Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CERONETTI
Guido Torino 24 agosto 1927. Scrittore. «Ho scritto sui giornali per avere da vivere, ma il meglio di Ceronetti viene
fuori dai versi» • «Ha scritto di sé: “Torinese per foglietto anagrafico, l’accento incorreggibile, i ricordi”. Dai quali estrarre “i parenti ossessivi, il fascismo martellato e chiesa chiesa chiesa”. Poi ci sono stati i lampi dell’Antigone di Sofocle, le cattive traduzioni della Bibbia, il senso di colpa e il lampioncino davanti alle case di tolleranza. Della sua
gioventù “la cosa più spensierata era il tram. Il cinema era col contagocce, per molti anni puro e
semplice miraggio”» (Pino Corrias) • «Il “pestigrafo” armato di basco nero sulla testa, che le cronache riescono malissimo a
inquadrare: è infatti saggista, poeta, scrittore, traduttore, regista, impresario teatrale; e
poi instancabile flagellatore dei pericoli del progresso e della tecnologia.
Infine, giornalista: ha cominciato durante la guerra, con racconti umoristici e
pezzi culturali, e non ha mai smesso. Come regista e produttore teatrale, ha
cominciato nel 1970 insieme a Erica Tedeschi, con il Teatro dei Sensibili,
fatto di marionette e di ombre cinesi» (Alessandro Riva)
• «Un nemico giurato della folla. Un misantropo mancato (mancato, dichiara, forse
per troppo amore delle donne). Un avversario giurato della tecnologia. Un laico
con venature di tradizionalismo, sgorgate dal mondo classico, dai Salmi o dall’Ecclesiaste. Un letterato colto e poliglotta. Un pessimista ai limiti del
catastrofismo» (Nello Ajello) • Ha tradotto e commentato alcuni tra i libri più ostici (Qohélet o l’Ecclesiaste nel 1970, Il Libro di Giobbe nell’82) o più famosi (Il libro dei Salmi uscito in prima edizione nel 1955, il Cantico dei Cantici vent’anni dopo), oltre a diversi classici della letteratura latina come gli Epigrammi di Marziale (1964), Le poesie di Catullo (1969), Le satire di Giovenale (1971). In Come un talismano (1986), che deve il titolo a un verso di Eugenio Montale, ha raccolto le sue
traduzioni di singole poesie dei grandi poeti moderni: da Konstantinos Kavafis
a Thomas S. Eliot, da Antonio Machado ad Arthur Rimbaud • «Il Ceronetti saggista ha uno stile inconfondibile, “apocalittico” e satirico, molto polemico nei confronti di ogni conformismo e di ogni forma di
consumismo e particolarmente sensibile alla distruzione del paesaggio. I suoi
brevi saggi, prevalentemente pubblicati sul quotidiano La Stampa, sono raccolti in diversi volumi (Difesa della luna del 1971, La carta è stanca del 1976, La musa ulcerosa del 1978, La vita apparente dell’82, Albergo Italia dell’85). Nel Silenzio del corpo del 1979, Ceronetti espone la sua poetica rivendicando il carattere terapeutico
della verità: “Faccio il medico cercandola”. In Un viaggio in Italia. 1981-1983 dell’83, l’autore parte da una nuova “passione per l’Italia... più severa, più dolorosa”, mentre L’occhiale malinconico dell’88 riprende l’amore per il viaggio, nel tempo e nello spazio, e dalla guerra di Spagna passa
alla tragedia della Valtellina nel 1987» (L’espresso) • «Cultore della lettera come irrinunciabile testimonianza vitale e amicale (“Le anime morte non scrivono né ricevono lettere”), egli vi dispensa pensieri e giudizi sugli argomenti più vari (l’antichità, la medicina, l’ambiente, la morte, il Papa) che emanano non tanto da uno spirito intelligente
(del quale alla fine non sapremmo che cosa farcene) quanto da un vero e
inusitato saggio moderno, capace di offrire piccole o grandi illuminazioni,
sempre comunque emancipate dalla stolida tirannia dell’opinione corrente» • «Mi piacque molto la sfida del ministro dell’Ambiente, Willer Bordon, alla potenza vaticana, per le antenne radio di Cesano,
pericolose per la salute della gente della zona, ma venne deplorato e perfino
ridicolizzato nel suo stesso governo». Nel 2006 scrisse che avrebbe votato «per il margine in penombra del chiattone, del Narrenschiff unionista, che si presenta come Rosa-nel-Pugno» • «L’oratorio mi fece anche aborrire la Juventus: c’erano dei manigoldi che mi sbattevano contro il muro con minaccia di strozzarmi
se non gridavo con loro viva la juve. M’impuntavo e le prendevo; per rivalsa, nella torva cretinità puerile, cercai riparo nelle coglie, a quel tempo formidabili, del Torino. Durò pochi anni: ma capirai c’era gente come Guglielmo Gabetto, Valentino Mazzola, Eusebio Castigliano, tutti
i morti di Superga...»
• Nel dicembre del 2007 ha pubblicato le lettere ricevute dal vinificatore
piemontese Arturo Bersano (Due cuori e una vigna, edizioni Il Notes Magico). [ahr]