Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
COLOMBO
Emilio Potenza 11 aprile 1920. Politico. Senatore a vita (nominato il 14 gennaio 2003
da Carlo Azeglio Ciampi). Deputato alla Costituente nel 1948, fu confermato in
tutte le elezioni successive fino al 1994. Presidente del Consiglio, presidente
del Parlamento europeo, ventinove volte ministro (dal 1955, Esteri, Tesoro,
Finanze), nella Dc è stato uno dei leader della corrente dorotea. «Al massimo, in tutta la mia vita, può essermi scappato, fesso! Ma parolacce mai. In pubblico, beninteso...»
• «A soli ventisei anni il dottorino delle Acli varcava per la prima volta il
portone di Montecitorio per partecipare ai lavori della Costituente. Indossava
un abito modesto nella stoffa, ma di buon taglio. Arrivava da Potenza, cuore
della Lucania povera e dignitosa — così si sarebbe detto una volta — che per quasi mezzo secolo non gli volterà mai le spalle. Alle elezioni europee del 1979 raccolse oltre ottocentomila
preferenze. Una messe di voti insuperata. Quella sua faccia da “chierichetto di campagna” incorniciata dagli occhialetti di metallo chiaro finì subito per colpire l’attenzione del vecchio Francesco Saverio Nitti. “Quel Colombo volerà”, osservò l’altro quarto di nobiltà della politica italiana di allora, Vittorio Emanuele Orlando. Ma ad aver visto
giusto sul ragazzo di casa Colombo era stato soprattutto don Vincenzo D’Elia. Un sacerdote dalle idee moderne, almeno per l’epoca, che aveva avviato il pio Emilio sulla strada impervia dell’impegno politico. Da chierichetto a cardinale laico. Una lunga parabola per lui.
Che una volta Alcide De Gasperi definì, chissà poi perché, “un vulcano freddo”. Spiegò il diretto interessato: “De Gasperi aveva una certa immagine dei meridionali: intelligenti, vivaci,
esuberanti, clamorosi. Credo gli facesse impressione il mio contegno piuttosto
riservato...”. Di tempo ne è trascorso davvero tanto per quello che una volta si sarebbe chiamato un
democristiano di lungo corso. O, meglio, un doroteo con un solo hobby: la
politica. E basta. Doroteo dal passo felpato e dal tono della voce soave,
spesso incrinata da un fastidioso raschietto, è capace di sfuriate repentine e violente. Ne sanno qualcosa tutti i diccì, a cominciare dal suo ex allievo Angelo Sanza, che in Lucania hanno tentato di
scalfire il suo enorme potere. Una volta affrontò a muso duro il segretario Ciriaco De Mita: “Cirì sarà una coincidenza ma ogni volta che c’è di mezzo Andreotti io non faccio mai il ministro degli Esteri”» (Fernando Proietti).
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«Suo il record di preferenze di tutti i tempi: alle elezioni del 1972 oltre il 70
per cento dei voti Dc portava il suo nome sulla scheda (gli altri cavalli di
razza, Moro, Fanfani e appunto Andreotti, oscillavano tra il 39 e il 41 per cento). Uno dei
rari politici cui pure Indro Montanelli riconosceva una dimensione
internazionale, a cominciare dalla padronanza dell’inglese e dell’economia, e che nel contempo padroneggiava il collegio e l’apparato con meticolosità» (Aldo Cazzullo)
• Coinvolto in un caso clamoroso nel novembre 2003: il costruttore Giuseppe
Martello, arrestato per spaccio di cocaina, trascinò nella sua vicenda personale due militari della guardia di finanza, a loro volta
messi subito in cella. I due militari facevano parte della scorta di Colombo e
per scagionarli il senatore a vita si presentò ai due pm Giancarlo Capaldo e Carlo Lasperanza e rilasciò la seguente dichiarazione: «La cocaina di Giuseppe Martello era per me. Sono un assuntore da non molto, non
più di un anno, un anno e mezzo. I due militari non sapevano assolutamente niente,
telefonavano soltanto ma non erano a conoscenza di che cosa si trattasse.
Assumo cocaina per ragioni terapeutiche». La deposizione finì sui giornali, fatto che Colombo stigmatizzò come «vergognoso»
• Nel Prodi II i senatori a vita vennero attaccati dall’opposizione per il peso dei loro voti nel tenere in piedi il Governo, Colombo
(che votò la fiducia) difese i propri diritti: «Mettere in discussione il voto e contestare le scelte di alcuni membri del
Senato equivale a censurare la libertà di voto», ma non nascose «il piacere di ritrovarsi determinante. Al punto da suscitare ancora le ire, alla
mia età, di chi non aveva la “gratificazione” del mio voto»
• Su un numero dell’Espresso del febbraio 2007 Eugenio Scalfari, con la volontà di evidenziare le contraddizioni tra la vita privata dei politici cattolici e
la loro posizione pubblica sui Dico (vedi POLLASTRINI Barbara), fece outing per
il senatore a vita: «Colombo ha rivelato al pubblico la sua omosessualità».