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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

COSTANZO

Maurizio Roma 28 agosto 1938. Giornalista. «Io gliel’avevo detto: “A Giampa’” gli avevo detto “io ti dò ’sto consiglio: bordeggia...”» (appena nominato direttore di Canale 5 al posto di Giampaolo Sodano).



Vita Figlio di Iole e Ugo, impiegato al ministero dei Trasporti: «Dopo la guerra lo promossero a direttore della mensa del ministero. Allora mamma
fu costretta ad andare a fare la spesa a chilometri di distanza da casa, dove
non ci conoscevano. I negozianti delle nostre parti — via Livorno, piazza Bologna — speravano nelle commesse della mensa e a noi erano pronti a farci mangiare
gratis». Figlio unico, bambino complicato, martirizzava la madre, stava in ansia, s’annoiava, passava le giornate incollato ai vetri della finestra. Grasso già a nove anni, a suo dire per una cura ricostituente di Nestrovit che gli fece
male. Si diplomò ma non andò all’università. Il nonno aveva affittato una camera a Vittorio Veltroni, padre di Walter e
allora dirigente Rai, che lo portò a fare un giro per gli studi televisivi appena messi in piedi (sarà stato perciò il 1954 o il 1955). «Fin dai nove anni pensavo di fare il giornalista, e mi scrivevo un giornale da
solo. Leggevo ad alta voce intere commedie di Goldoni, cosa che esasperava i
miei genitori, e poi mi chiudevo in camera e ascoltavo alla radio Corrado e
Mario Carotenuto»
• «Passavo ore con in mano un portasapone rovesciato, come se fosse un microfono.
Oppure con un mio amico, Lucio, giocavo con le lattine, io ero per Bartali, lui
per Coppi, e alla fine della tappa scrivevo la radiocronaca» • «Mio zio mi faceva leggere le terze pagine del Corriere della Sera. C’erano firme illustri, Vittorio G. Rossi, Enrico Emanuelli, Virgilio Lilli, ma
soprattutto Indro Montanelli. Io mi appassionai a Montanelli; a 14 anni gli
scrissi una lettera. Come avrei potuto scrivere a un calciatore: “Io vorrei conoscerla”. Lui mi telefonò. A me prese un colpo. “Sono Indro Montanelli”. Credevo di morire. Mi disse: “Vieni dopodomani in via della Mercede, nella redazione romana del Corriere della
Sera”. Io dissi: “Senz’altro”. E marinai la scuola. Mi disse: “Io capisco che tu hai questa voglia di fare il giornalista. Se proprio vuoi
farlo, comincia a farlo il prima possibile”. Cominciai quasi subito a collaborare a un’agenzia di stampa che si chiamava Italmondo, agenzia fatta da un intelligente e
strano tipografo del Giornale d’Italia, Francesco Casadio, un fanatico dell’esperanto. Poi cominciai a scrivere qualche articolo per La Giustizia, il
quotidiano di Giuseppe Saragat. Avevo 17 anni, facevo il liceo al Giulio
Cesare, il mio professore di italiano si chiamava Umberto Massi e scriveva per
il Popolo. Ogni tanto mi chiamava e diceva: “È uscito niente di tuo? Il mio articolo È uscito, guarda”. Finito il liceo andai come volontario nel mese di agosto al Paese Sera di
Roma. Arrivai presentato da Felice Chilanti, che era un inviato storico di
Paese Sera. Il direttore era Dario Beni. Per anni mi chiamò il “volontario di agosto”. Mi mandarono allo sport, capo servizio era Marcello Sabatini, vice
caposervizio era Antonio Ghirelli. Ghirelli mi disse: “Tu che sport conosci?”. Dissi: ciclismo. “Va bene, farai l’inviato al Giro del Belgio”. Mi mise in mano le agenzie e disse: “Ecco, scrivi il resoconto della prima tappa”. Firmai “Maurice Constance”».
[amq]


