Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CIARRAPICO
Giuseppe Roma 28 gennaio 1934. Imprenditore. Senatore del PdL. Grandi polemiche (e imbarazzi) nel marzo del 2008 perché in un’intervista a Repubblica sulla sua candidatura a senatore (pressoché imposta da Gianni Letta) si disse ancora fascista: il fascismo? «Mai rinnegato», foto del Duce nelle redazioni dei suoi giornali? «Ovunque c’è», a Predappio? «L’ultima volta che ci sono stato era ottobre: eravamo sedicimila». «Può darsi, che sia caduto in un trappolone... m’hanno pure detto che Repubblica mi ha mandato sotto il suo più velenoso cronista politico... ma io, vi giuro, più me la rileggo, quella intervista, e più non ci trovo niente di strano...»
• Gianfranco Fini: «Fosse dipeso da me Ciarrapico non sarebbe stato candidato». «”Sono fascista. Ma in senso culturale e non politico. è una questione di memoria. Di cuore. Di storia personale. Di ideali [...] Non
rinnego il fascismo e ho grande ammirazione per Mussolini”. Casa, studio, ufficio: ovunque ci sono busti e foto del Duce. “Che cosa c’è di male?”, si chiede. E poi replica alle perplessità di Fini. “Non gli piace la mia presenza nelle liste del PdL? è un problema suo. Non posso farci nulla. è stato Berlusconi a volere la mia candidatura. Siamo amici da una vita. Ne sono
fiero. Ma anche da An mi hanno telefonato in tanti per fare i complimenti”. Qualche nome? “Non erano messaggi carbonari, posso dirlo: Alemanno, Matteoli e altri”» (a Paolo Foschi)
• Silvio Berlusconi: «Noi dobbiamo fare una campagna elettorale e si deve vincere. L’editore Ciarrapico ha giornali importanti a noi non ostili ed è assolutamente importante che questi giornali continuino ad esserlo visto che
tutti i grandi giornali stanno dall’ altra parte». «Nella sua biografia, ha praticamente tutto: squadre di calcio abbandonate sull’orlo del burrone e cliniche fiorenti. Stazioni termali, acque minerali,
cartiere, aerotaxi, giornali, società di catering, giochi di Borsa e premi letterari. Una collezione di soldatini da
far invidia a Previti e Cossiga. Una sentenza passata in giudicato per il crack
Ambrosiano. La gestione del lodo Mondadori, ai tempi del Caf (
Craxi-Andreotti-Forlani, l’asse che resse la vita politica italiana durante gli anni Ottanta — ndr), tra Berlusconi e De Benedetti. E quindi ancora un mucchio di amicizie
eccellenti, anche se quella a cui lui tiene di più è con Giulio Andreotti, che chiama, senza ironia, “il principale”» (Fabrizio Roncone) • Sulla mediazione al tempo della guerra per la Mondadori (il suo famoso lodo
assegnò nel 1990 la Mondadori a Berlusconi e l’Espresso, con Repubblica e la catena di giornali locali Finegil, a De
Benedetti): «Venne Passera e aveva un camion di documenti, io gli dissi che m’ero portato dietro solo un quaderno a quadretti e che mi proponevo di adoperare
una sola pagina, su cui avrei tracciato una linea verticale, come si fa a carte
quando si devono segnare i punti, in cima allo spazio di sinistra avrei scritto
De Benedetti, e sotto quello che chiedeva, in cima a quello di destra
Berlusconi, e idem». Carlo Caracciolo, all’epoca presidente dell’Espresso: «Lo incontrai con un pretesto, segnalargli Vissani come chef per la sua Casina
Valadier. In realtà volevo chiedergli di spiegare ad Andreotti che la vittoria di Berlusconi su
Mondadori si trasformava in una vittoria di Craxi. Si fece di colpo
attentissimo. Sentito Andreotti ci convincemmo tutti che Ciarrapico era l’unico mediatore possibile»
• Ex presidente della Roma (dal 1991 al 1993: vendette Völler, acquistò Caniggia e consegnò a Sensi una società sull’orlo del fallimento): «Fischi? Non ne ho sentiti. Solo contestazioni di gioia» • Ha messo in piedi una catena di giornali locali nel Lazio (testata principale
Ciociaria Oggi, di Frosinone) che in tutto vendono circa 50.000 copie. «Con Andreotti negli Usa incontrammo l’editore del Washington Post. Ci disse che i soldi veri li faceva con Bronx News.
