Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
CAMILLERI
Andrea Porto Empedocle (Agrigento) 6 settembre 1925. Scrittore. «Diceva Montaigne che anche se sali sul più alto degli alberi, sempre il culo fai vedere».
UltimeUltimi libri: Le ali della sfinge (Sellerio 2006, undicesima inchiesta di Montalbano), La pista di sabbia (Sellerio 2007, altra inchiesta di Montalbano), Maruzza Musumeci (Sellerio 2007, romanzo storico in forma di favola), Le inchieste del commissario Collura (Mondadori 2007: sono racconti che hanno come protagonista il commissario
Collura, ovvero Cecè, un amico di Montalbano e nuovo personaggio di Camilleri), Le pecore e il pastore (Sellerio 2007, è un romanzo storico ambientato nel 1945), Voi non sapete (Mondadori 2007: ricognizione dell’universo mafioso compiuta attraverso i pizzini di Bernardo Provenzano. Camilleri
ha devoluto i diritti alla Fondazione per i caduti di mafia della Polizia dello
Stato), La novella di Antonello da Palermo (Guida, 2007: è una falsa novella di Boccaccio) e Il colore del sole (Mondadori 2007: resoconto, in lingua secentesca, del soggiorno a Malta e in
Sicilia di Caravaggio), per i quali ha ricevuto il premio Boccaccio 2007, Il tailleur grigio (Mondadori 2008, romanzo noir), Il campo del vasaio (Sellerio 2008, tredicesima inchiesta di Montalbano) • Ha pubblicato a puntate sul Nasone, rivista del XVII Municipio romano
(Monteverde, dove abita), le avventure del commissario Montalbano, trasferito a
Roma per seguire un corso al ministero • Ha curato per la Bur un’antologia degli scritti di Pirandello (Pagine scelte, Bur 2007), di cui aveva già scritto una vita mezza in siciliano e mezza in italiano (Biografia del figlio cambiato, Rizzoli 2000) • Ha tradotto La Tempesta di Shakespeare, messa poi in scena da Giuseppe Dipasquale e portata, fra l’altro, al Festival shakespeariano di Danzica in Polonia • Dipasquale gli ha ridotto e messo in scena, per lo Stabile di Catania, La concessione del telefono • Sergio Rubini ha portato in teatro, a Palermo, un suo inedito sul trombettista
Chris Lambertine • Si stanno girando altri quattro episodi della serie tv con Montalbano
interpretata da Luca Zingaretti • Dopo cinque anni ha lasciato a un nipote di Sciascia, il regista Fabrizio
Catalano, la direzione del Teatro Regina Margherita di Racalmuto • La mostra palermitana «!Camilleri sono», ideata da Pietro Caldarera, realizzata da Monica Mirri e curata da Gaetano
Savatteri con Giancarlo Macaluso, ha cercato di ricostruirne il profilo
complessivo di scrittore e regista, anche ricorrendo a materiale poco noto • Ha aiutato Romano Luperini a pubblicare il suo secondo romanzo (L’immaginazione, Sellerio 2007) • Gianni Bonina ha pubblicato una rassegna ragionata, con tutte le trame, dei
suoi 47 libri (corredata da una lunga intervista centrale: Il carico da undici, Barbera 2007) • Ha appoggiato con forza l’iniziativa della Confindustria di espellere dall’associazione chi paga il pizzo alla mafia (vedi CORDERO DI MONTEZEMOLO Luca):
favorevole all’invio dell’esercito in Sicilia («Ben vengano i soldati, darebbero coraggio a chi ancora paga il pizzo», sul Corriere della Sera del 17 settembre 2007) • Ha sottoscritto i seguenti appelli: contro le trivellazioni in Val di Noto, per
la riapertura delle indagini sul delitto Pasolini, per la liberazione immediata
