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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CALASSO

Roberto Firenze 30 maggio 1941. Scrittore. Saggista. Editore. Presidente e
amministratore delegato dell’Adelphi. «La casa editrice come forma è una somma di oggetti cartacei che messi insieme possono anche essere
considerati come un unico libro». [abn]


Ultime Sta scrivendo un libro su Baudelaire. Alla fine del 2006 ha pubblicato un
saggio su Tiepolo (Il rosa Tiepolo, Adelphi). Segnaliamo anche il breve saggio-racconto sulla decadenza di lord
Brummel pubblicato in due puntate dal Corriere della Sera il 25 febbraio e il 1° marzo 2007 • Potente articolo demolitorio, sul Corriere della Sera del 7 aprile 2007, contro
il pregiudizio che considera realmente esistenti la «cultura di destra» e la «cultura di sinistra» («destra e sinistra sono categorie storiche agonizzanti e categorie del pensiero
inutilizzabili) o il «fronte progressista» («progressista è una parola che è ormai difficile pronunciare senza arrossire»). Un passaggio di questo articolo è dedicato alla Adelphi: «In trent’ anni - e in circa mille libri - una casa editrice disegna, che lo voglia o no,
un paesaggio mentale. In questo paesaggio, per Adelphi sono essenziali
Heidegger come Wittgenstein, Schmitt come Herzen, Guénon come Valéry, Benn come Marina Cvetaeva, Cioran come Kraus. è proprio la loro compresenza ad accendere quelle scintille che permettono di
capire un po’ di più. Il pubblico invisibile dei lettori italiani (pubblico eccellente, tengo a
ripeterlo) ha dato prova di capire tutto questo senza bisogno che la casa
editrice dovesse ricorrere a iniziative pedagogiche, che personalmente aborro. è stata l’ evidenza stessa a decidere. Se si vuol capire che cos’ è un simbolo, meglio leggere Guénon o Coomaraswamy che uno zelante semiologo o un baronale “pensatore debole” Se si vuol capire che cos’è il terrorismo, meglio leggere il
Trattato del ribelle di Jünger che andare a un convegno dell’ Istituto Gramsci» • Il 12 marzo 2008 ha ricevuto a Parigi la Legion d’onore. [abo]


