ultimo, dopo autori e
presentatori. Defilato, rispettoso delle collaborazioni e dei contatti che
hanno reso solida l’attività di Sensibili alle foglie e che la fanno prosperare. Tanto che ora la
cooperativa va puntuale al Salone del libro di Torino. Curcio non parla del suo
passato di ex capo delle Brigate rosse di prima generazione. E quando gli tocca
citare il motivo che lo portò in carcere tanto tempo fa, lo definisce con qualche esitazione “una vicenda politico rivol... tosa” e si ha l’impressione che gli sia rimasta in gola la parola “rivoluzionaria”. Il suo presente, invece, lo rivendica. “Ho pagato il mio debito con la società, tutto e fino in fondo. Eravamo ancora in carcere quando pensammo alla
cooperativa, e allora volevamo soprattutto costruirci un lavoro. Ma adesso
funziona, mi piace, ci piace e facciamo finalmente quello che ho sempre voluto
fare”. Trent’anni dopo, quello che Curcio fa è dare visibilità a “quelli che sono considerati esuberi, alle persone senza voce”. Detenuti, immigrati, internati nei manicomi giudiziari, portatori di handicap.
E vecchi. “Sì, vecchi che nessuno vuole, esuberi appunto che non servono e che devono restare
invisibili. Facciamo analisi socio-narrativa, vogliamo offrire un altro sguardo
sul mondo raccontando storie”» (Silvana Mazzocchi)
• Nel 2007 la sua storia d’amore con Mara Cagol (la moglie uccisa durante uno scontro a fuoco coi
carabinieri) diventa una pièce teatrale: Un po’ dopo il piombo (di e con Giangilberto Monti, in scena nell’ottobre 2007, la Cagol era Roberta Mandelli). [aoa]