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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

BIDOGNETTI

Francesco Casal di Principe (Caserta) 29 gennaio 1951. Camorrista. Capo, insieme a
Francesco Schiavone, della confederazione dei casalesi (da Casal di Principe),
che unisce tutte le famiglie camorristiche del Casertano (“autonomia federativa”). Arrestato il 20 dicembre 1993, è detenuto nel carcere dell’Aquila. Dal gennaio 1994 al 41 bis. Secondo i giudici è ancora «capo carismatico» del clan di appartenenza e continua ad arricchirsi con i proventi delle attività illecite gestite dall’associazione criminale
• Il soprannome, Cicciotto ’e Mezzanotte, suona come una minaccia contro il prossimo (che provando a intralciare un suo
affare, vedrebbe calare su di sé la mezzanotte). Secondo un’altra interpretazione fu soprannominato così già da ragazzo «perché iniziò la scalata del clan proteggendo le puttane» (Roberto Saviano) • Condannato all’ergastolo il 15 settembre 2005, primo grado del processo “Spartacus” (associazione camorristica e delitti collegati: il processo riguardava 17
omicidi e inflisse 21 ergastoli). Sentenza confermata al processo d’appello il 19 giugno 2008. Continuano a notificargli ordini di custodia in
carcere: il 27 marzo 2003 per l’omicidio di Francesco Picca (Aversa 6 agosto 1992, ergastolo in primo grado); il
22 dicembre 2004 (triplice omicidio di Domenico Tambaro, Vincenzo Mauriello e
Vincenzo Ranucci, Villaricca 5 novembre 1990); il 6 giugno 2005 (omicidio di
Vitale Salvatore, Giugliano giugno 1989); il 3 marzo 2006 (estorsione e
associazione camorristica); il 27 giugno 2006 (omicidio di Nicola Alemanni, il
cui corpo venne trovato carbonizzato nel bagagliaio di una vettura nel 1993,
Bidognetti sarebbe il mandante; tentato omicidio dell’avvocato Delio Iorio); il 5 dicembre 2006 (omicidio di Raffaele Pezone, detto
Lellucce Manomozza, che rubava nella zona di Parete senza il permesso dei casalesi, 2 settembre
93); il 26 marzo 2007 (smaltimento illegale di rifiuti tossici) • Compare nel primo rapporto dei carabinieri dell’82 con l’elenco degli affiliati alla Nuova Famiglia (il cartello criminale fondato per
contrastare la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo), come gregario di
Antonio Bardellino. Ma quando Francesco Schiavone detto “Sandokan” fa fuori, con un abile doppiogioco, Bardellino (scatenando una faida interna
alla confederazione con Vincenzo De Falco), si mette dalla sua parte. Il 13
dicembre 1990, nella riunione convocata da Sandokan per eliminare il De Falco
(assente quest’ultimo che ha fiutato l’imboscata), irrompono invece i carabinieri. Sandokan e Bidognetti sono arrestati
con l’accusa di detenzione di armi e associazione camorristica, ma la Prima sezione
penale della Cassazione presieduta da Carnevale annulla il provvedimento di
carcerazione in ordine all’accusa di associazione camorristica, e nel 1992 la Corte d’Appello assolve entrambi anche per l’imputazione residua (dando credito ai gregari presenti alla riunione che si sono
accollati la responsabilità della detenzione delle armi, scagionando i capi)
• Vedovo di Teresa Tamburrino, morta di cancro (il medico condotto di Parete,
Gennaro Falco, che non diagnosticò in tempo il male, fu ucciso nel suo studio nel 1993, dell’omicidio anni dopo fu accusato il figlio Raffaele, allora diciassettenne), per
anni ebbe per amante Anna Barra, di professione prostituta (ora anche lei
detenuta e diventata collaboratrice di giustizia). I due ex amanti hanno un
processo in atto con l’accusa di concorso nell’omicidio di Genovese Pagliuca (commesso in Teverola il 19 gennaio 1995),
