Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CONSORTE
Giovanni Chieti 16 aprile 1948. Manager. Presidente e amministratore delegato della
merchant bank InterMedia (nata a maggio 2007): «In questa mia nuova avventura mi hanno già seguito 160 imprese», soprattutto impreditori emiliano-romagnoli e toscani. L’11 settembre 2008 Bankitalia ha negato a InterMedia il permesso di acquisire il
controllo di Banca Emilveneta, perché non ha dimostrato i requisiti necessari di «correttezza dei comportamenti nelle relazioni d’affari e in quelle con le stesse autorità»
• Ex amministratore delegato (1990-2005) e presidente (1996-2005) dell’Unipol, costretto alle dimissioni nel gennaio 2006 dopo la fallita scalata alla
Banca Nazionale del Lavoro. «Ho tentato di scalare una banca con i soldi veri io, erano sei miliardi di euro,
cash. Ma chi li ha mai messi in questo Paese così tanti soldi veri? Chi?» • «Laureato in Ingegneria chimica a Bologna, dopo i master alla Luiss e alla
Bocconi e l’apprendistato alla Montedison di Schimberni è adottato dai due grandi vecchi della finanza cooperativa, Cinzio Zambelli ed
Enea Mazzoli. Che gli affida le Coop di Milano, Bologna e Genova, in grave
crisi. Lui chiude le botteghe e punta sulla grande distribuzione. Quando arriva
all’Unipol, la capogruppo ha 815 miliardi di debiti e cento di perdite. Dalla sede
di via Stalingrado 45, ha aperto il capitale ai privati (la Reale Mutua,
fondata da Carlo Felice); ha ottenuto l’appoggio di Cuccia per l’ingresso in Borsa e l’acquisto della quota Generali della Bnl, soprattutto ha partecipato con i “capitani coraggiosi” alla scalata Telecom. Non ha badato ai simboli, se non per infrangerli: ha
venduto il villaggio “Città del mare” di Terrasini, voluto nel 1970 da Zambelli come prova dell’impegno delle Coop nelle terre di mafia; si è beccato lo sciopero di quasi tutti i 300 dipendenti di Linear, compagnia
telefonica del gruppo, cosa mai vista; si è tenuto alla larga dall’Unità morente, ma con spirito quasi ugonotto (e attraverso la controllata Finec
Merchant) ha dato una mano all’Unità risorta. L’ultima svolta è stata la rottura con il Monte dei Paschi, tradizionale roccaforte della finanza
comunista e diessina, per inghiottire un boccone ancora più grande e creare il primo polo bancario-assicurativo» (Aldo Cazzullo nel settembre 2005)
[akw]
Tra i protagonisti delle scalate che movimentarono l’estate 2005 (vedi anche FAZIO Antonio, FIORANI Gianpiero, RICUCCI Stefano):
presidente e amministratore delegato dell’Unipol, società assicuratrice appartenente al mondo delle cooperative e pienamente inserita nel
sistema politico-finanziario della sinistra e in particolare dei Ds, cercò di impadronirsi della Banca Nazionale del Lavoro (Bnl) al cui possesso però aspiravano anche gli spagnoli del Banco di Bilbao. Antonio Fazio, allora
governatore della Banca d’Italia, convinto della necessità di difendere l’italianità dei nostri istituti, tentò in ogni modo, ma invano, di farlo riuscire nell’impresa
• L’attacco cominciò con l’acquisto del pacchetto Bnl dagli immobiliaristi Caltagirone, Ricucci, Coppola,
Statuto, Lonati, Bonsignore e Grazioli. Le azioni passarono di mano tutte
insieme e Consorte le pagò 2,7 euro l’una, sborsando in totale due miliardi e 48 milioni. Si trattava del 27,5 per
cento della banca. I sette immobiliaristi venditori guadagnarono dall’operazione un miliardo e duecento milioni, quasi tutti esentasse. Il Banco di
Bilbao aveva già annunciato l’intenzione di lanciare un’offerta di pubblico scambio sulla Bnl, ma Consorte mostrò di avere vincolato con vari accordi un altro 13,5 per cento della banca e disse
che avrebbe a sua volta lanciato un’Opa a settembre. Era il 18 luglio del 2005. Si tenga conto che la Bnl, in
passato, era stata la banca del Psi e che il suo presidente Luigi Abete era
considerato in quota Margherita, partito che visse l’operazione Consorte come il tentativo diessino di impadronirsi di una banca
della sua area e lo avversò in ogni modo. Sergio Bocconi: «Tutti pensano che il vero via libera all’intervento della compagnia sulla Bnl sia arrivato dal segretario dei Ds Piero
Fassino (“Se Unipol lancia l’Opa dico sì”). E quindi da Massimo D’Alema»
• Presto i giornali cominciarono a pubblicare conversazioni telefoniche,
intercettate dai magistrati che indagavano su Fiorani, dalle quali la scalata
di Consorte a Bnl pareva inserita in un quadro più vasto il cui fine ultimo sarebbe stato la conquista del Corriere della Sera.
