Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CARNEVALE
Corrado Licata (Agrigento) 9 maggio 1930. Giudice. In magistratura dal 1953 (primo in
tutti i concorsi), presidente della Prima sezione della Cassazione, fu
costretto ad andare in pensione in seguito a una condanna a 6 anni per concorso
esterno in associazione mafiosa (29 giugno 2001) annullata dalla Cassazione
senza rinvio perché «il fatto non sussiste» (30 ottobre 2001). Presentata nel 2004 domanda al Csm per tornare in
magistratura avvalendosi della legge ribattezzata con il suo nome (stabilisce
il diritto di reintegro di tutti i dipendenti pubblici, magistrati compresi,
che siano stati sospesi o che siano andati anticipatamente in pensione in
conseguenza di un procedimento penale che si è concluso con un’assoluzione), vide respinta la richiesta per poi ottenere ragione dalla Corte
Costituzionale (14 luglio 2005). Bocciata dalla IV commissione del Consiglio la
sua istanza (28 settembre 2005, 3 voti contro 2), ottenne nuovamente ragione
dal Tar del Lazio, che rispedì la questione al Csm (23 aprile 2006) dove il 7 marzo 2007 vide infine accolta
la sua richiesta di lavorare per altri sei anni, sei mesi e 24 giorni (la
votazione finì 11 a 10 con quattro astenuti)
• «La persecuzione subita da Corrado Carnevale è stata la più violenta aggressione nel mondo occidentale contro l’indipendenza del giudice. Il più giovane e il più preparato dei giudici italiani: laureato a 21 anni, ha vinto il concorso in
magistratura a 23, ha bruciato tutte le tappe, giudice di tribunale, giudice di
corte d’appello, giudice di Cassazione, a 53 anni presidente di sezione, a 55 anni il più giovane presidente titolare della Cassazione. La sua colpa: “Aveva formato in Cassazione un proprio partito circondandosi di magistrati con
un orientamento spiccatamente ed esasperatamente garantista”. Il linciaggio del giudice garantista, mentre impazzavano i giustizialisti di
Mani pulite e i professionisti dell’antimafia, è durato una ventina d’anni, da quando Luciano Violante, il nostro piccolo Vishinskj, come lo chiama
Francesco Cossiga, presentò in Parlamento un’interpellanza in cui sosteneva che Carnevale, nelle sue sentenze, avrebbe
commesso “nove errori di fatto”. Il ministro della Giustizia Giuliano Vassalli concluse che non era vero, che
gli errori li avevano fatti i giudici nelle sentenze che Carnevale aveva
cassato. Carnevale divenne ugualmente l’“ammazzasentenze”» (Lino Jannuzzi)
• «Amato e odiato. Verbosissimo. E con una memoria formidabile. La leggenda
racconta che ricordi ogni parola che è dentro ogni sentenza che ha giudicato» (Attilio Bolzoni). [aeq]