di Rahmatullah Hanefi (vedi MASTROGIACOMO Daniele) • Premio alla carriera nel Roma Fiction Fest (2007), premio Cardarelli 2007. [ach]
Vita «Andrea Calogero Camilleri nasce a Porto Empedocle (la Vigàta dei suoi romanzi) il 6 settembre 1925, all’una di pomeriggio, in un’agiata famiglia di commercianti di zolfo. Quel giorno stesso in città si tiene la processione di san Calogero (di qui il secondo nome), a cui lo
scrittore, a modo suo, si professa devoto: “Nel mio paradiso, completamente deserto di santi e di dei, c’è posto solo per san Calogero”» (Maurizio Assalto)
• «Mio padre era ispettore del lavoro portuale per tutti i porti della costa
meridionale della Sicilia. Poi, dopo l’arrivo degli Alleati, divenne direttore provinciale dell’Ast (Azienda siciliana trasporti). Quindi: per un lungo periodo ebbe a che fare
con centinaia di scaricatori del porto, poi con decine di autisti, meccanici,
trasportatori, ecc.» • «Prima di sposarlo, mia madre detestava mio padre. Lo vedeva passare con
manganello, fez e camicia nera, negli anni degli scontri di strada con i
comunisti, e lo considerava un delinquente di prim’ordine. A Porto Empedocle gli scontri furono piuttosto seri. Mio padre Giuseppe
era il capo. Partecipò alla marcia su Roma. Dopo divenne segretario del fascio nella sua città. Mia madre fu costretta a sposarlo: matrimonio combinato. Ma cambiò subito idea sul suo conto. Scoprì un uomo leale, ironico, coraggioso, generoso. Insomma: Montalbano. è stata mia moglie, che l’ha conosciuto bene, a farmelo notare: “Montalbano è per tre quarti tuo papà, e tu hai scritto una sua lunga biografia”. Ha ragione»
• «La mia era una famiglia numerosa, nella quale ognuno aveva il suo ruolo preciso.
Mia madre e le sue sorelle, che erano le classiche donne di casa siciliane, al
momento opportuno avevano il compito primario di assistere mia nonna Elvira.
Una cuoca formidabile, sia chiaro. E non solo: fu lei a farmi conoscere il mio
primo libro, Alice nel paese delle meraviglie, leggendomelo capitolo dopo capitolo quando io non avevo ancora imparato a
leggere» • «Arrivai a dare quasi tutti gli esami sotto la laurea. Ma c’era un’altra ragione che mi fece smettere, oltre al fatto che non volevo fare il
professore, l’unica strada possibile. Succedeva che tutte le maggiori riviste letterarie
italiane e i quotidiani nazionali mi pubblicavano. Io stavo a Porto Empedocle e
pubblicavo poesie su Mercurio di Alba De Cespedes. Le mandavo e quella me le
stampava. Ho pubblicato su Inventario, diretto da Eliot, dove in un numero
apparve addirittura, con una mia poesia, un inedito di Dylan Thomas, allora
vivente. Pubblicavo racconti di terza pagina tanto su L’Ora di Palermo quanto su L’Italia socialista di Roma. Poi capitò che Giuseppe Ungaretti mi pubblicò le poesie nello Specchio di Mondadori (che allora era la più prestigiosa collana di poeti italiani) in un’Antologia dei poeti del Saint Vincent. E poi venne il premio “Libera stampa” a Lugano, con una giuria terribile: Gianfranco Contini, Giansiro Ferrata e via
di questo passo. Nella rosa dei finalisti entrammo in dieci, tutti ventenni. I
nomi vanno da Camilleri, che scompare per ricomparire molto più tardi, a Andrea Zanzotto, ma in mezzo ci sono Pier Paolo Pasolini, Angelo Romanò, padre David Maria Turoldo, Danilo Dolci».