Vita«Raffinato editore e mediocre scrittore, si è laureato con Mario Praz presentando una tesi sulla teoria ermetica del
geroglifico in Sir Thomas Browne, erudito e occultista secentesco. Infatuatosi
poi del filosofo Theodor W. Adorno, che ne apprezzò la solerzia bibliografica (“Ha letto tutti i miei libri e anche quelli che non ho avuto ancora il tempo di
scrivere” disse di quel ventenne incontrato nel salotto di Elena Croce), si riprese dalla
sbandata francofortese grazie a Bobi Bazlen, lettore onnivoro e fondatore dell’Adelphi, che gli spiegò come “l’io illuministico non andava salvato ma condotto a naufragio definitivo” e gli dischiuse le porte della cultura mitteleuropea che avrebbe segnato il suo
destino di editore eclettico e esoterico “estraneo sia al bigottismo della sinistra sia al buzzurrismo della destra”. Tocca la perfezione nelle quarte di copertina» (Pietrangelo Buttafuoco)
• Ha poi raccolto in volume e pubblicato nel 2003 queste quarte di copertina con
il titolo Cento lettere a uno sconosciuto: tutti i suoi scritti sono editi dalla stessa Adelphi, fatto che ha suscitato
qualche critica in passato • «Sono nato in mezzo ai libri. Mio padre, che era storico del diritto, lavorava
per lo più su testi stampati fra l’inizio del Cinquecento e la metà del Settecento. Molti erano i volumi in-folio. Impossibile non vederli. Anche
mio nonno Ernesto Codignola, che insegnava Filosofia all’Università di Firenze e fondò la casa editrice La Nuova Italia, aveva una biblioteca notevole, soprattutto di
storia e filosofia, oggi incorporata nella biblioteca della Scuola Normale di
Pisa»
• «Per vari anni ho preferito il leggere allo scrivere. Il primo testo che ho
pubblicato era un saggio su Adorno, il surrealismo e il mana. Apparve su
Paragone nel 1961. Avevo vent’anni» • Suo primo libro, L’impuro folle, del 1974: «Venne fuori di sorpresa, lo scrissi in due mesi con una sorta di febbre, mentre
stavo lavorando a una introduzione alle Memorie di un malato di nervi di Schreber. Successe che Schreber improvvisamente diventò personaggio di romanzo. Come se le sue allucinazioni proseguissero in altra
forma» • Sul lavoro di editore: «Luciano Foà aveva lasciato l’Einaudi e insieme a Roberto Olivetti aveva fondato questa nuova casa editrice,
il cui programma era in gran parte nella mente di Roberto Bazlen. Foà era amico di Bazlen, e voleva fare con lui certi libri che altrimenti non si
riuscivano a fare. Quanto a me, venni coinvolto nel 1962, quando il nome
Adelphi non era ancora stato trovato» • «Negli anni Cinquanta in Italia, paese di civiltà editoriale ottima ma gracile, per via del periodo fascista e della precedente
pochezza intellettuale, vi erano tre aggregazioni: quella marxista, quella
laico-liberale e quella cattolica. I marxisti, se erano intelligenti, leggevano
i libri Einaudi, o comunque Il contemporaneo. I laici-liberali leggevano Il
Mondo e i cattolici, tendenzialmente, leggevano assai poco. I democristiani
erano appagati dalla pura gestione del potere e avevano capito che la cosa più accorta era quella di lasciare la cultura alla sinistra. In questo quadro
Adelphi si affacciò come un corpo estraneo. Allora però i libri che a noi sembravano più importanti per tre quarti mancavano. Per quel che riguarda la letteratura, il
vuoto era enorme. Si era in un’epoca in cui perfino la categoria del fantastico suonava sospetta, non so se mi
spiego. Per questo facemmo subito
L’altra parte di Kubin e il Manoscritto trovato a Saragozza di Potocki. C’era solo l’imbarazzo della scelta» • «Ricordo che quando pubblicammo Karl Kraus, nel 1972, Erich Linder - uno dei
pochi che lo conoscevano - mi disse con il suo tono di sicurezza assoluta: “Ne venderete venti copie”. Non fu così, ma ci volle un po’ di tempo. Ricordo le 3000 copie con cui partimmo per la Cripta dei Cappuccini, di Joseph Roth. Era allora un ignoto, poi diventò la passione dei giovani dell’ultrasinistra. Già nel 1978, la prima tiratura del Profeta muto di Roth fu di 30 mila copie. Quanto a Siddharta, dilagò dopo l’edizione nella Piccola Biblioteca, che è del 1975» • «Il marketing, una disciplina che non abbiamo mai praticato. Ogni tanto ne
incontro un rappresentante e mi dice che ci considerano un esempio da imitare.
Ma non so bene a che cosa si riferisca...» • «Salvo nei primissimi mesi - non abbiamo mai avuto un grafico. Vizi e virtù son tutti nostri. E, se mai, di Aubrey Beardsley: l’impianto della Biblioteca riprende una gabbia ideata da lui. è vero comunque che, sin dall’inizio, Foà e io concordavamo nel dare molta importanza sia alla qualità delle traduzioni, sia all’aspetto fisico, tattile del libro» • «Dietro l’Adelphi c’è il progetto di una casa editrice come forma. è un punto che stabilisce una divisione netta nell’editoria. Kurt Wolff, la Insel, Gallimard, Einaudi, Suhrkamp sono applicazioni
ogni volta diverse di quell’idea...» • «Sono stato per anni malato di cinema. Ora, con rammarico, devo dire che lo sono
un po’ meno» • Tra le sue opere: La rovina di Kasch (1983); Le nozze di Cadmo e Armonia, la più importante, del 1988, a lungo in testa nella classifica dei libri più venduti; Ka (1996); K (2002) • Appassionato di fotografia (ha pubblicato un saggio su Chatwin fotografo) • Sposato con la scrittrice svizzera Fleur Jaeggy (niente figli) • Juventino. [abp]