Tra le telefonate, quelle che riguardavano Consorte potevano far pensare che
Unipol si muovesse avendo ogni tipo di aiuto e di copertura da parte dei Ds (in
una telefonata Fassino chiedeva: «Allora, abbiamo una banca?»), anche se in un’altra telefonata Consorte, parlando con il tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, si
raccomandava di non far saper niente a Fassino, per carità, o solo il minimo indispensabile (il che fa pensare che il segretario diessino,
sapendo a che punto di compromissione Consorte avesse portato la Unipol,
avrebbe potuto mettere i bastoni tra le ruote). In ogni caso, dopo la
pubblicazione delle intercettazioni (vedi FORLEO Clementina), il caso si fece
politico e le questioni che venivano sollevate relativamente alla scalata
Unipol e che avevano, per dir così, valore universale erano due: poteva una società (Unipol) lanciare un’Opa su una società quattro volte più grande (Bnl)? Poteva una società che, per la sua struttura cooperativa, godeva già di certi vantaggi fiscali e normativi, operare sul mercato alla stregua di una
qualunque società di capitali?
[akx]
Il procedere dell’inchiesta su Antonveneta e l’emergere di elementi che corroboravano la tesi secondo cui la scalata a Bnl era
strettamente e, per dir così, politicamente connessa alle altre due fecero nel volgere di pochi mesi
tramontare il piano di Consorte, che il 9 gennaio 2006 si dimise dalle sue
cariche. La Banca d’Italia, alla cui presidenza era subentrato Mario Draghi, negò poi a Unipol l’autorizzazione all’Opa su Bnl. Gli elementi concreti che corroboravano la tesi di un’alleanza stretta e segreta tra Consorte e i protagonisti delle altre due scalate
erano: l’esistenza di conti di Consorte e del suo vice Ivano Sacchetti presso la Banca Popolare Italiana (ex Lodi) da cui risultava attività di trading specialmente sul mercato dei derivati in costante profitto (cosa
statisticamente molto improbabile); un prestito di 210 milioni della Unipol a
Ricucci; il fatto che Consorte fosse socio di Emilio Gnutti e vicepresidente
della sua Hopa; varie telefonate in cui Consorte pareva non solo consapevole,
ma anche partecipe delle vicende relative alle altre due scalate
• Il colpo del ko fu la scoperta del cosiddetto “tesoro di Consorte”, circa 54 milioni di euro erogati tra il 2001 e il 2005 dalle società della galassia Hopa e che attraverso la triangolazione con Fiorani finivano
regolarmente nelle tasche dei vertici della Unipol («credo mi abbiano mandato via sulla base del sospetto che avessi fatto qualcosa
di male per Unipol»). Sua difesa: «Quei soldi (25 milioni miei e 25 di Sacchetti) sono stati il riconoscimento per
l’attività di supporto a Hopa, nell’ambito della vicenda Bell-Olivetti-Telecom. Tali compensi sono pervenuti con
regolari bonifici bancari e operazioni borsistiche perfettamente corrette». Il riferimento è alla famosa trattativa del settembre 2001 in cui Tronchetti Provera rimise in
discussione il contratto con cui Pirelli acquistava Telecom. Quando Marco
Tronchetti Provera, dopo l’11 settembre 2001, chiese alla Bell del finanziere Gnutti di rinegoziare il
prezzo pattuito in agosto per acquisire il controllo di Telecom, «il mio ruolo professionale nella trattativa - rivendica Giovanni Consorte
alleato di Gnutti - fu determinante. All’incontro finale in Pirelli, gli dissi: “Caro dottor Tronchetti, lei sta disattendendo un contratto che ha firmato un
mese fa: noi le facciamo una causa da 7 miliardi di euro”». Luigi Ferrarella: «Se per Consorte fu “Gnutti a voler condividere” i soldi guadagnati “con chi lo aveva aiutato”, per Gnutti invece furono Sacchetti e Consorte a pretenderli. Inoltre, il
premio a Consorte arrivò all’estero e dall’estero, ma lui giura: “Neanche sapevo esistessero queste società”». [aky]
• Nel gennaio 2007, per ordine della Procura di Roma, gli vengono sequestrati
nove milioni e mezzo di euro, depositati su sette conti Bnl. Sarebbero il
pagamento di un’operazione immobiliare economicamente dannosa per l’Unipol («Un’operazione di trading immobiliare legittima, corretta e documentata»). Nell’estate 2007 vengono rese pubbliche le intercettazioni telefoniche tra gli