[aci]
«Nel 1947 lessi che c’era un concorso per atto unico a Firenze, giuria presieduta da Silvio D’Amico. Scrissi un atto unico quasi appositamente per quel concorso, Giudizio a mezzanotte si chiamava, vinsi il primo premio, andai a Firenze, conobbi D’Amico, conobbi Luigi Squarzina, ma tornando in Sicilia rilessi il mio testo e lo
buttai giù dal finestrino del treno. Credo non ce ne sia più traccia. Però D’Amico mi scrisse l’anno dopo: “Perché non vieni a fare l’esame come allievo regista all’accademia?”. Dissi di sì e di lì la mia vita cambiò» • All’esame si rifiutò di preparare la prova di recitazione: «I professori lo costrinsero a improvvisare con l’aiuto di un ex allievo che era lì per caso: Vittorio Gassman» (Masolino D’Amico) • Fu espulso dall’Accademia d’Arte drammatica per un episodio che non ha mai voluto raccontare. Il presidente
dell’Accademia, Silvio D’Amico, lo convocò: «Lei è un mascalzone come tutti i siciliani!». Camilleri: «Perché, Presidente, ne ha conosciuti molti?». D’Amico: «Solo Pirandello. Ma mi è bastato» • Uscito dall’Accademia, Francesco Savio gli offrì un lavoro all’Enciclopedia dello Spettacolo. Camilleri disse: «Ma il direttore è Silvio D’Amico. Se se ne accorge mi caccia un’altra volta». Savio: «Non ti preoccupare, D’Amico è distrattissimo». Dopo qualche tempo D’Amico affrontò Camilleri: «Lei è un villano. Ci incontriamo tutti i giorni e non mi saluta mai» • «Quando ho cominciato a fare il regista avevo 33 anni. Quelle notti in attesa del
giorno dopo la prima, la mattina si andava subito a leggere le critiche! La mia
prima regia, tutti i critici vennero, loro scrivevano nella notte, tu non
andavi neanche a dormire, non ce la facevi e aspettavi i giornali. Mi ricordo
che ritenendomi io inutile come regista, perché allora c’erano direttori di scena che rendevano inutile il regista, al momento in cui lo
spettacolo iniziava me ne andai, che ci stai a fare?».
[acj]
A Roma dalla fine degli anni Quaranta, Camilleri lavorò come regista e autore teatrale e televisivo, collaborando, tra la fine degli
anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, alla produzione delle serie del Tenente Sheridan e di Maigret (fondamentale, quest’ultima, per famigliarizzarlo con i meccanismi del giallo “europeo”) • Lo sceneggiatore della serie era Diego Fabbri: «Ho imparato a lavorare in televisione da lui: prendeva 4-5 copie dei libri di
Maigret, le riduceva in fogli e faceva dei mucchietti per ogni episodio. Poi li
rimontava secondo la logica televisiva, creando i collegamenti: un tirocinio
preziosissimo». Su se stesso regista: «...In un vecchio caffè, il “Bar Albanese”, dov’ero entrato verso sera per bere un whisky. Entro, vedo un signore che conoscevo
di vista seduto al tavolo che mi fa segno e m’invita a sedere. Dico solo: un momento, prendo da bere. Poi è il finimondo. Sarà durato 30-45 secondi, ma mi è sembrato eterno [...] Quando tutto fu finito, i tre del tavolo, padre, figlio e
guardia del corpo, erano a terra morti, crivellati da una serie di raffiche di
mitra. Fuori, per terra, ce n’erano altri tre. I feriti erano sei, gridavano. E l’aspetto più incredibile, l’unica cosa su cui continuavo a riflettere, meccanicamente, era che la realtà della scena era molto meno convincente di quelle viste tante volte nei film
americani. Guarda il sangue, com’è scuro, mi dicevo. E guarda la polvere della strada, come spegne i colori. Sì, da regista, io pensavo che quella strage si poteva mettere in scena meglio»
• Confidenza con Leonardo Sciascia, di cui a un certo punto bisognò sceneggiare Il giorno della civetta. Gli disse: «Non è che poi piglianu e n’ammazzano?». La risposta: «Vedrai, i mafiosi saranno in prima fila ad applaudire, perché sono vanitosi». Un’altra volta, invitato a pranzo sempre da Sciascia, alzandosi da tavola,
Camilleri fece i complimenti alla moglie: «Perché davvero aveva preparato un pranzo squisito, molto siciliano; Leonardo si susì, e quando uscì dalla stanza, ’a signura Maria mi disse: “Questi ringraziamenti io non posso rifiutarli pubblicamente, però devo farlo privatamente. Perché ’un cucinai io, cucina’ Leonardo”. “Pirchì, sapi cucinari?” “Sì, sì, iddu cucina tutti cosi. E sei di matina si susì pi cucinare. Ma non vuole ca si dica”»
• A queste attività affiancò l’insegnamento all’Accademia d’Arte drammatica. Luca Zingaretti (che prima di impersonare il suo commissario
Montalbano ne fu allievo): «Si parlava un po’ di tutto. Era un eccezionale affabulatore, molto bravo a trovare il dettaglio
originale nel gesto quotidiano. Magari ci inchiodava due ore sull’uomo che aveva appena visto prendere il cappuccino. Che poi è anche la grandezza del suo modo di scrivere»
• Ha fatto per anni il regista televisivo, senza riuscire ad affermarsi come
scrittore (dieci rifiuti consecutivi, infine nel 1978 pubblicò da Lalli, che stampa a pagamento per gli illusi): «Ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo un primo d’aprile. Ma non so onestamente dire se sia stato per caso o per causa. Quando mi
decisi, dopo molte esitazioni, a mandare il dattiloscritto a Nicolò Gallo, che mi onorava della sua amicizia, egli per tre mesi non mi diede più notizie di sé. Allora gli scrissi due righe dicendogli che, piuttosto che perdere la sua
amicizia, preferivo liberarlo dall’obbligo di darmi un giudizio sul romanzo. Mi telefonò due giorni dopo, invitandomi ad andarlo a trovare. Mi ricevette nel suo studio.
