Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
BUSA Roberto Vicenza 28 novembre 1913. Gesuita. Fondatore della linguistica computazionale • «Il gesuita che è stato nel nostro Paese il pioniere dell’informatica linguistica; tra il 1974 e il 1980 ha pubblicato il monumentale Index Thomisticus (56 volumi oggi disponibili anche in cd); ha insegnato alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, all’Aloisianum di Gallarate e all’Università Cattolica di Milano» (Giulio Giorello) • «Figlio di un funzionario delle Ferrovie, sullo studio dell’archeologia delle parole ha costruito la sua missione terrena
BUSA Roberto Vicenza 28 novembre 1913. Gesuita. Fondatore della linguistica computazionale • «Il gesuita che è stato nel nostro Paese il pioniere dell’informatica linguistica; tra il 1974 e il 1980 ha pubblicato il monumentale Index Thomisticus (56 volumi oggi disponibili anche in cd); ha insegnato alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, all’Aloisianum di Gallarate e all’Università Cattolica di Milano» (Giulio Giorello) • «Figlio di un funzionario delle Ferrovie, sullo studio dell’archeologia delle parole ha costruito la sua missione terrena. Fu quel che si chiama un destino. Nel 1940 si trovava a Bordeaux, in attesa di un incarico come cappellano militare. Ma un padre provinciale gli disse: “Le piacerebbe fare il professore?”. Quelle parole furono la genesi di un’avventura che durò una vita. Fu spedito all’Università Gregoriana, con una libera docenza sulla filosofia di San Tommaso d’Aquino. Da quel momento iniziò ad immergersi nei nove milioni di parole che compongono l’opera del santo aquinate. Tuttavia, per continuare quel lavoro immane che produsse undici milioni di schede perforate, aveva bisogno di uno strumento che velocizzasse le operazioni di ricerca, collegamento e archiviazione, di una macchina che a quell’epoca era ancora in fase fetale. Nel 1949 fu ricevuto a New York dal grande capo dell’Ibm, Thomas John Watson, che non gli nascose il suo scetticismo. Quell’omone asciutto, dall’aspetto sereno, stava chiedendo al colosso americano dell’elettronica un cervellone per le sue ricerche filologiche. “Mister Watson — disse padre Busa — a lei sembra giusto dire che una cosa è impossibile, se non si è mai neanche provato a farla?”. Alla fine il magnate acconsentì, e la Ibm sborsò quattro milioni di dollari. Il risultato di quell’operazione fu l’opera più vasta della storia dell’editoria a stampa» (Roberto Faben). [aao]