Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CANALI
Guido Parma 24 ottobre 1934. Architetto • «Non è un architetto superstar. Eppure rappresenta un modello. Quello del progettista
di due delle mostre-evento degli ultimi anni: Il Parmigianino e il manierismo europeo alla Galleria nazionale di Parma e Duccio, alle origini della pittura senese nel Museo di Santa Maria della Scala di Siena» (Stefano Bucci) • Laureato al Politecnico di Milano, insegna all’Università di Ferrara. Maestri di riferimento, Le Corbusier e Carlo Scarpa • «La professione d’architetto si sta sempre più svilendo. C’è, innanzitutto, un problema di fondo: l’architettura si capisce tardi. Spesso ci si iscrive alla facoltà di Architettura solo perché si ama il disegno oppure la pittura. è successo anche a me. La passione arriva dopo, quando si scopre quella
dimensione artigianale che c’era già in Le Corbusier o in Borromini: grandi architetti ma anche grandi artigiani che
avevano iniziato a lavorare a 15 anni. Per me, il cattivo architetto è quello che non è un artigiano. L’architetto-divo rappresenta la negazione stessa di quella dimensione artigianale
e ludica della professione. Oggi, però, sono sempre meno gli architetti che lavorano divertendosi. Sempre più, invece, quelli che sono manager di se stessi, costantemente impegnati nell’autopromozione. E che conoscono assai poco la parola rigore»
• Progettista degli stabilimenti Prada, delle residenze per duemila abitanti nell’area del Portello di Milano, del nuovo Collegio Carlo Alberto a Moncalieri, ha
disegnato una lunga serie di insediamenti abitativi o industriali come l’Insula di Noceto (ispirata alla urbs romana) o la sede del Consorzio del
Parmigiano di Reggio Emilia. Ha seguito il recupero dell’ospedale di Santa Maria della Scala a Siena. Il suo studio (trenta persone
divise tra Parma, Siena e Monaco) si è impegnato nella realizzazione della nuova Hypo Vereinsbank di Monaco e nel
restauro delle Aranciaie del Giardino Ducale di Parma • «Schivo e riservato (l’unica monografia esistente è quella pubblicata dalla rivista Abitare nel dicembre 2003), sembra l’opposto dell’architetto-divo “tipo Philip Starck”. Incarnando, in un’epoca di “grandi gesti”, l’ideale di “un architetto-artigiano” contrassegnato dal rigore e dall’understatement. Rigore e understatement che si ritrovano nel suo studio a Parma:
una sequenza di vecchi spazi, in un palazzo d’epoca senza stucchi né fregi, con le pareti coperte di modellini in legno, di disegni e di quelle
riproduzioni d’opere d’arte (dalla Città ideale della Scuola di Piero della Francesca ai dipinti di Guido Carmignani
alle statue di Jean Baptiste Boudard) che, secondo Canali, “rappresentano le mie idee molto meglio di un mio disegno”. Come si costruisce oggi una grande mostra? “[...] è il rispetto che fa in modo che un architetto progetti un percorso espositivo
che evita al visitatore di accalcarsi davanti a un quadro o a una statua e che
non lo costringe a cambiarsi gli occhiali perché la didascalia è troppo piccola. Ed è sempre lo stesso rispetto che deve assicurare a una Madonna del Parmigianino o
a una Maestà di Duccio quello spazio vitale che li può valorizzare al meglio: oramai, lo stereotipo della quadreria ottocentesca,
zeppa di capolavori affastellati, non ha più né senso né futuro [...] L’architetto non si può mai permettere esuberanze: deve essere sempre rigoroso, di un rigore quasi
etico. E se io posso apprezzare certi lavori di Gehry o di Nouvel, non ne
condivido la poetica. Per me è molto meglio lavorare sul recupero di una periferia nel suo insieme, che
realizzare un edificio bello e incredibile in un deserto urbano» (Stefano Bucci). [Lauretta Colonnelli]