Sopra il tavolo c’era il mio romanzo e, accanto, un mucchio di foglietti. Mi disse subito che gli
era piaciuto e che l’avrebbe fatto pubblicare da Mondadori nella collana che dirigeva con Vittorio
Sereni. Ma non prima di due anni. Nel frattempo, potevo rimetterci mano. “E come?”, gli domandai. “Con più coraggio” mi rispose. Insomma, voleva che spingessi più a fondo il mio linguaggio. I foglietti contenevano i suoi suggerimenti. Me li
consegnò. Io mi ripromisi di tenerne conto, ma dato che avevo tanto tempo davanti a me,
preferii rimandare l’inizio della revisione. Poi Nicolò morì. E io persi, oltre il grande amico, anche l’unico contatto che avevo con la Mondadori. Così, quando Lalli mi domandò di stampare il libro in cambio della pubblicità televisiva (perché nel frattempo
Il corso delle cose, sceneggiato da Dante Troisi e Antonio Saguera, col titolo La mano sugli occhi era in lavorazione in tv), io ebbi, non so perché, ritegno a rivederlo seguendo i consigli di Nicolò. La revisione l’ho fatta molti anni dopo, in occasione dell’uscita con la Sellerio». [ack]
La scoperta del talento e il clamoroso successo arrivò negli anni Ottanta (quando già era in pensione) con i primi libri pubblicati da Sellerio. Successo basato
tutto sul passaparola tra i lettori. Primo vero boom con La concessione del telefono, ambientato alla fine dell’Ottocento, poi le storie del commissario Montalbano, ne fecero il caso
letterario dell’ultimo quarto di secolo • «Spesso utilizzo come miniera un’inchiesta governativa del 1875 sulla Sicilia, un documento con trascrizione
stenografica delle interviste della commissione. Mi basta una frase, uno spunto
qualunque. Per esempio: per La stagione della caccia sono partito dal dialogo tra il senatore Cusa e un sindaco della provincia di
Caltanissetta: “Da queste parti avete fatti di sangue?”, “No, eccellenza, solo un delitto d’amore con sette morti”» • «Nella mia famiglia si parlava sia il dialetto sia l’italiano. Quando mi esibivo con dei raccontini a voce capivo di essere più efficace se usavo una lingua mista. Cominciai a chiedermi perché l’italiano non mi bastava e studiai come Pirandello faceva parlare i suoi
personaggi. Più tardi mi colpì la sua affermazione “la lingua esprime il concetto, il dialetto il sentimento di una cosa”: è diventata la base del mio scrivere»
• «Mia moglie dice che più che uno scrittore sembro un corrispondente di guerra. Voglio avere vicino i
miei nipotini, che mi devono interrompere, tirare per la giacchetta. E poi
voglio sentire sempre il canto degli uccellini...» • Ha dichiarato che, alla notizia di Zingaretti come Montalbano, gli venne un
colpo: non aveva mai pensato che il commissario potesse essere calvo.
