Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CAMMARELLE
Roberto Milano 30 luglio 1980. Pugile. Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Pechino (2008), in finale vittoria per ko contro il cinese
Zhang Zhilei; medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene (2004), campione del
mondo dilettanti 2007 (categoria Supermassimi). «Sono il primo italiano sul podio in due Olimpiadi» • Genitori lucani: il padre Angelo, insegnante di educazione fisica poi
trasportatore, è di Rionero in Vulture, la madre Giovanna di Filiano: «Ho sempre cercato di ostacolarlo, gli dicevo che al primo brutto voto gli avrei
tolto i guantoni. è andata a finire che si è diplomato ragioniere ed è diventato campione del Mondo e, ora, anche olimpico» • «L’undicenne Roberto da Cinisello Balsamo, che da tifoso della Juventus si era
dilettato con il calcio nel ruolo di attaccante, avrebbe potuto aggredire i
suoi 73 kg da ragazzone impacciato in mille modi diversi. E invece, sulle orme
del fratello Antonio e della comune adipe, bussa alle porte del Boxing Club
Rocky Marciano: il destino in un nome. Per un anno il giovane Cammarelle si
limita alla ginnastica, ma non appena il maestro Biagio Pierri gli infila i
guantoni, si illumina di fronte a quel diamante grezzo: lo imposta in guardia
destra, come insegna la scuola cubana, perché i colpi arrivano più puliti e impressionano di più le giurie. Roberto è un ragazzo introverso che in palestra comincia ad apprezzare l’amicizia degli altri. Intanto mena con successo e si butta sui libri da
ragioniere con profitto, cosicché nel 98 è il miglior pugile-studente della Lombardia: “Uno dei miei titoli più belli, l’intelligenza che vince insieme alla forza”. Diventerà una griffe personale, almeno sul ring: “Il mio sport insegna l’autocontrollo, non le botte a occhi chiusi, lo scontro fisico non risolve
niente, è la tecnica ad aprire tutte le porte”. Approda in nazionale, da peso massimo (91 kg) e comprende in fretta come la
pratica possa travolgere la teoria: agli Europei di Tampere del 2000 perde al
secondo turno dall’ungherese Garai, mai più sentito né prima né dopo, perché nell’ultimo round becca tre punti gigioneggiando con la guardia abbassata. Ma la
categoria gli sta stretta: fatica a rimanere nel peso, non ha rapidità e mostra una scherma prevedibile. Qualcuno gli consiglia di piantarla, lui
torna da Pierri e il vecchio mentore lo rigenera. Il segreto è in un salto: dai massimi ai supermassimi, dove la sua velocità si trasforma in un’arma non convenzionale. Agli Europei di Perm del 2002 dà spettacolo, in finale contro l’idolo di casa Povetkin rimane in parità fino a 30” dalla fine e va sotto per un paio di colpi dubbi. Finalmente la luce di una
stella, che in azzurro è già diventato leader mostrando le sfaccettature di un carattere complesso: “Sono introverso, chiuso, ma in gruppo divento un motivatore, perché se nella boxe non sdrammatizzi tutto diventa più duro”. è carismatico ma controllato, gli piacerebbe studiare psicologia perché “scoprire il carattere degli altri è affascinante, parola di un solitario che ha imparato a socializzare attraverso
lo sport”. Dal 2001 al 2004 perde solo 4 volte, tutte con Povetkin, eppure c’è la sensazione che mentalmente soffra i match dell’ultima chiamata. Ma ha una schiena a pezzi per due ernie, la seconda nel 2003
che lo costringe a due mesi d’ospedale: Roberto ha la colonna vertebrale che si accorcia, la muscolatura perde
elasticità e così non può camminare a lungo, tanto che in Cina ha dovuto rinunciare alla visita alla
Grande Muraglia. Ad Atene, poi, lo avevano accompagnato anche problemi di
cuore, con una tormentata storia d’amore finita prima dei Giochi. Eppure vinse il bronzo, promettendo la rivincita
soprattutto per papà Angelo e mamma Giovanna, che solletica la sua golosità con lasagne al forno e torta di ricotta. Roberto ora convive con Nicoletta ad
Assisi, dove è uno di casa come gli altri del club azzurro, tanto che un cartello li salutava
così prima della partenza: “I veri cubani siete voi”» (Riccardo Crivelli).