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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CANNAVARO

Fabio Napoli 13 settembre 1973. Calciatore. Dal 2006/2007 gioca col Real Madrid,
squadra con la quale ha vinto per due volte la Liga spagnola (2007, 2008). Lanciato dal Napoli, una Coppa Uefa vinta col Parma (1999), arrivò alla Juventus dopo un’infelice parentesi all’Inter: in due anni a Torino vinse i due scudetti (2005, 2006) poi revocati causa
“moggiopoli”. Capitano della nazionale campione del mondo 2006, già finalista agli europei del 2000, ha saltato quelli del 2008 causa uno scontro
con Giorgio Chiellini durante il ritiro (è comunque rimasto con gli azzurri per tutto il torneo). Fifa World Player e
Pallone d’Oro 2006 (aveva già ottenuto una nomination senza voti nel 1998 e nel 2005, 24° nel 2007). «Conta essere all’altezza, non l’altezza»
• «Cannavaro esordisce sui campi in terra battuta del rione della Loggetta, a
Piedigrotta, all’ombra del San Paolo. A 8 anni è nella squadra dell’Italsider di Bagnoli. A 14, stopper della primavera del Napoli, gioca in
amichevole contro la prima squadra ed entra in scivolata su Maradona. “Tu si’ pazze!” lo rimprovera un dirigente. Ma El Diego lo difende: “No, bravo, così si fa”. Aggiunge il magazziniere Tonino Albano, suo padre putativo: “Ricordati Fabio che tu sei un difensore, e quindi devi picchiare, non farti
picchiare”. Lui però ha sempre giocato sull’anticipo. Come il suo maestro, Ciro Ferrara. Molto amici, i due danno vita a una
scena memorabile a Wembley, qualificazioni per Francia ’98, Inghilterra-Italia 0 a 1, quando disorientano Shearer e McManaman
scambiandosi indicazioni in napoletano stretto: “Chiappa ’a chillo! Piglia ’a chill’ate!”» (La Stampa)
• Mario Sconcerti: «Il Pallone d’Oro per definizione non poteva andare a un difensore, perché il ruolo è pragmatico mentre il calcio si arrampica sui costruttori di sogni. Tutti i
premiati dal ’56 sono stati grandi attaccanti, fantasisti che ingannavano il tempo e lo spazio
con il loro equilibrio fra il corpo e il pallone. Non sono riusciti a vincere
nemmeno i difensori più grandi. Penso a Franco Baresi, a Paolo Maldini, a Gaetano Scirea, semplici
fuoriclasse lontani dalla magia dei numeri dieci, i veri depositari nel calcio
di un grande destino. Poi, improvvisamente, concordemente, arriva Cannavaro.
Perché? Cannavaro non è migliore di Maldini e gli altri. Forse nemmeno di Alessandro Nesta o Marco
Materazzi. Ma è Cannavaro. E in Germania non è più stato solo un giocatore, un difensore centrale, il capitano dell’Italia. è diventato l’uomo da aspettare, un architetto di interventi plastici. Con la sua complessità dinamica, con la sua armonia fisica, Cannavaro ha finito per essere un
improvviso, straordinario divulgatore del calcio. E una volta entrato nella
regola televisiva, si è trasformato nel primo giocatore trasversale. Cannavaro è diverso non tanto perché è difensore, ma perché il nuovo calcio, quello da tre miliardi di spettatori a partita, non deve
essere diverso, deve essere ovvio. Deve consolare gli stereotipi, dar loro il
valore rassicurante e universale che hanno. Cannavaro non è un grande atleta. è di altezza normale, è nero di capelli, ha gli occhi rapidi del napoletano vero. Cannavaro reclamizza
intimo maschile, è come vorrebbero essere gli uomini e come le donne ci vorrebbero, eppure è fondamentalmente normale. Ha già molti figli, una moglie bella e rotonda, una vera madre classica. Cannavaro è al tempo stesso giocatore e immagine, tecnica ed esistenza. è il racconto della ricchezza e della salute, del successo e del limite»
• Tra le polemiche che lo hanno visto protagonista: quella per un video girato
alla vigilia della finale di coppa Uefa 1999, vinta dal Parma 3-0 contro il
Marsiglia, che lo immortalò mentre si faceva una flebo («era Neoton, ricostituente lecito proprio come le flebo»); quella per la sua difesa di Luciano Moggi in piena calciopoli che quasi gli
costò la convocazione ai Mondiali poi vinti («a una domanda su di lui ho semplicemente risposto che faceva bene il suo lavoro
di dirigente: con la squadra si è sempre comportato bene. Se avessi detto il contrario, sarei stato ipocrita»); quella per la bandiera col fascio littorio sventolata per festeggiare il
titolo spagnolo vinto nel 2007 col Real Madrid («non lo sapevo, volevo soltanto il tricolore: quando me ne sono accorto l’ho nascosto»)
• è sposato dal 17 giugno 1996 con Daniela (tre figli): «Nel giugno ’90 Daniela conobbe Fabio a una festa dell’amica Renata e gli chiese: “Mi accompagni a casa?”. Erano notti magiche e si poteva osare. Daniela sapeva che Renata aveva fatto
più di un pensierino su quel ragazzo dagli occhi chiari, perciò giocò d’anticipo, alla Cannavaro. Poco dopo, Fabio Cannavaro prese a vagare per la
salitella di via Scognamiglio, la Panoramica, con una bomboletta spray e le
farfalle nel cuore. Scriveva “Fabio e Dany per sempre”, “Fabio + Dany = Amore”, o semplicemente “F e D”. Dalla Panoramica si vede bene il San Paolo, quartiere Fuorigrotta, dov’è cresciuto Fabio, in via Gigante, località Loggetta. Daniela stava in via Marino, davanti al parco Atan, ma suo padre
aveva un bar sotto la curva B del San Paolo» (Luigi Garlando)
• Calciatore professionista anche il fratello Paolo (Napoli 26 giugno 1981), in A
con Parma, Verona, Napoli: «Tutt’e due cresciuti nelle giovanili del Napoli, tutt’e due finiti al Parma quando la gestione di Corrado Ferlaino entrò in crisi e c’era bisogno di recuperare denaro: proprio con i soldi della cessione di Paolo,
valutato molto generosamente da Calisto Tanzi, il Napoli salvò il proprio bilancio nel 98. A Parma i due dividevano lo stesso appartamento poi
le strade si separarono» (Marco Ansaldo).
[acz]