Interrogato sull’aspetto fisico di Montalbano, che non ha mai descritto, ha risposto: «Non l’ho mai visto tutto intero. Una volta i capelli, una volta il neo, una volta i
baffi. Ne ho sempre avuta un’immagine confusa. Finché un giorno, alcuni anni fa... Avevo appuntamento a Cagliari con un professore di
letteratura di quella università, Giuseppe Marci, che mi aveva invitato a chiudere un suo corso. Eravamo d’accordo che per farsi riconoscere avrebbe avuto con sé una copia del
Birraio di Preston. Bene, sceso all’aeroporto ho avuto la sorpresa di imbattermi in Montalbano col Birraio
sottobraccio. Era proprio lui. Lo scrissi a Carlo Esposti, il produttore della
serie tv: peccato che un attore così somigliante non esista». Idem per la donna di Montalbano, Livia: «L’ho conosciuta a Boccadasse nel 1950, si chiama Raffaella Perillo. L’ho rivista quando sono andato a Genova a presentare La mossa del cavallo. Una bella vecchietta» • Ha già scritto l’ultimo libro della serie di Montalbano: «L’ho mandato al mio editore dicendo di tenerlo in un cassetto e di pubblicarlo
solo quando non ci sarò più. L’ultima indagine di Montalbano in realtà non è proprio l’ultima. Perché nel frattempo io continuo a scrivere e ho pubblicato e pubblicherò ancora altri libri del mio Commissario» • Sposato con Rosetta Dello Siesto, tre figli. [acl]
Critica «è un fenomeno, visto che riesce a trasformare la letteratura in un prodotto di
largo consumo. Una vaga parentela con certi gufi saggi e amabili dei cartoni
animati, un vocione fondo da tabagista. “Quella di Camilleri è una narrativa da intrattenimento alto”, sentenziava Carlo Bo. Particolare non da poco: un tipo di narrativa quasi
inesistente in Italia» (Donata Righetti) • Spesso detestato dai siciliani. Vincenzo Consolo: «La cifra linguistica di Camilleri è di tipo folclorico di secondo grado, nel senso che lui usa una lingua mutuata
dai mezzi di comunicazione di massa». Francesco Merlo: «La letteratura masochista, alla Camilleri, che per divertire il mondo oltraggia
la Sicilia» • Nel 2008 il Daily Telegraph l’ha inserito tra i cinquanta autori di gialli «che bisogna leggere prima di morire» (con Arthur Conan Doyle, Edgar Allan Poe, Agatha Christie ecc.).
Politica «Sono sempre stato comunista. Persino nel 1956, quando molti se ne andarono dal
partito per i fatti di Ungheria, rimasi perché pensavo che, in un mondo spaccato in due, i sovietici facessero bene a tenere
sotto controllo la propria parte» • Nel 2008 ha votato Pd («anche se non ho aderito come mi aveva chiesto Veltroni»).
Tifo «Qualche anno fa guardai in tv una partita bellissima. Rimasi affascinato dalle
geometrie, da quel certo senso di attesa tra i giocatori... Mi appassionò a tal punto che decisi di smettere, altrimenti sarei diventato un tifoso
incallito» • «Mio nipote è un grande appassionato. L’accompagnerei volentieri alla partita, però andare allo stadio mi fa paura» • «Mi fa una grande simpatia Totti. Un uomo estremamente generoso anche nella sua
vita privata. Mi piace questa maschera che gli hanno costruito di “mezzo stupido” e il suo modo di stare al gioco» • «Mi piaceva ascoltare il Giro alla radio. Ho seguito Binda, Coppi e Bartali. Ma
mi sono fermato a Pantani» • Il Giro d’Italia 2008 gli ha dedicato una tappa, la Cefalù-Agrigento: sfollato con la madre a Serradifalco, nel 1943 percorse in bici 55
km per sfuggire ai bombardamenti alleati e raggiunse Porto Empedocle senza mai
forare (un piccolo miracolo considerato che l’asfalto non c’era e la strada era ricoperta di frammenti metallici).
Vizi Fumatore tra i più accaniti • Fino a pochi anni fa beveva una bottiglia di whisky a digiuno, senza restare
ubriaco: «Questo era il guaio, non perdevo né staffe né sentimenti» • «Adoro stirare». [acm]