indagati nel caso Unipol-Bnl e alcuni politici. Diventa un tormentone l’esclamazione rivoltagli da Massimo D’Alema nell’estate 2005: « Facci sognare. Vai! ». Nella stessa telefonata Consorte: «è da fare uno sforzo mostruoso ma vale la pena a un anno dalle elezioni»
[aky]
Già condannato in appello per insider trading (6 mesi di reclusione, 100 mila euro
di multa con i coimputati, 92.500 di risarcimento alla Consob, 12 mila euro di
spese di lite), a fine 2007 le vecchie telefonate con Fassino e Nicola Latorre
fecero aprire alla Procura di Milano una nuova inchiesta. Luigi Ferrarella: «A Consorte non è qui addebitato di aver lucrato alcunché in denaro. La norma che gli viene contestata è quella meno nota, e giuridicamente assai più complicata, che nel Testo unico della finanza (Tuf) punisce anche “chi, in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, le comunica ad altri al di fuori del
normale esercizio della professione, della funzione o dell’ufficio”. E per “privilegiata” se ne intende una precisa, che non è stata resa pubblica, ma che, “se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi degli strumenti
finanziari”. Qui l’informazione privilegiata sarebbe stata il fatto che Unipol disponesse già del 51% di Bnl nel momento in cui annunciava il lancio dell’Opa. E gli “altri”, estranei al novero di persone legittimate a conoscerla, sarebbero stati
Fassino e Latorre»
• Nel febbraio 2008, i pm rinunciano a sostenere in giudizio l’imputazione di riciclaggio di 20 dei miliardi di lire avuti all’estero dalla galassia Gnutti. In cambio Consorte accetta di patteggiare sia le accuse di appropriazione
indebita e di truffa allo Stato, determinata dall’aver utilizzato lo scudo fiscale per far rientrare dall’estero parte dei soldi senza che ce ne fossero (secondo i giudici) tutti i
presupposti. L’accordo prevede 11 mesi di pena, più 12 milioni e 600 mila euro che Consorte e Sacchetti dovranno versare all’agenzia delle Entrate: «Quando in guerra ci si ritrova abbandonati da quasi tutti gli amici, mentre i
nemici sono superiori per numero e qualità di mezzi in forze, è saggio ritirarsi su fronti difendibili»
• Il 4 giugno 2008 la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per
Consorte e altri trenta, tra i quali Fazio, Fiorani e Sacchetti. Le accuse sono
di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza Consob, insider trading • Il 22 luglio 2008 rientra in possesso di gran parte di quei 50 milioni
sequestratigli nel corso delle indagini. «Nella lunga partita con la magistratura, Consorte ha ottenuto l’archiviazione dell’accusa di associazione a delinquere che determinò la sua uscita da Unipol, quella di corruzione nei riguardi di un magistrato (si
tratta del giudice Francesco Castellano), e la truffa ai danni dello Stato per
l’omesso versamento di imposte sul capital gain ottenuto con diverse operazioni di
Borsa. L’ultimo proscioglimento, sempre da parte del Gup di Milano, è arrivato per l’accusa di riciclaggio legata al bonifico effettuato da Gpp a favore di Consorte
e Sacchetti. Premesso che nel dedalo di accuse e contro accuse in cui Consorte è stato coinvolto è difficile orientarsi, nel computo delle pendenze dovrebbe essere rimasto in
piedi il reato di ostacolo alla vigilanza e manipolazione di mercato inerente
alle vicende Antonveneta e Bnl» (Paolo Madron). Non ha intenzione di patteggiare gli ultimi reati rimasti a suo
carico: «Aspetto sereno il responso dei giudici. Anzi sto scrivendo per mio conto un
libro che dovrebbe riservare molte sorprese non solo sulle scalate ma anche sui
suoi rapporti con i Ds e le cooperative»
• A proposito di Unipol, parlando solo da azionista: «L’andamento del titolo ha risentito più degli altri titoli assicurativi del cattivo andamento dei mercati. Gli effetti
positivi della “deconsortizzazione”, come normalmente viene definita la nuova gestione, non sono ancora visibili» • Alla vigilia delle elezioni 2008 si definì un indipendente di sinistra: «A me il Pd non procura alcuna emozione, di alcun genere, quindi non mi chieda
del Pd [...] Sono stati rimossi 50-60 anni di storia della sinistra e non vedo
da che cosa venga sostituita» • Sposato. Una figlia, Francesca. [akz]