fidanzato di Marianna D’Auria (che al tempo lavorava come parrucchiera e bambinaia al servizio della
Barra). Secondo le accuse (fondate sulle dichiarazioni di alcuni pentiti), la
Barra si era innamorata della D’Auria, e per punire il suo rifiuto la fece sequestrare dai fratelli, che la
violentarono per tredici giorni. Dicendosi infastidita dal Pagliuca, che invece
andava disperato alla ricerca della fidanzata, convinse il Bidognetti a farlo
fuori, accusandolo di essere affiliato del clan rivale dei Picca. I due ex
amanti sono coimputati anche di un altro omicidio, vittima Salvatore Coronella
(ucciso in Teverola il 16 giugno 1990). In realtà la vittima designata era Fedele Giuseppe, ex carabiniere o poliziotto, gestore
di una videoteca, anche lui colpevole di avere rifiutato le
avances della Barra, che invece raccontò al Bidognetti il contrario, cioè di essere stata molestata da lui. Il Bidognetti ordinò la sua uccisione, non prima di avere eseguito lui stesso un sopralluogo nel
negozio. Ma i due sicari incaricati di ucciderlo, Salvatore Cantiello e
Francesco Biondino, entrati nel negozio, spararono alla prima persona capitata
a tiro, il Salvatore Coronella, dipendente del negozio, che stava dietro il
bancone (al processo è emerso anche che, violando i piani, il Biondino, che aveva problemi di vista,
entrò in negozio, quando avrebbe dovuto limitarsi ad aspettare fuori il complice)
• Con Anna Carrino invece, Bidognetti aveva fatto sul serio (la considerava la
madre dei suoi tre figli), e lei, devota, andava a trovarlo in carcere e poi
portava i suoi messaggi ai boss liberi o latitanti. Finché non ha deciso di cambiare vita, abbandonando i figli che non l’hanno voluta seguire. Partita di nascosto in fuga da Casal di Principe, il 20
novembre del 2007 è stata arrestata a Roma dalla Dia, ed è diventata collaboratrice di giustizia
• Il 19 settembre 2007 è stato arrestato il figlio Raffaele Bidognetti, al culmine di un’inchiesta partita dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia sulle
attività illecite gestite dai Casalesi (estorsione a commercianti e imprenditori,
traffico di stupefacenti, contrabbando di sigarette, racket della
prostituzione) • Il cugino, Domenico Bidognetti, detto “Bruttaccione”, detenuto nel carcere di Parma, al 41 bis dal febbraio 2000, nel settembre 2007
ha deciso di pentirsi (arrestato nel maggio 1999, «da quel momento», disse a Sergio D’Elia e Maurizio Turco in visita in carcere, «non ho capito più niente, mi hanno notificato tanti di quei mandati, che il Riesame di Napoli si è stancato di raccoglierli») • Il 17 aprile 2008 è stato arrestato anche suo figlio Aniello (insieme ad altre decine di Casalesi),
grazie alle dichiarazioni di Anna Carrino, che poi è andata in tv a farsi intervistare e a dire al suo ex compagno pentiti. Per
risposta due sgherri la notte del 31 maggio successivo sono andati a casa della
madre della Carrino fingendosi agenti della Dia, e una volta entrati hanno
sparato alla prima persona capitata sotto tiro, una nipote, Francesca, di anni
25, sopravvissuta per miracolo
• Il 2 maggio 2008 gli uccisero il padre, Umberto. Mandante, secondo le indagini
in corso al momento in cui consegniamo questo libro, Giuseppe Setola (vedi),
capo del gruppo di fuoco fino ad allora alle dipendenze di Cicciotto ‘e mezzanotte, che intese così mettersi in proprio trascinandosi dietro i killer che consumarono la strage di
Castelvolturno (18 settembre 2008, un italiano e sei extracomunitari trucidati
a colpi di kalashnikov). [Paola Bellone]