«Alla fine degli anni Sessanta, mentre lavoravo alla radio, scrivevo una commedia
per il Sistina, collaboravo a un sacco di giornali, avevo già il diritto di darmi un po’ di arie per il testo di Se telefonando cantato da Mina, e nonostante questo mi feci prendere da Afeltra al Giorno come
redattore ordinario, per la Cronaca e gli Spettacoli. Solo perché sentivo il bisogno del giornale, delle notizie. Ci ritornai con lo stesso
spirito con cui si va a passare una settimana alle terme per ritemprarsi» • «Grazie a Brunello Vandano, capo dell’ufficio romano di Grazia, entrai alla Mondadori. Diventai quasi subito capo dell’ufficio romano di Grazia. Era un giornale molto importante, vendeva quasi 500
mila copie. Lavoravo tantissimo, facevo decine di interviste, cronaca e
spettacolo, la mia cultura televisiva nasce dall’aver frequentato la tv in bianco e nero di allora, dal Musichiere a Telematch, Mario Riva, Enzo Tortora, Enza Sampò. Feci gli esami da professionista insieme a Furio Colombo» • Alla fine degli anni Settanta cominciò la collaborazione con la Rizzoli: prima diresse La Domenica del Corriere
(1978), poi fondò L’Occhio, “quotidiano popolare” con scarse vendite. Guai seri quando promosse una campagna a favore della pena
di morte: il magistrato Giovanni D’Urso ordinò il sequestro di tutte le copie. Il giornale fallì nel 1981 • Nello stesso periodo successo in televisione, dove aveva debuttato nel 1976 con
un talk-show di seconda serata chiamato Bontà loro • «Mi feci crescere di nuovo i baffi. Pensai: vanno di moda le facce che lanciano
messaggi e su ’sta faccia mia mettiamoci qualcosa» • Programma semplicissimo, in cui Costanzo metteva a frutto l’esperienza di un giornalismo colloquiale fatta in radio nel programma Buon pomeriggio (con Dina Luce e Pasquale Chessa). In Bontà loro si limitava a far sedere in un salotto tre personaggi più o meno famosi e a chiacchierare con loro del più e del meno. Il successo fu enorme. «Ettore Bernabei era convinto che a quell’ora gli italiani andassero a dormire. Non era vero. Alla prima puntata facemmo
quasi 5 milioni e mezzo d’ascolto, alla seconda 13». I primi ospiti furono «il regista Anton Giulio Majano, un bidello e una ex Miss Italia che era stata
espulsa dal concorso perché era stata fotografata con le tette di fuori. Quaranta minuti di domande sulla
carriera e sulla vita. Alla seconda puntata venne Francesca Bertini, la diva
del cinema muto». Il primo politico fu Tina Anselmi, ministro del Lavoro: «Le chiesi perché non si fosse sposata e mi beccai una quindicina di interpellanze parlamentari.
Nel secondo ciclo di trasmissioni venne Giulio Andreotti, presidente del
Consiglio. Poi i comunisti Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta»
• «Dopo le prime puntate qualcuno mi disse: bello il tuo talk-show, migliore di
quello che va in onda in Inghilterra. Io non sapevo nemmeno che cosa fosse un
talk-show: avevo inventato un genere che non avevo mai visto, ma che esisteva
già in altri Paesi. E lo avevo persino migliorato...» • A Bontà loro seguirono Acquario e Grand’Italia. La formula non era cambiata • Nominato direttore del primo telegiornale italiano non Rai — Contatto della rizzoliana Pin (Prima rete indipendente) —, scrisse il suo unico articolo per il Corriere della Sera, una lunga intervista
a Licio Gelli, di cui nessuno, sul momento, colse il significato nascosto. Ma,
poco dopo, il suo nome fu trovato nella lista degli iscritti alla Loggia P2
(vedi GELLI Licio), tessera 1819, data di iscrizione 26 gennaio 1978, e la
carriera di grande giornalista e uomo di spettacolo sembrò stroncata per sempre. Era il 1981. Costanzo smentì di essere stato iscritto («m’hanno messo lì dentro a mia insaputa»), poi, a Giampaolo Pansa che lo doveva intervistare per la mondadoriana Uomo
tv, disse prima della messa in onda: «Butta via tutte le domande che hai preparato. Adesso confesso». E, di fronte allo stupito giornalista, che aveva buttato davvero via tutte le
sue domande, parlò a lungo della propria disavventura, dandosi più del cretino e asciugandosi di continuo il sudore che gli colava giù per la faccia con dei fazzolettini di carta. La Uomo tv venne poi assorbita da
Italia uno. La cassetta-confessione di Costanzo non È mai più stata ritrovata
. [amr]


