Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CONTINI
Eduardo Napoli 6 luglio 1955. Camorrista. Boss dei quartieri napoletani Arenaccia, Vasto e Poggioreale, capo dell’Alleanza di Secondigliano, subentrato al fondatore, il fu Gennaro Licciardi,
alleato dei Licciardi di Secondigliano e dei Mallardo di Giugliano. Francesco
Mallardo è suo cognato, per aver sposato la sorella di sua moglie, Maria Aiata. Era nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi ricercati dalla Direzione centrale della polizia criminale, quando,
il 14 dicembre 2007, è stato arrestato. Deve scontare una condanna definitiva a 20 anni, 11 mesi e 25
giorni di detenzione per associazione camorristica (ordine di esecuzione cumuli
pena n. 110/05 del 2 marzo 2005), ma ha altre pendenze, anche per omicidio
• Alias ’o Romano, per la sua lunga permanenza a Roma, elegante nel vestire e nei modi di fare,
spicca tra i camorristi anche per il suo fiuto negli affari, che gli ha
consentito, nel tempo, di moltiplicare le ricchezze accumulate nei traffici
illegali (droga, prostituzione, tangenti, commercio di falsi, macellazione e
vendita di carne di provenienza illegale, totonero, lotto clandestino) • «Contini è un emergente della nuova criminalità, un volto nuovo dotato di grossa forza carismatica, con capacità organizzative, cultura e personalità superiore agli altri capi clan» (Bruno D’Urso, giudice istruttore, 1988) • Inizia come delinquente comune negli anni Ottanta, con rapine, truffe e furti,
dopo avere abbandonato la gestione di un paio di negozi di abbigliamento. «All’epoca non era nessuno, faceva solo rapine e solo successivamente entrò a far parte del nostro gruppo. Posso dire che Eduardo l’ho creato io, dopo averlo salvato dalla morte decretata da Luigino Giuliano, a
seguito di un contrasto che questi ebbe, non ricordo per quale motivo, con Ciro
Mantice» (Costantino Sarno, capozona di Miano)
• Prima agli ordini di Luigi Giuliano (che lo umiliava con lunghe anticamere),
poi in proprio, passa al traffico di droga, subendo il primo processo nel 1989.
In questa occasione beneficia delle lungaggini dovute allo sciopero proclamato
dal sindacato forense e dalla Camera penale provocato dal rifiuto dei giudici
del suo processo di disporre una perizia sulle intercettazioni (gli avvocati si
dimettono dall’incarico e il presidente del collegio li denuncia per abbandono di difesa)
• Le forze di polizia continuano a indagare su di lui e a sequestrare beni
intestati ai suoi presunti prestanomi (il 10 febbraio 1990, beni per un valore
di oltre diciotto miliardi) • Subisce la prima condanna, a nove anni di detenzione, in primo grado nel 1990,
per estorsione di un miliardo di lire (ai danni dell’imprenditore Luigi Pacilio), ma viene scarcerato nell’agosto per decorrenza dei termini di custodia cautelare • Nel 1993 viene sottoposto all’obbligo di soggiorno nell’isola di Favignana, ma vìola la misura per andare a passare Capodanno a Cortina d’Ampezzo, dove un affiliato gli ha preso in affitto un appartamento di lusso nel
centro della località. Lo arrestano alle 23 del 31 dicembre, con indosso lo smoking mentre si sta
preparando per il veglione (chiede e ottiene di cambiarsi d’abito perché gli ha portato sfortuna e parte per Poggioreale). Mentre è in carcere gli sequestrano beni per 400 miliardi, gli notificano un’altra ordinanza di custodia cautelare per traffico internazionale di droga e
associazione a delinquere, e lo indagano per altre estorsioni e ben tredici
omicidi commessi nel quartiere di Fuorigrotta tra il 1994 e il 1996 (grazie
alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e ad intercettazioni
ambientali). Con lui in carcere, intanto, i Mazzarella, alleati di Giuseppe
Misso, hanno buon gioco ad attaccare il suo clan. Scatta la faida, che fa
dodici morti in poco tempo (vittima, dei Contini, anche un quattordicenne,
Giovanni Gargiulo, ucciso perché fratello di un killer dei Mazzarella). Decisivo l’arresto del suo contabile, al quale viene sequestrato un libro mastro, con le
voci di entrata e di uscita, e il saldo mensile finale (nel registro sono
annotati gli stipendi versati agli affiliati, “D”, e “L”, a seconda che siano detenuti o liberi, da uno a cinque milioni di lire)
• Nel 1996 la condanna definitiva per associazione mafiosa ai fini di estorsione,
spaccio stupefacenti e scommesse clandestine (viene accertata l’esistenza dell’alleanza tra il clan Contini - operante nei quartieri San Carlo, Vasto, Mercato
e Poggioreale di Napoli - e le consorterie camorriste facenti capo,
rispettivamente, ai boss Vincenzo Licciardi ed ai fratelli Francesco e Giuseppe
Mallardo, operanti nel settore nord-occidentale del capoluogo campano • Nel novembre 2000 viene scarcerato, grazie a uno sconto di pena di tredici
mesi, e viene sottoposto alla misura di sorveglianza speciale, con obbligo di
non varcare i confini di Napoli, e di non allontanarsi da casa dalle 21 alle 7.
‘o Romano ne approfitta per scappare • Durante la sua latitanza il GICO individua, tra l’altro, un suo prestanome in un uomo di 75 anni e gli sequestra beni per otto
miliardi di lire. Il 13 luglio 2004 la Corte di Assise del Tribunale di Napoli emette contro di lui un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio, associazione
mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione, riciclaggio ed altro • Nel 2007 la relazione semestrale della Dia conferma che a Napoli il potere
criminale è diviso tra Contini e Giuseppe Misso: i due «avrebbero stretto un accordo di non belligeranza, ma ognuno di essi vorrebbe
prevalere sfruttando le tensioni interne alle compagini avversarie». Nello stesso anno sono sequestrati beni per cinque milioni di euro a un suo
affiliato (Bruno De Stefano) • Viene arrestato dalla polizia alle 22 del 14 dicembre 2007 in un appartamento
di 65 metri quadri a Casavatore, in via Cimarosa (il letto a una piazza,
televisore al plasma da 32 pollici, per lo sport un tapis roulant), dove si
nascondeva da un anno senza mai uscire, senza telefoni cellulari, senza armi
(per non lasciare tracce comprava mutande e calzini e li buttava via per non
farli lavare). Al piano di sotto l’abitazione di una sessantaduenne, incensurata, madre di cinque figli che, in
cambio di uno stipendio, si prendeva cura di lui. Perquisendo il covo, gli
agenti hanno trovato una trentina di paia di jeans di marca, per lo più Cavalli, una ventina di paia di scarpe, per lo più Hogan, centinaia di capi di biancheria intima molto raffinati. Sul tavolo, un
foglietto con il menu della settimana (dietetico, per non appesantire il
fisico). Un solo primo al giorno, niente dolci. Tra le pietanze preferite,
pasta con ricotta e rucola e pollo con patate. Al momento dell’irruzione, era vestito di tutto punto: jeans Cavalli, scarpe Hogan, camicia blu,
pullover giallo di cachemire
• «La più grande mente criminale della camorra napoletana. è un uomo estremamente scaltro, la mente strategica dell’Alleanza di Secondigliano, un vero capo» (il coordinatore della Dda di Napoli, Franco Roberti). [Paola Bellone]