Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
BERTOLUCCI
Bernardo Parma 16 marzo 1941. Regista. «Io spero sempre che i miei film non vengano compresi fino in fondo».
Ultime Dal 19 febbraio 2008 ha una “stella d’oro” sul marciapiede delle star, la Walk of Fame dell’Hollywood Boulevard di Los Angeles davanti al Chinese Theatre, premio che fu
assegnato, tra gli italiani, a Rodolfo Valentino, Anna Magnani, Arturo
Toscanini, Enrico Caruso, Sofia Loren • Nel 2007 fu premiato a Venezia con un super Leone d’oro («non è alla carriera, odora di prepensionamento, ma per il 75° compleanno della Mostra») • Ha preso parte a The Puppeteers di Chris Borgnine (figlio di Ernest), dedicato ai burattinai della famiglia
Ferrari. [sw]
Vita Figlio del poeta Attilio e di Ninetta Giovanardi, nata in Australia da mamma
irlandese e padre ingegnere parmigiano costretto ad emigrare (era la fine dell’Ottocento) per ragioni politiche. Fratello del regista Giuseppe. «Ha vissuto fino a 12 anni in campagna, in una casa che “da quando è morto mio padre non ho più il coraggio di rivedere”. Arrivato a Roma, nuovi amici, nuovo quartiere borghese — Monteverde vecchio —, nuova casa al quinto piano in via Carini. “I miei genitori hanno costruito un incantesimo, nel quale mi sento tuttora
immerso. Anche per questo, forse, non sono mai diventato padre”. Il rito di iniziazione alla regia ha luogo proprio in via Carini. è domenica pomeriggio, alle tre, ora del riposo. “Avevo quattordici anni, vado ad aprire, vedo un giovane vestito a festa, con un
ciuffo strano. Chiedo: cosa vuole? E lui: cerco Attilio Bertolucci, sono Pier
Paolo Pasolini. Mi spavento, gli dico di aspettare, lo lascio fuori, chiudo il
portone. Vado da mio padre e gli racconto: c’è un tipo strano, ho paura che sia un ladro. E papà: ma no, è un poeta, fallo entrare”. Pier Paolo porta sua madre Susanna ad abitare al primo piano di via Carini e
Bernardo — da giovanissimo aspirante poeta — scende le scale di corsa per far leggere le sue creazioni all’amico più grande» (Barbara Palombelli)
• «Quando avevo 17 anni, sempre sul portone di via Carini, un giorno Pier Paolo mi
chiede: vuoi fare il mio aiuto-regista in Accattone? Io ribatto: ma non lo so fare, e lui a me: nemmeno io. In quel periodo, ho
assistito all’invenzione del cinema, giorno per giorno, una scuola unica» • Debuttò nella regia con La commare secca (1962). Poi: Prima della rivoluzione (1964); Partner (1968); Strategia del ragno (1970); Il conformista (1970); Ultimo tango a Parigi (1972, il film di maggior successo assoluto nella storia del cinema italiano
con circa 14 milioni di spettatori, compresi quelli della riedizione Titanus
dell’87. Fece epoca soprattutto la scena in cui Marlon Brando, per favorire una
penetrazione anale, ricorre all’aiuto del burro); Novecento (Atto I e II, 1976); La luna (1979); La tragedia di un uomo ridicolo (1981); L’ultimo imperatore (1987, vincitore di nove Oscar); Il tè nel deserto (1990); Piccolo Buddha (1993); Io ballo da sola (1996); L’assedio (1998); The dreamers (2003). [sx]
Il padre fu uno dei primi critici cinematografici italiani. «Mi ricordo che, doveva essere il 1949 o il 1950, andava a vedere quei film
americani di guerra. Poi tornava a casa e faceva una cosa incredibile.