Dopo un breve periodo di tormenti, in cui l’unico a farlo lavorare fu Niki Grauso sulla sua Videolina (cosa che Costanzo non
ha mai dimenticato), eccolo tornare finalmente in video: il 14 settembre 1982,
sulla Rete 4 che Berlusconi aveva appena comprato da Rusconi, andò in onda la prima puntata del Maurizio Costanzo Show. «Durante la trasmissione Paolo Villaggio s’innamorò di Eva Robin’s, Paola Borboni confessò d’essersi concessa al presidente dell’Argentina per salvare la compagnia teatrale di Armando Falconi. Era sul palco
anche il giovane parricida Marco Caruso» • Il Maurizio Costanzo Show, prima dal Sistina e poi dal Parioli («fu Garinei a suggerirmi di trasferire la trasmissione in teatro, io peraltro l’ho sempre vissuta come un evento teatrale, con personaggi che si scontrano o si
amano, eccetera»), È andato avanti per 22 anni, mandando in onda più di 3600 puntate e ospitando più di 25 mila persone. Sospeso nel 2004, È tornato nel 2007 (con cadenza bisettimanale). Dire che È stata la più grande rappresentazione del popolo italiano nel suo farsi È ancora poco. Non si contano i personaggi scoperti e lanciati: Sgarbi, Riondino,
Iacchetti, Vergassola, Giobbe Covatta, Nick Novecento, Gioele Dix, Stefano
Zecchi, lo stesso Luciano De Crescenzo, che aveva appena scritto il suo
Bellavista e che Costanzo fece venire subito sul palco a raccontare le sue storie • Tra gli ospiti che hanno fatto la passerella (durante il primo periodo), Wanda
Osiris e Carlo Dapporto, secondo Costanzo indimenticabili • Il 14 maggio 1993 un’autobomba esplose in via Fauro a Roma, a pochi passi dal teatro Parioli, proprio
nel momento in cui passava l’auto di Costanzo. Nessun ferito. Il conduttore era stato buon amico di Giovanni
Falcone (ucciso l’anno prima) e aveva condotto molti speciali sulla mafia, anche in collegamento
con Michele Santoro. In particolare il giudice Francesco Di Maggio, dal palco
del Maurizio Costanzo Show, aveva denunciato le collusioni tra mafia e politica • Tra gli ultimi programmi condotti, Buona Domenica e il talk show del programma Tutte le mattine (molto diverso dal Maurizio Costanzo Show) • Da qualche anno i rapporti con Mediaset sono difficili. Si ha l’impressione che l’azienda voglia liberarsi in qualche modo di uno dei suoi conduttori storici
(quasi un fondatore) e non sappia bene come fare. C’È anche il problema di non perdere, in questa ridefinizione dei rapporti, la De
Filippi. Costanzo ha reagito alle malegrazie dei suoi datori di lavoro con una
rabbia eccessiva. La risposta a Barbara Berlusconi, che alle Invasioni barbariche di Daria Bignardi aveva criticato Buona Domenica (che poi Costanzo ha perso), fu fuori misura («deve avere problemi in famiglia»). [ams]


