Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CARBONE
Mario San Sosti (Cosenza) 1924. Fotografo • «Il suo lavoro di documentazione per la Unitelefilm, dal 1958 agli anni Settanta,
è conservato nell’Archivio di Mondo Operaio; tra i più importanti filmati, c’è anche Firenze Novembre 66 che registra la drammaticità dell’alluvione (Leone d’Argento a Venezia nel 1967). Come regista, operatore e montatore consegue vari
premi tra cui il Nastro d’Argento nel 59 per la migliore fotografia ne I vecchi, regia di Raffaele Andreassi; il Nastro d’Argento nel 1964 per Stemmati di Calabria (miglior regia), inchiesta sui nobili calabresi; il Premio al Festival di Tour
nel 1966 per Dove la terra è nera, sul duro lavoro dei contadini in una terra povera» (Manuela De Leonardis) • Ha iniziato a lavorare come fotografo all’età di 13 anni. «Era il 1937 quando ho cominciato a lavorare in uno studio fotografico di Cosenza
dove si facevano ritratti a sposi e fototessera. A vent’anni mi è venuto il desiderio di emigrare: quando presi il treno avevo solo i soldi del
biglietto e poco più. Andai a Milano e mi presentai da Elio Luxardo; inizialmente sostituii alcuni
dipendenti che erano andati in ferie ma rimasi per sei mesi. Poi mi trasferii a
Roma: ebbi la fortuna di capire che il fulcro di questa città era piazza del Popolo. Lì incontravo gli amici come Aldo Turchiaro (allora allievo di Guttuso), Rotella,
Schifano, Festa e Angeli, con cui ho diviso lo studio. Andavamo a mangiare al
ristorante dei Fratelli Menghi, in via Flaminia, famoso per aver nutrito gratis
artisti senza soldi»
• A Roma cominciò a lavorare nel cinema come aiuto operatore «ma già lì mi resi conto che la mia esperienza andava sprecata. Feci vedere il mio primo
documentario a Cesare Zavattini e lui nel 63 mi volle ne I misteri di Roma. Ho continuato a girare documentari, almeno un centinaio, finché nel 75, con mia moglie Elisa decidemmo di lasciare la sua Galleria Ciak, per
aprire una produzione» • Di forte impatto soprattutto le foto realizzate nel 60 durante un breve viaggio
in Lucania con Carlo Levi: «Feci almeno 400 scatti. Levi si metteva a parlare con chiunque incontrasse. Mi
fece conoscere un benzinaio: mi disse che proprio parlando con lui gli era
venuta l’idea del titolo del suo romanzo Cristo si è fermato a Eboli». [Lauretta Colonnelli]