Telefonava al giornale. Si faceva passare lo stenografo e dettava tutta la sua
recensione al telefono, senza esitazioni. Senza averla scritta prima. Dopo se
la faceva rileggere e cambiava al massimo due parole» • Quindicenne, con una 16 mm presa in prestito, girò i suoi primi cortometraggi: La teleferica, storia di tre bambini che si perdono nella foresta, e Morte di un maiale, unico piano sequenza all’interno di un mattatoio • A 21 anni vinse il Viareggio opera prima con una raccolta di toccanti liriche
intitolata In cerca del mistero. Poi si decise per il cinema • «Eravamo all’inizio degli anni Sessanta. Con Glauber Rocha avevamo deciso di chiamare i
nostri film “i miura”. I miura sono una razza di tori dalla pelle durissima. Non solo la spada del
torero non riusciva a entrare nella cervice. Ma si diceva che neppure una
zanzara poteva entrargli nel buco del culo. Nelle sale dove davano i nostri
film nessuno entrava. Nessuno andava a vedere i nostri miura. Poi ho avuto un
senso di soffocamento. E mi sono detto: “Voglio sentire il pubblico”. Voglio che la gente entri a vedere i miei film. E nel 1970 mi sono ritrovato a
fare
Strategia del ragno. E poi Il conformista, sentendomi un po’ come un traditore dei princìpi che fino a quel momento mi avevano formato. Era il passaggio dalla pura
espressione alla comunicazione» • «è come se il mestiere di cineasta appartenesse a un’altra epoca come i lavori che scompaiono, tipo il sellaio. Credo che il
lungometraggio, la forma film, abbia imboccato una strada di inesorabile
declino, un po’ come quello che è successo con l’opera lirica» • «A un certo punto è avvenuto in me un grande cambiamento. Mi è sembrato che i film che noi andiamo a guardare invece guardino noi» • è sposato con l’inglese Claire Peploe, regista e sceneggiatrice. [sy]
Critica «Il suo è un cinema sotto la costellazione Marx-Freud-Verdi. Ama gli attori e sa
sceglierli. Ama le scene di ballo e pochi come lui sanno far danzare la
cinepresa su un dolly. Sa coniugare Proust al culatello, Hopper e Magritte al
melodramma di Giuseppe Verdi. Bertolucci è un regista creolo» (Morando Morandini) • «Ho capito che non riuscirò mai a eguagliarlo, perché viene da una cultura diversa dalla mia, suo padre è un poeta e lui stesso ha pubblicato delle poesie, è stato allevato con una coscienza politica, al contrario di me, che sono
cresciuto in una casa dove non c’erano libri...» (Martin Scorsese).
Politica «Prima proiezione del mio Novecento, un film in cui raccontavo una saga familiare a partire dalla nascita del
comunismo in Emilia Romagna. Eravamo nel 1976, in pieno compromesso storico e
mi sembrava di dover celebrare un rito, pensavo di rendere omaggio alla storia
del Pci. Paese Sera, quotidiano comunista romano, organizzò un dibattito con lo storico Paolo Spriano e Giancarlo Pajetta. Alla fine del
primo tempo, Pajetta, entusiasta, mi abbracciò. Poi, vedendo le immagini della Liberazione, in cui mostravo anche le vendette
private, i processi popolari contro i fascisti, si alzò furioso e se ne andò gridando: mi rifiuto di partecipare. Giorgio Amendola disse che il film era
bruttissimo. La Fgci di Walter Veltroni, invece, mi appoggiò. Da allora, la mia tessera del Pci, presa nel 1969 contro l’estremismo filocinese dell’estrema sinistra, proprio nel momento in cui ci fu la rottura del partito con il
gruppo del Manifesto, si è andata via via scolorendo... Alla metà degli anni Ottanta ho smesso di rinnovarla, non ero un militante, ho iniziato a
vivere più all’estero che qui. Oggi, mi pare di non avere più trasporto politico per nessuno: salverei proprio soltanto Veltroni, perché è capace di guardare al futuro senza dimenticare le radici in cui tutti amiamo
riconoscerci».
Vizi «Sono ateo, grazie a Dio. Come diceva Bu uel». [sz]