Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CUFFARO
Totò (Salvatore) Raffadali (Agrigento) 21 febbraio 1958. Politico. «La mia politica è ascoltare». Nel 2008 eletto senatore dell’Udc, partito che ha superato la soglia dell’8% per entrare in Senato solo in Sicilia: «Casini con lui ha fatto un affare» (Raffaele Lombardo). Ex presidente della regione Sicilia (centrodestra). Eletto nel 2001 e di nuovo nel 2006, fu costretto alle
dimissioni il 26 gennaio 2008, otto giorni dopo essere stato condannato in
primo grado a 5 anni per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio. Il 30 gennaio la sospensione decretata dal governo gli impedì anche la gestione dell’ordinaria amministrazione fino alle elezioni per eleggere il suo successore.
Ascoltata la sentenza, aveva festeggiato a cannoli e provato a resistere. La
sospensione decretata dal governo e gli attacchi di Gianfranco Micciché lo persuasero a farsi da parte. Alessandra Ziniti: «Ha rivelato notizie riservate sulle inchieste della Procura grazie alla sua rete
di “talpe”, ha aiutato l’imprenditore della sanità Michele Aiello e il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro ad eludere le
indagini, ma non ha favorito l’organizzazione Cosa nostra nel suo complesso. Cinque anni di reclusione per
favoreggiamento e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ma basta la caduta
dell’articolo 7, cioè dell’aggravante mafiosa, per far sì che Salvatore Cuffaro accolga con lacrime di soddisfazione il verdetto della
terza sezione del tribunale di Palermo che pure condanna il presidente della
Regione siciliana ad una pena non certo lieve. E l’annuncio è immediato: “Non mi dimetto, da domani sarò al lavoro”»
• Protagonista del documentario La mafia è bianca trasmesso tra molte polemiche il 31 gennaio 2008 all’interno del programma di Michele Santoro Annozero, si lamentò: «L’onorevole Santoro preferisce fare la sua trasmissione senza avermi in studio e
vuole riprocessarmi in contumacia» • «Tutta la sua vita è in fondo riassumibile in un paradosso: certe cose che sembrano normali al “suo” popolo di elettori e amici appaiono agli occhi di milioni di italiani mostruose
e certe cose che sembrano a tanti altri mostruose appaiono ai suoi del tutto “normali”. Sempre stato così. Fin dall’autunno del 1991 quando era in platea a Samarcanda in staffetta col Costanzo
Show e tanto urlò e strepitò che Michele Santoro gli porse il microfono. Al che, lui, aggiustata la
cravatta, protestò che eran tutte “buffonate” e che era “in atto una volgare aggressione alla classe dirigente migliore della Dc in
Sicilia” e che quello era un “giornalismo mafioso” che faceva “più male alla Sicilia che dieci anni di delitti”. Davanti al televisore, ignaro della bruttissima fine che lo attendeva,
sorrideva soddisfatto il massimo rappresentante di quella “classe dirigente migliore” isolana, Salvo Lima. Sul palco, attaccato direttamente, scuoteva sconfortato la
testa Giovanni Falcone, che di lì a pochi mesi sarebbe stato assassinato. Fu quella sera che i telespettatori
scoprirono Totò. E se tanti, al di qua dello Stretto, restarono sbalorditi da quel giovanotto
paffutello che si assumeva l’onere di difendere l’indifendibile, tanti altri, di là dello Stretto, si ritrovarono in sintonia con quello sconosciuto in camicia che
urlava in difesa dell’onore dei notabili siciliani vittime di “giudici corrotti” e di “un pentito volgare”, cioè Tommaso Buscetta, “solo perché serve al Nord”. Fu quella sera che svoltò, la carrie
ra politica di Salvatore Cuffaro da Raffadali, laureato in Medicina, dottore all’ambulatorio dei ferrovieri, destinato a diventare in una manciata di anni l’uomo forte dell’isola. Una carriera rapidissima. Giocata tutta sulla straordinaria flessibilità che gli permise, nella legislatura più incerta, di restare assessore all’Agricoltura mentre si ripetevano i ribaltoni e prima governava la destra e poi
la sinistra e poi ancora la destra. Lui ci rideva su: “Cuffaro viene dall’arabo: kufur. Vuol dire infedele”. E precisava: “Solo che per loro significava colui che si era convertito al cristianesimo. E
questo sono: un cristiano e un democristiano”» (Gian Antonio Stella)
• «Alla Regione arriva sull’onda del milione e mezzo di voti, il 24 giugno del 2001, sconfiggendo il
candidato del centrosinistra Leoluca Orlando. Medico radiologo, cresce all’ombra dell’ex ministro Calogero Mannino. Da Mannino si è affrancato mettendo in piedi una prodigiosa macchina di consenso elettorale,
che ha nel mondo dell’agricoltura e nell’esercito dei quattromila camici bianchi siciliani il suo granaio. Il segreto del
successo, non ne fa mistero, sta in quell’agenda da 20 mila nomi (
rettificò: «50 mila» — ndr) che i collaboratori tengono sotto chiave. Sempre aggiornata, sempre pronta ad
essere utilizzata ad ogni campagna elettorale. La macchietta del bacio ad ogni
conoscente incontrato, ad ogni sostenitore appena presentato, fa il resto.
Nasce così il soprannome di “vasa vasa” (“bacia, bacia” — ndr), del quale in fondo va fiero. Ma Cuffaro è soprattutto l’animale politico pronto a cogliere ogni mutamento del vento, ogni piccolo refolo
buono a liberare nuove possibilità per le sue regate nell’incerto mare politico siciliano» (Enrico Bellavia e Carmelo Lopapa) • Molto religioso: asilo dalle suore collegine, medie e superiori dai Salesiani, «a Roma ho fatto la Scala Santa in ginocchio più di una volta, sono stato a Fatima, ho fatto anche Lourdes, Medjugorie, Santiago
de Compostela». Fece stampare in tre milioni di copie l’atto di affidamento ufficiale della Sicilia alla Madonna • Sposato con Giacoma, due figli (Ida e Emanuele). Uno dei due fratelli, Silvio
(l’altro si chiama Giuseppe), è il sindaco di Raffadali. [anw]