Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
COSSUTTA
Armando Milano 2 settembre 1926. Politico. Entrò nel Pci nel 1943 e partecipò alla Resistenza (Brigata Garibaldi). Dal 1959 membro della direzione, dal 1964 della segreteria
nazionale, nel 1991 fu tra i fondatori di Rifondazione comunista, nel 1998 del
Pdci. Eletto al Senato nel 1972, 1976, 1979, 1983, 1987, 1992, 2006, alla
Camera nel 1994, 1996, 2001. Dal 1999 al 2004 anche parlamentare europeo. «Il comunismo è come il mitologico Anteo, figlio della terra e del mare, che restava potente e
vivo solo fin quando aveva i piedi ben piantati per terra».
Ultime Nel gennaio 2007 fu sottoposto a un intervento di angioplastica «perfettamente riuscito» eseguito dal dottor Roberto Violini, primario del reparto di cardiologia dell’Ospedale San Camillo di Roma. Nel 2008 si congedò dal Parlamento (10 legislature di fila) con una letterina pubblicata a pagina
26 dell’Unità («Ora sarò liberamente comunista»). [amk]
Vita «Il punto di osservazione iniziale è la Lombardia operaia, anzi ciò che a lungo se ne è considerato la “cittadella”: Sesto San Giovanni. Lì Cossutta iniziò la carriera politica, dopo aver militato nelle file della Resistenza ed aver
subìto il carcere. Segretario della sezione comunista della “Stalingrado d’Italia”, vi incontra i massimi dirigenti del partito: da Togliatti, alla cui lezione si
professerà fedele, a quel Luigi Longo, del quale appena può tesse l’elogio. Del primo, Togliatti, apprezza la razionale freddezza, la perseveranza
con la quale privilegiò, nei fatti, “la strada della democrazia” rispetto a quella dell’“insurrezione”. Passa all’opposizione nel partito, diventando capo della corrente denominata, all’ingrosso, “filosovietica”. E ciò determinerà uno stop alla sua carriera, che aveva conosciuto un’ascesa continua fino a sfociare, nel 1966, nell’incarico di coordinatore dell’ufficio di segreteria e nella funzione di “sovrintendente all’amministrazione” del partito. Per farla breve, almeno fino al 1974, fu lui a procurare al Pci i
finanziamenti che provenivano dall’Unione Sovietica: il cosiddetto “oro di Mosca”. Bersagliato per decenni dagli avversari politici, Cossutta non ha mai nascosto
quel suo ruolo, rivendicandone anzi la legittimità in un universo bipolare, in cui ciascuna delle parti in lotta aveva i suoi
finanziatori internazionali: la Dc gli Stati Uniti, il Pci l’Urss. Anche quando, sulla metà degli anni Settanta, i finanziamenti di provenienza moscovita si affievoliscono
o cessano del tutto, egli continua a percepire contributi, magari modesti, di
provenienza sovietica, stavolta a vantaggio di iniziative giornalistiche
facenti capo alla sua “area” all’interno del partito o comunque predisposte verso Mosca. Moralmente ineccepibile
in quanto persona, l’ex agitatore di Sesto San Giovanni è ormai una sorta di manager internazionale di partito. E questa funzione collima
con la sua visione politica generale. Sotto Berlinguer, egli sarà favorevole al compromesso storico come intuizione di fondo, ma assai critico
verso i governi di solidarietà nazionale appoggiati dal Pci. Considererà “infelice” l’intervista con la quale, nell’estate del 1976, Berlinguer afferma di “sentirsi più al sicuro” sotto la protezione della Nato. Per non parlare della dichiarazione in cui lo
stesso leader, alla fine dell’81, dichiarerà esaurita la “capacità propulsiva” della rivoluzione di Ottobre» (Nello Ajello)
• «Uomo di Mosca... Io sono italiano. I russi lo sapevano bene. Agli inizi degli
anni Settanta il nostro paese ha avuto il metano della Gazprom, pagandolo con i
tubi dell’Italsider e le macchine della Nuovo Pignone. Un accordo splendido nell’interesse dell’Italia, grazie anche al Pci. Mi ricordo che Kossighin, allora capo del governo,