«Il mio primo film come sceneggiatore si chiamava Il tesoro di San Pietro ed era interpretato niente meno che da Walter Pidgeon e da Klaus Kinski. Da lì, cito alla rinfusa: Il giovane normale con Lino Capolicchio, diretto da Dino Risi, tratto dall’omonimo libro di Umberto Simonetta. In quell’occasione ebbi l’onore di conoscere e collaborare con Ruggero Maccari, un grande e
indimenticabile sceneggiatore. Con lui, anni dopo, scrissi Ritratto di provincia in rosso diretto da Marco Leto e interpretato da Ugo Tognazzi. Con lui collaborai ancora
per Una giornata particolare dove ebbi una seconda grande fortuna: dialogare con Ettore Scola. Citando
sempre alla rinfusa, ricordo una lunga collaborazione con Pupi Avati. Prima Bordella, poi La casa dalle finestre che ridono, una serie televisiva in quattro puntate, Jazz band, e, insieme a Pupi, il soggetto di Le strelle nel fosso» • È sposato dal 28 agosto 1995 (giorno del suo compleanno) con Maria De Filippi.
Insieme, hanno adottato un bambino (sui rapporti, d’affari e d’amore, con la De Filippi vedi DE FILIPPI Maria) • Ha avuto quattro mogli, se si considerano quelle effettivamente sposate.
Cinque, se si conta anche Simona Izzo, con cui ha convissuto. In tutto,
ricapitolando: Lori Sammartino, Flaminia Morandi (da cui ha avuto i figli Camilla e Saverio), Marta Flavi (l’unica da cui s’È separato malamente), Simona Izzo (che era troppo gelosa) e Maria De Filippi • Marta Flavi: «Ringrazio Maurizio Costanzo di avermi sposato. E di avermi lasciato» • Ha scritto molti libri e, da ultimo, E che sarà mai? (Mondadori 2006). Nel 2004 l’autobiografia Chi mi credo d’essere (ibidem, best seller da centomila copie). Altre sue biografie: Umberto Piancatelli Chi c’È dietro ai baffi (Nuova Eri, 1994), Riccardo Bocca Maurizio Costanzo Shock (Kaos Edizioni, 1996. Molto ostile: Costanzo ha fatto in modo che nessuno ne
parlasse e che sparisse al più presto dalla circolazione) • Dal luglio 2007 conduttore su Sky Vivo di Stella, ogni giorno dal lunedì al venerdì a mezzogiorno per due ore in diretta: «Sarà per entusiasmo, bulimia o per l’Alzheimer... ma credo di essere il primo fra quelli che hanno fatto la
televisione generalista a tentare l’avventura satellitare». Antonio Dipollina: «È la riproposizione dei talk in diretta già praticati da Costanzo a Mediaset, sul digitale terrestre e in chiaro. Sulla
questione del satellite lui costruisce gag, si È fatto mettere una porta con un oblò da cui ogni tanto s’affaccia sostenendo di aver visto volare nello spazio Pippo Baudo (nessuna
traccia, invece, di Emilio Fede o di Retequattro). Poi si È dotato di una tastierina di quelle coi rumori strani: se schiacci un tasto si
sente il mare, oppure la voce di Alberto Sordi che si mangia il maccherone. La
novità sono le webcam fisse su quattro famiglie sparse per la penisola che mostrano se
stesse, con una qualche intenzione di interattività reale»
• Dal settembre 2007 direttore artistico del Teatro Brancaccio di Roma, carica già tenuta a luglio dello stesso anno per sei giorni, che aveva abbandonato dopo un’aspra polemica col predecessore Gigi Proietti. Emilia Costantini: «Alessandro Longobardi, rappresentante legale della proprietà del Brancaccio, non avendo raggiunto un accordo soddisfacente, sotto il profilo
economico, con il Comune di Roma, per il rinnovo del contratto d’affitto della sala, offre la direzione artistica a Costanzo che, a sua volta
sostenuto da una cordata di imprenditori romani, accetta l’incarico. Insorge Proietti, che si sente “sfrattato” dal suo palcoscenico. Insorgono i suoi fans che, dal vivo (presidiando il
Brancaccio con vari sit in) e perfino sul web (sul loro sito scrivono “siamo indignati, disgustati”), scendono sul piede di guerra, annunciando vari generi di ritorsioni, compreso
lo stop degli abbonamenti per la prossima stagione. Anche il sindaco Veltroni
si dichiara “sconcertato: in una notte tutto È stato liquidato, senza una telefonata a Gigi o a noi”. Costanzo si difende come può, dichiarando “non ho avvertito Proietti, perché non ho fatto in tempo”. Il “caso” viene ribattezzato “quer pasticciaccio di via Merulana”, con buona pace di Gadda. Scendono in campo anche alcuni politici, finché l’anfitrione del Parioli, diventato bersaglio della rivolta mediatica, fa un passo
indietro, rinunciando all’incarico: “Voglio dimostrare - dice tra l’altro - che non sono uno scippatore di incarichi altrui”. Per tutta risposta, Proietti rilancia: “È un problema d’affitto? Non c’È problema, lo pago io, con i miei risparmiucci. Proporrò a Longobardi di accollarmi io la spesa e gli farò la proposta di un affitto congruo, compatibile con le mie possibilità economiche”. Ma l’offerta cade nel vuoto»
• Dal 2008 direttore artistico della Fondazione Teatro di Latina (al posto di
Luca Barbareschi). [amt]


