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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CIRINO POMICINO

Paolo Napoli 3 settembre 1939. Medico. Politico. Eletto alla Camera nel 1976, 1979,
1983, 1987, 1992 con la Dc (corrente andreottiana), nel 2006 con Democrazia
cristiana e Partito socialista nuovo PSI. Ministro per la Funzione Pubblica nel
governo De Mita (1988-89), ministro del Bilancio nell’Andreotti VI e VIII (1989-92). Negli anni 1983-1987 mitico presidente della
commissione Bilancio della Camera (trasformata, secondo i suoi detrattori, in
uno sportello per questuanti). Editorialista del Giornale con lo pseudonimo di
Geronimo. «Io sono amico di tutti. Una volta ne parlai con Di Pietro. “Tu non odi nessuno”, mi disse. E io pronto: “È la chiave della felicità”»
• «Eravamo sette fratelli. Una grande famiglia, dove ho imparato la tolleranza.
Sette fratelli e sei idee politiche. Per dire: Mariano era fascista, voleva
andare a Salò, Francesco per l’Uomo Qualunque, Bruno, eh... Bruno era comunista, io democristiano. Li ho persi
tutti e tre, i miei fratelli» • «Nella sua prima vita era un democristiano di successo. Sconfiggeva il grande
Gava a Napoli e combatteva con audacia lo strapotere di De Mita. Alla fine era
diventato un ministro autorevole ed ascoltato. Nella seconda vita venne
massacrato da Mani Pulite e dintorni [...] Nella terza vita, la resurrezione.
Opinionista di successo, best seller in libreria, mondanità e nuovo potere politico. “C’È anche un’altra vita, la prima”, ricorda Paolo Cirino Pomicino. “È una vita di cui vado orgoglioso: ero una persona seria e facevo il
neurochirurgo al Cardarelli di Napoli” (Claudio Sabelli Fioretti)
• Eretto da avversari politici e giornali a simbolo della stagione di Mani pulite
e cioÈ a incarnazione del democristiano della Prima Repubblica, trafficone e corrotto
(’o Ministro). Complici dell’identificazione un sorriso troppo frequente e troppo largo, un eloquio veloce e
napoletano, e anche le vignette di Forattini che lo hanno ritratto
preferibilmente in forma di guitto da avanspettacolo con bombetta, bastone e
gardenia bianca all’occhiello. È però uscito indenne da 40 processi per corruzione, ricettazione, concussione, 416
bis (camorra) e nella maggior parte dei casi per non aver commesso il fatto o
perché il fatto non sussiste. Prosciolto con formula piena anche nella vicenda che nel
1995 lo aveva portato in carcere. Condannato per i 5 miliardi di lire della
tangente Enimont che Carlo Sama gli portò a casa come contributo alla campagna elettorale della corrente andreottiana (20
mesi per finanziamento illecito)
• «Il carcere non mi ha segnato perché l’ho vissuto come una battaglia politica. Volevo perfino fare una festa, il primo
anniversario dell’arresto. Volevo invitare tutti, il maggiore della finanza che mi aveva
arrestato, il mio compagno di cella. I giudici no. Non sarebbero venuti. Non
hanno il senso dell’umorismo» • Gravemente cardiopatico, «sopravvissuto a tre infarti e tre estreme unzioni», il 10 aprile 2007 È stato sottoposto a trapianto di cuore: «Ho chiesto di vedere quello vecchio. Me l’hanno portato in un barattolo. L’ho fotografato e gli ho detto addio» • Convinto proporzionalista, ad ogni occasione sostiene la necessità di tornare al vecchio sistema dei partiti • Ha raccontato la sua vicenda in due libri pubblicati da Mondadori: Strettamente riservato (2000) e Dietro le quinte (2002). Nel 2008 ha pubblicato La politica nel cuore, segreti e bugie della Seconda repubblica (Cairo editore) • Tifoso del Milan: «Quando nel 1983 divenni presidente della commissione Bilancio organizzai la
squadra di calcio del Parlamento. Anche nel football la Prima Repubblica si È sempre dimostrata superiore alla Seconda: noi, infatti, facevamo giocare
soltanto quelli capaci. Non badavamo cioÈ al nome noto, ma all’abilità tecnica: Mastella, per esempio, era una schiappa e restava a casa, uno come
Veltroni non l’avremmo mai schierato, Casini neppure, perché non sa cosa sia il calcio giocato. Come terzino destro giocava il missino
Gianfranco Fini, che faceva coppia con l’altro esponente della Fiamma, Domenico Nania. C’era poi Francesco Rutelli, che però aveva poca voglia di allenarsi e arrivava sempre in ritardo. Giocava anche
Famiano Crucianelli di Democrazia Proletaria, che mi venne a dire: “I comunisti sono preoccupati. Mi dicono che non posso giocare insieme con i
fascisti”. Si aprì un dibattito. Era un impegno serio: ci allenavamo due volte la settimana, il
mercoledì e il giovedì. Ricordo che una volta, quando ci accorgemmo che il prolungarsi delle votazioni
rischiava di far saltare il nostro allenamento al campo sportivo, facemmo
appositamente mancare il numero legale in aula. Giocammo la prima partita
contro l’Austria a Roma. Siccome È deprimente giocare senza pubblico, chiamai il colonnello Pappa e gli dissi:
convochi gli allievi della Guardia di Finanza in borghese per fare numero.
Quando entrammo in campo, Crucianelli vide quel pubblico di ragazzi con i
capelli cortissimi, mi venne vicino e quasi m’insultò: “Te l’avevo detto: Fini ha fatto venire i fascisti della Giovane Italia”. Vincemmo 1-0, gol dell’onorevole comunista Strada»
• Separato da Wanda «dopo un’incompatibilità antica, durata trentatré anni», due figlie: Claudia e Ilaria. Sta con Lucia già moglie del calciatore Odoacre Chierico. Lui: «Ci conoscevamo, era amica di mia figlia». Lei: «Ho scelto Odoacre per il cervello, poi Paolo per il fisico».