Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
BONAMI
Francesco Firenze 1955. Critico d’arte. Direttore del Museo d’arte contemporanea di Chicago. Già direttore della Biennale • Studi di Architettura, un esordio da pittore senza particolari successi, decise
di dedicarsi alla carriera di curatore di mostre d’arte contemporanea. Nel 1987 si trasferì a New York, dove ben presto divenne corrispondente di Flash Art (la più importante rivista italiana del settore), scelta che all’inizio apparve rischiosa ma che si rivelò fortunata: sei anni dopo fu chiamato da Achille Bonito Oliva a curare una
sezione di Aperto, il settore della Biennale di Venezia dedicato agli emergenti. Presentò le opere di un gruppetto di giovani americani (Charles Ray, Matthew Barney,
Gabriel Orozco) che diventarono subito star internazionali, insieme alle
installazioni ironiche e dissacranti di Maurizio Cattelan. Dopo Aperto, gli americani gli riconobbero un fiuto da talent scout e lo chiamarono a
curare, per esempio, la Biennale di Santa Fé, poi lo nominarono curatore a Chicago (1998). Firenze gli offrì la direzione di Pitti Immagine Discovery, a Torino fu chiamato dalla
collezionista Patrizia Sandretto Re Rebaudengo per dirigere la sua fondazione.
Consacrazione nel 2001, quando curò alla Tate Modern di Londra la grande mostra storica dedicata al movimento dell’Arte Povera
• Scrive su Vanity Fair, mostrando notevoli capacità divulgative e una certa predilezione per le stroncature. Tra i libri, Lo potevo fare anch’io (Mondadori) • «Usa definizioni non sempre ironiche ma a volte becere degli artisti, e questo è spiacevole» (Arturo Carlo Quintavalle) • Grande rivalità con Vittorio Sgarbi: «I due si amano un po’ meno di Bin Laden e Bush» (Alberto Mattioli) • Forti polemiche per Italics, aperta a Venezia il 27 settembre e dedicata all’arte italiana dal 1968 in poi. Contestatissima la scelta di esporre (cioè di considerare “artisti”) Annigoni, Guttuso, Clerici, Ferroni, Baj, pittori che non appartengono né alla Transavanguardia né all’Arte povera. Bonito Oliva (prima di aver visto la mostra): «Bonami è un servo del potere, che sparecchia come un cameriere». Mimmo Paladino (idem): «Bonami è un pittore mancato». Bonami: «Bonito Oliva e Celant sono il Psi e la Dc dell’arte italiana». Kounellis, saputo che Bonami avrebbe esposto le sue
Scarpette d’oro, annunciò ricorso in tribunale.