Frasi «Tu sai fare i mocassini? Ma ti devi specializzare al punto tale da esser capace
di fare non i mocassini, che forse È già troppo, ma addirittura le suole dei mocassini, in modo che quando hanno bisogno
delle suole possono venire solo da te. Per esempio, Alba Parietti, È tanto bella, tanto brava e leggo che vuole fare un talk — show. Ma ’ndo vai?, dico io» • «Condurre un talk — show vuol dire fare tanti mestieri insieme. Bisogna essere un po’ uomini di spettacolo, percepire la platea e le sue tensioni, avere il ritmo.
Bisogna essere padroni di casa, ravvivare la conversazione che langue,
incoraggiare l’ospite timido, ridurre a miti consigli il presuntuoso. Bisogna essere
giornalisti, cioÈ saper fare le domande e avere la curiosità tipica dei giornalisti per i personaggi, per i casi».



Critica «Cinema, teatro, televisione, radio, giornali. Ha fatto tutto. Ha cominciato che
era un ragazzino. Uno stakanovista? Lui preferisce dipingersi come un bulimico
totale. Un consumatore folle di articoli, trasmissioni, cibi, mogli. È stato forse questo darsi senza condizioni al lavoro che lo ha fatto arrivare
indenne dov’È ora, sempre sulla cresta dell’onda nonostante scandali (P2), fallimenti (L’Occhio), attentati mafiosi ed equilibrismi apparentemente impossibili
(consigliere di D’Alema e dirigente berlusconiano)» (Claudio Sabelli Fioretti).



Politica Di sinistra (Ds, ora Pd?). «Non ho mai fatto lo sgambetto a Silvio Berlusconi. Mi lascia in assoluta libertà da sempre. Del resto quando scese in campo gli dissi: ti preferivo come
editore, non ti voterò ma non ti colpirò mai alle spalle. E ho mantenuto questa promessa» • «Vive malissimo la scheda bianca» (Maria De Filippi).



Tifo «Ho cambiato quattro mogli ma sono sempre rimasto romanista. Il tifo È per la vita» • È anche azionista del quotidiano Il Romanista.



Vizi Molto ansioso, molto fumatore (marca Merit), molto pigro: il sabato e la
domenica È capace di starsene ore e ore stravaccato in poltrona, a guardare film in
cassetta • Porta abiti sempre dello stesso colore perché È daltonico (Ornella Ferrario). Veste Battistoni, camicie Albertelli. Nonostante
le insistenze iniziali di Berlusconi non si È piegato alla cravatta («Non ho collo, come faccio?») • Adora i cani, come la moglie che per i sessant’anni gli ha regalato un bassotto nero a pelo raso (di nome Cassio) • Sul mangiare, le diete ecc.: «Sono come Marcello Marchesi che s’alzava da tavola e diceva: “Come mi sono divertito!”. Però più che un buongustaio sono un tremendo goloso. Nel 1972, alla Carbonara, feci
fuori un plateau intero di 24 bignÈ. Giuseppe Bertolucci ne parla ancora adesso. Una volta ero arrivato a settanta
chili, per me una misura fuori dal mondo. Però, non È servito. Un grasso si muove da grasso pure quando diventa magro, un grasso È grasso nell’anima»
• «Sono bugiardo con le donne. Fino a quando ho incontrato Maria ho sicuramente
vissuto nella menzogna. Ho attraversato l’infedeltà e ho consumato tutte le bugie a disposizione» • «Con gli uomini mi annoio» • «Sono possessivo in tutto, non solo nell’amore» • «Le critiche le patisco. È vero» • Russa. Lui e Maria dormono in stanze separate • Amante degli orologi • Non vuole intorno gente vestita di viola (vecchio topos della rivista: Wanda
Osiris rimandava a casa gli spettatori con qualche capo viola) • «In molti momenti della mia vita per tenere a bada la malinconia e non cadere in
depressione ho cercato il frastornamento, ho preso un impegno dopo l’altro. Io sono un produttore di malinconie, le posso esportare nello Zaire.
Quando avevo sei o sette anni io stavo ore davanti a una finestra, a un vetro,
e dicevo: “Mi annoio”. Credo di aver passato i restanti cinquant’anni a combattere questa noia per non cadere nel buco nero della depressione. E
sono anche convinto che i chili in più che ho preso intorno ai dieci anni derivino da questa malinconia. E anche
questo È stato determinante, perché io ho sempre cercato di essere “qualcosa” anche a prescindere dai chili in più» (a Massimo Fini nel 1996).