Lì ho capito tutto». Possiede cinque cliniche a Roma e due a Fiuggi per un totale di mille posti
letto. Professore a contratto di Tecnologia dell’informazione e della comunicazione all’Università di Cassino (facoltà di Economia), controlla anche due società di catering, tre finanziarie, lo storico Bar Rosati in piazza del Popolo
(Roma). Cliché applicato alle società del suo gruppo: azionista al 95% la fedelissima Marisa Petazzo, amministratore
unico Giulio Caradonna, ex deputato del Msi dal 58 al 94
• Iscritto al Msi dal 1947 (tessera n. 745, aveva 13 anni), «mentre le sue tipografie stampavano volantini al limite dell’ apologia del fascismo, le edizioni Ciarrapico negli anni Ottanta pubblicavano
fra le varie cose volumi pregevoli sulla storia della destra. Direttore della
collana era all’epoca un giovane Marcello Veneziani» (Paolo Foschi). Nel 2007 fece scalpore la sua partecipazione alla convention
sul Partito democratico organizzata dal diessino Goffredo Bettini: «Ero lì per l’amicizia e la stima che nutro per Goffredo: però non esageriamo, a sinistra mai»
• «Un’intera generazione di giornalisti, ormai attempati, è ancora oggi grata a Ciarrapico per le continue risorse narrative che la sua
ascesa garantiva giorno dopo giorno al mestiere della cronaca politica. E non
solo perché era una miniera di idiomi e atteggiamenti romaneschi che ispirarono addirittura
la creatività cinematografica (vedi il personaggio di Sparafico in Nel Continente Nero). Affittò castelli, inventò cocktail per la figlia di Andreotti, predispose porchette-flambé, cantò Nel Sole con Al Bano. In pari grado vulcanico e approssimativo, s’era messo fermamente in testa di essere amico di tutti. Del Msi e della famiglia
Almirante lo era fin dalla metà degli anni Quaranta; però si mise pure a rifornire di acqua di Fiuggi i festival dell’Unità e tentò di premiare Ingrao; promise a Craxi di acquistargli il glorioso Avanti!;
finanziò le più divertenti e azzardate iniziative editoriali para-cielline. Al culmine del
trullallà partitico e finanziario diede soldi perfino al Psdi, e per estremo paradosso fu
la cosa che sul piano giudiziario gli costò più cara. Ma soprattutto parlava e straparlava, il Ciarra, a nome del “Principale”, come chiamava Andreotti, allora presidente del Consiglio. In sua vece arrivò a mediare tra la Fininvest e il gruppo De Benedetti per il possesso della
Mondadori e di Repubblica; e se non altro per questo ufficio si merita
certamente un posticino negli annali del potere italiano nella stagione del
Caf. La sua caduta, al tempo di Tangentopoli, fu istantanea e rovinosa. Finì in carcere e poi si ritrovò sommerso dai debiti, specie con le banche, e tra le banche soprattutto con la
Banca di Roma, che per prima cosa si prese il piccolo impero sanitario. Da
Fiuggi, dove un tempo ebbe anche un “suo” sindaco, l’avevano già fatto fuori. Ma le altre 19 acque minerali gli restarono drammaticamente
appiccicate. Tra pendenze giudiziarie, crisi aziendali a ripetizione e proteste
dei sindacati, non sapeva più che farsene. Ciarrapico vantava una fila di possibili acquirenti, statunitensi,
olandesi, la Nestlè. Invano tentò di vendere fonti, terme e imbottigliamenti al povero Gardini, a sua volta sull’orlo dell’abisso. Intanto Geronzi fremeva, voleva rientrare, alleggerirsi di quel
fantasioso debitore, chiudere. Se l’ascesa del personaggio era stata narrata giornalisticamente in modo assai