mi diceva: “L’Italia ha la fortuna di avere grandi manager, Cefis, Valletta, il governatore
della Banca d’Italia Guido Carli…”. Quand’ero presidente dell’Italtrust, l’organizzazione che aveva praticamente il monopolio dei viaggi oltrecortina,
ricevetti una telefonata da Amintore Fanfani, allora ministro degli Esteri. “Devo firmare un accordo con l’Urss, mi accompagni?”. Partiamo insieme, lui fa i suoi colloqui, poi una mattina mi chiama, siamo
alla firma vieni anche tu. La “Pravda” pubblica la foto in prima pagina, Gromiko, Boicenko, Fanfani e io. Così dal Cremlino mi prendono in giro, “ma come, i comunisti italiani sono al governo e non ci avete detto niente?”. Io ho sempre fatto gli interessi del mio paese» (da un’intervista di Antonella Rampino)
• Profondamente contrario allo scioglimento del Pci, nel 1991 fondò il Partito della Rifondazione Comunista insieme a Sergio Garavini e ai compagni
che si opponevano alla svolta della Bolognina (vedi OCCHETTO Achille). Cossuta
fu nominato presidente del partito. Quando Fausto Bertinotti lasciò polemicamente il Pds nel settembre 1993, fu proprio Cossutta a spingerlo dentro
Rifondazione e a candidarlo come segretario nel gennaio 1994. Nacque così la diarchia Cossutta-Bertinotti che diresse il
partito fino all’ottobre 1998. La spaccatura con Bertinotti si ebbe in occasione della
presentazione della finanziaria 1999 da parte del governo Prodi: Bertinotti,
contrario alla politica economica del governo, voleva la rottura, Cossutta
invece era per la trattativa. Nel comitato politico del partito, che si tenne
tra il 2 e il 4 ottobre, si scontrarono le due posizioni e prevalse la linea
bertinottiana. Il 5 ottobre Cossutta si dimise dalla presidenza del partito. Il
9 ottobre Rifondazione non votò la fiducia al governo che cadde per un solo voto. Due giorni dopo Cossutta fondò il Partito dei Comunisti Italiani, che decise di entrare nel neonato governo D’Alema
• «Ho lasciato Rifondazione quando era proiettata verso il 10 per cento, pronta a
diventare il riferimento per un nuovo, vero partito della sinistra. Ma il voto
contro Prodi bloccò la prospettiva di un processo politico che - grazie al binomio autonomia e unità - poteva portare il Prc oltre le secche dell’autosufficienza» • Nel giugno 2006, messo sotto accusa per aver proposto di cancellare la falce e il martello dal
simbolo, si dimise anche dalla presidenza del Pdci: «Per la seconda volta si vede sfilare di mano un partito che aveva fondato,
tradire da un successore che aveva scelto» (Aldo Cazzullo) • «è stato un ossimorico rivoluzionario d’ordine, un custode inossidabile del comunismo reale, un compìto signore di sinistra antica al quale Montanelli, ogniqualvolta lo incontrava,
diceva con garbo complice e affettuoso: “Caro Armando, c’è qualcosa che ci unisce nel profondo. Siamo gli ultimi due conservatori
sopravvissuti in un mondo di pazzi”» (Enzo Bettiza) • Nel 2004 ha scritto con Gianni Montesano la propria biografia: Una storia comunista (Rizzoli) • Sposato con Emi dal 1946. Tre figli: Dario (manager, ex amministratore delegato
di Sviluppo Italia), Anna e Maura (vedi).
Frasi «A diciannove mi sono ritrovato segretario a Sesto San Giovanni, dove il Pci
aveva 18 mila iscritti, in una concentrazione operaia enorme, Falck, Breda,
Pirelli, Marelli; ed erano gli operai che avevano fatto gli scioperi del 43 e
del 44. Ognuno nella sua città, Napolitano a Napoli, Macaluso a Palermo, Reichlin a Roma, Pecchioli a Torino,
Fanti a Bologna, io a Milano e tanti altri della nostra generazione abbiamo
costruito il più grande partito comunista del mondo» • «Il pentitismo non è mai stata la mia vocazione».
Tifo Interista sfegatato. Nel 2006: «Ho consigliato al presidente di non spendere più tanti soldi per acquistare grandi giocatori. Per vincere farebbe meglio ad
investirli sugli arbitri» [aml]