FEDERICO CAPITONI , la Repubblica 6/7/2011, 6 luglio 2011
SCRIVERE LA CLASSICA NON È PIÙ SOLO DA UOMINI
Forse è un´eccezione, sicuramente smentisce il luogo comune che se si è giovani e per di più donne in Italia si sia condannati alla frustrazione: Silvia Colasanti, romana di 36 anni, è oggi la compositrice italiana vivente più eseguita, da noi e all´estero. Ha studiato nelle accademie più prestigiose, ha un cd in uscita e a un catalogo di composizioni già molto vasto aggiunge oggi Faust, tragedia con musica, in prima assoluta l´11 luglio a Siena per la Settimana Musicale Senese. Commissionata dall´Accademia Chigiana, di cui la Colasanti è stata allieva, è un´opera per ensemble e voce recitante basata sul Faust di Pessoa. L´attore Ferdinando Bruni è Faust, il soprano Laura Catrani rappresenta invece il lato passionale cui lui aspira: non è un personaggio, ma è il desiderio di Faust. Gli otto elementi dell´Icarus Ensemble saranno diretti da Gabriele Bonolis.
E Colasanti sta già lavorando a un´opera sulla "Metamorfosi" di Kafka, commissione per l´anno prossimo del Maggio Musicale Fiorentino. La prima, appunto, assegnata a una donna.
Perché fa la compositrice e non anche l´interprete?
«Ho iniziato con il pianoforte a sei anni e attorno ai tredici è scaturito l´interesse per la composizione. La mia pulsione era quella di riuscire a raccontare le cose attraverso i suoni e mi sembrava di avere più spazio attraverso la composizione; era un sogno diventare compositrice ma mi sembrava impossibile realizzarlo».
Esiste ancora una "questione femminile" in musica?
«Di sicuro il lavoro intellettuale della donna è sempre stato sottovalutato rispetto a quello maschile. Ma bisogna riconoscere che è un problema risolto nel secolo scorso. Sinceramente io non sento di aver subito discriminazioni maschiliste. Anche se i ruoli di potere sono affidati al mondo maschile, ma io non mi sono mai sentita penalizzata».
Lei scrive spesso pezzi ispirati da altre opere, magari della letteratura o della pittura…
«Io ho questa necessità come spunto creativo. L´idea di partire da una sensazione presa altrove mi stimola. C´è sempre l´esigenza di un racconto, ma non direi che la mia sia musica programmatica o didascalica. Spesso l´idea iniziale resta un pretesto perché poi la composizione prende tutt´altra direzione».
Ma perché anche nella musica contemporanea si fa così spesso riferimento a miti o storie classiche piuttosto che a spunti attuali?
«L´arte in genere ha sempre rinominato un mito o una storia, rileggendola con la chiave dell´oggi. Il Faust a cui faccio riferimento io è quello di Pessoa, che già di per sé è una rilettura del Faust goethiano. Quindi credo che sia giusto ritrattare dei temi non nuovi, purché se ne parli con un linguaggio contemporaneo. Non mi spaventa ripartire da un classico».
Perché la musica odierna fa fatica a parlare al pubblico?
«Oggi il dialogo con l´ascoltatore si cerca molto di più rispetto al passato. I problemi sono sempre gli stessi: la carenza di educazione musicale; e poi il fatto che la musica contemporanea non viene inserita a sufficienza nei programmi che prevedono il repertorio. Chi ha gli strumenti per capire Beethoven e Mozart ha anche quelli per capire la contemporanea. La musica va ascoltata, attivamente. La musica è un discorso. L´attenzione vale anche per la musica leggera. Non so quanti ascoltino davvero la musica leggera. Non è un problema di generi, ma di uso che se ne fa; se la musica è usato come sottofondo non la si capisce, che sia una canzone o una sinfonia».
Come sarà il suo Faust in musica?
«È un poema frammentario che Pessoa ha lasciato incompiuto: questo Faust non si salva come quello di Goethe. Il Faust di Pessoa non sa più cosa desiderare, la conoscenza non gli basta, o meglio non gli basta quella che può raggiungere per via razionale. Arriva a desiderare la morte, suicidandosi. È un Faust nichilista. Il testo lancia delle suggestioni emotive che sarà la musica a raccontare».
Come si riflette la nostra realtà in questo Faust?
«La lettura più aderente a noi è lo sbilanciamento verso la razionalità che può diventare superbia e non farci vedere l´aspetto emotivo. Il problema di oggi non è la conoscenza, è l´abbandono dell´aspetto emotivo. Del resto anche nella musica è così: se non si mantiene un legame costante tra emozione e pensiero si fallisce».