intenso, quasi spassoso, l’inevitabile discesa si configurava come un’avventura per certi versi ancora più incredibile. Pensare che i soliti ignoti gli staccarono dal muro degli uffici
addirittura un forziere e se lo caricarono via. A lui. Gli andò pure a fuoco l’aereo privato che aveva imprestato a Bruno Vespa per andare a Baghdad a
intervistare Saddam Hussein. Nel 96, sul supplemento economico del Corriere
della Sera, Monica Setta diffuse la notizia che il Ciarra era preda di una
crisi mistica: leggeva la vita dei santi, girava per abbazie, faceva esercizi
spirituali, forse — o almeno così assicuravano gli amici — stava per prendere i voti. Pur essendo aperta e preparata a tutto, la vita
pubblica italiana non vide confermata la tardiva vocazione di fra Peppino. Poco
dopo l’inusitata rivelazione, anzi, comparvero appesi per la capitale, con il dovuto
scandalo del sindaco Veltroni, dei manifesti di Mussolini dietro cui si ricercò, magari a torto, lo zampino del Ciarra. Più che l’ardore religioso, era semmai il richiamo della foresta nera a prenderselo. Come
fascista, non poteva dirsi esattamente un “esule in Patria”, ma in una selva di saluti romani partecipò al ventennale dell’eccidio di Acca Larenzia, e poi anche ai funerali di Massimo Morsello, leader di
Forza Nuova. Ebbe poi modo di scambiarsi offese con il suo successore alla
guida della Roma calcio, Franco Sensi. E dato che il Caffè Rosati era ancora suo, non gli dispiacque di figurare come l’anfitrione di Giuliano Ferrara e degli altri foglianti la sera dell’Usa-day a piazza del Popolo» (Filippo Ceccarelli)
• Secondo i magistrati che indagano su Cesare Geronzi (vedi scheda), Calisto
Tanzi fu costretto dalla Banca di Roma a comprare da Ciarrapico le acque
minerali Ciappazzi e a versargli 38 miliardi con i quali saldare i debiti con
la stessa banca. Dopo l’acquisto, quelli della Parmalat scoprirono che Ciappazzi non poteva operare, tra
l’altro perché «era nel frattempo decaduta dalle necessarie autorizzazioni amministrative per
estrarre l’acqua dalle fonti» (nota del gip)
• A fine 2007 finì nel registro degli indagati per truffa (inchiesta avviata dalla magistratura
dopo una puntata di Report). Flavio Haver: «Secondo l’accusa, Ciarrapico avrebbe eluso la legge per l’emanazione dei contributi all’editoria (la 250 del 90) facendo figurare che le due società (“Editoriale Ciociaria Oggi” e “Nuova Editoriale Oggi”) amministratrici degli otto giornali da lui controllati (Nuova Viterbo Oggi,
Ciociaria Oggi, Nuovo Molise, Nuova Rieti Oggi, Fiumicino, Guidonia, Ostia,
Castelli Oggi) avevano gestioni separate. In realtà, per gli inquirenti gli intrecci tra le due aziende pilota sono evidenti»
• «Vive per l’anagrafe in una camera e servizi annessa a un capannone industriale, sebbene con
vista sull’abbazia di Montecassino. Debitore nei confronti dei piccoli azionisti del Banco
Ambrosiano per un danno maturato nel 1982, ha scelto come residenza la
tipografia del suo quotidiano Ciociaria Oggi a Villa Santa Lucia, dove sovente
bussa (invano) l’ufficiale giudiziario» (la Repubblica) • Due figli: Tullio (direttore generale del Gruppo Eurosanità) e Micaela (sposata con il radiologo Luigi Simonetti, ordinaria alla facoltà di Medicina di Tor Vergata) • Tra le leggende che riguardano Ciarrapico, quella che ricevesse i suoi ospiti
con una pistola bene in vista sul tavolo. [aiu]