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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

BERNABÈ

Franco Vipiteno (Bolzano) 18 settembre 1948. Manager. Amministratore delegato di
Telecom, dal 3 dicembre 2007 e già nel 1998-1999 («ho fatto l’ad solo per due settimane, i sette mesi successivi li ho passati a difendermi
dall’Opa», su cui vedi COLANINNO Roberto). Presidente di FB Group, consigliere
Petrochina. Ex amministratore delegato dell’Eni (1992-1998), ex capo della Biennale di Venezia (2002-2003), ex
vicepresidente di Rothschild Europe (dimissioni al ritorno in Telecom) ecc.
• Infanzia a Innsbruck. «Il padre, ferroviere, quando i figli erano alle medie decise che dovevano
crescere in una grande città italiana, che offrisse buone scuole e buoni stimoli culturali. Scelse Torino. E
di Torino Franco si innamorò. L’università con Norberto Bobbio e Franco Reviglio. La Fondazione Einaudi. E poi, dopo un
passaggio all’Ocse, la Fiat» (Raffaella Polato). Reviglio lo portò all’Eni in quel gruppo di giovani brillanti poi chiamati “Reviglio boys”, tra i tanti Giulio Tremonti, Domenico Siniscalco, Alberto Meomartini
• Giuseppe Turani: «Ufficialmente capo della programmazione, aveva dato una mano non piccola all’ex ministro delle Finanze a riportare l’Eni ai compiti originari. Fatto fuori quasi tutto quello che non era petrolio o
gas, rimaneva la chimica (fonte di grandi finanziamenti ai partiti). E a quel
punto Reviglio era stato sostituito da Gabriele Cagliari, un tecnico che
arrivava dall’interno della società. Nel 1992 il presidente del Consiglio, Giuliano Amato, fa una mossa semplice
che ha cambiato la storia d’Italia: trasforma tutti gli enti pubblici in Spa. All’inizio sembra una bizzarria senza senso. “Vedi — mi spiegherà più tardi lo stesso Amato — l’operazione è elementare: in questo modo metto questi enti sotto il codice civile. Basta con
i regimi speciali e i pasticci. Per loro varrà il codice civile, come per tutte le altre società italiane”. Franco Bernabè, che allora era direttore generale, si trova di colpo a fare l’amministratore delegato. Sotto e sopra di lui è andata avanti per mesi la guerra chimica (scontro Cagliari/Raul Gardini, poi
morti entrambi suicidi), che ha in parte distrutto il gran lavoro di Reviglio.
Quando Bernabè assume i poteri non ha un attimo di esitazione. Porta dai magistrati tutte le
carte della società, ma, soprattutto, chiede e ottiene le dimissioni di tutti, nessuno escluso, i
consigli di amministrazione del gruppo Eni. In 60 giorni cambia ben 250
consiglieri. Me lo ricordo ancora, seduto davanti alla mia scrivania, con in
mano il suo notebook, a illustrarmi i grafici dove l’Eni perdeva e dove guadagnava. “è un’azienda fantastica, solo che è piena di roba che non c’entra niente con il suo mestiere. Roba che non sappiamo nemmeno fare” (l’Eni di quegli anni coltivava persino orchidee sul Monte Amiata). E infatti in
pochi mesi chiude o vende ben 73 “business” societari e lascia a casa 15mila dipendenti. Da quel momento l’Eni inizia una rinascita virtuosa che non si è ancora interrotta e che ne ha fatto una delle aziende più ricche e profittevoli del paese. Un caso studiato a Harvard. Nel 1998 cambio di
scena. Bernabè viene spedito alla Telecom. L’azienda privatizzata da poco è finita nelle mani del cosiddetto “nocciolino” duro. Un gruppo di imprese private che ha in mano una quota piccolissima della
società ed è guidato dagli Agnelli»
• Si difese dall’Opa di Colaninno e Gnutti tentando un’alleanza con Deutsche Telekom, poi progettando l’incorporazione di Tim, che avrebbe reso il boccone molto più grosso. Respinse l’idea di rilanciare a 15 l’offerta a 11,5 degli scalatori, perché «questo avrebbe lasciato il gruppo con una zavorra che l’avrebbe affondato» (Barbara Corrao). [rp]


«Convitato di pietra che viene evocato quando c’è qualche poltrona importante da occupare» (Paolo Madron), lasciata Telecom cominciò «una traversata, non proprio nel deserto, ma fuori da incarichi di gran potere.
[...] Ha fatto del lavorar sodo la propria filosofia, all’Eni lo ricordano ancora entrare alle prime ore del mattino per chiudersi nel suo
ufficio fino a notte fonda. Uno come lui non sta certo con le mani in mano. Il
colpo migliore gli riesce con Rothschild dove nel 2004 fa confluire la sua
società di advisory finanziario ottenendo la carica di vicepresidente per l’Europa. Gran networker dietro l’atteggiamento schivo e l’aria da ragazzo timido che non lo ha mai abbandonato, lo troviamo dovunque ci
sia da acquisire relazioni e influenza, dal Council on Foreign Relations alla
sua filiazione Trilateral, dall’Aspen alle mitiche riunioni del Bilderberg dove si incontra il governo mondiale,
secondo le popolari teorie cospirative. Non può mancare la Cina del boom, infatti Bernabè entra nel consiglio (con ruolo non esecutivo) anche di Petrochina il colosso
energetico più capitalizzato del mondo. Insomma, la risalita ai vertici è stata ben preparata. Pur apprezzato nel centrodestra variante tecnocratica, le
simpatie maggiori vengono dal centrosinistra (e viceversa)» (Stefano Cingolani)
• «La sua proverbiale sicurezza, quella di chi è certo di avere calcolato tutto. Un’arte appresa all’Ocse, a Parigi, a metà degli anni Settanta: “è lì che ho imparato ad analizzare i problemi, a entrare nei dettagli, a
razionalizzare questioni complesse”» (Angelo Pergolini) • Chiamato infine a guidare la nuova Telecom da Generali, Mediobanca, Intesa e
Benetton, azionisti di maggioranza col 58% di Telco (su questo vedi la storia
della vendita alla voce TRONCHETTI PROVERA Marco). La sua relazione del 7 marzo
2008, in cui annunciava un dividendo di appena 8 centesimi, tagli di 1,2
miliardi a livello di gruppo, investimenti di 15 miliardi nel triennio, un
futuro «senza fuochi d’artificio», venne giudicata deludente dal mercato. Le vendite, cominciate subito,
depressero il titolo fino a 1,2 euro. Telco ne approfittò per portare la propria partecipazione dal 23,6 al 24,5 (acquisto di 150 milioni
di azioni, che migliorarono leggermente il prezzo di carico a 2,8). Mucchetti: «La Telecom Italia di oggi è un po’ meno attraente di quella del 1998, non foss’altro perché ha 37 miliardi di debiti contro 8, ed è dunque più complicato conquistarla finanziandosi con le banche scaricando poi il debito
sulla preda come fecero prima la Olivetti e poi la Pirelli»
• «Saranno 5 mila, su 83 mila totali, i dipendenti che lasceranno Telecom entro il
2010 [...] La manovra sul personale produrrà a regime 300 milioni di risparmi a fronte di 250 milioni di euro di costi, che
andranno ad aggiungersi ai 100 milioni già stanziati, e servirà a raggiungere l’obiettivo del 40% di riduzione dei costi indicato da Bernabè. Ma anche ad accompagnare la riorganizzazione che nell’immediato vedrà la nascita di una nuova direzione, Domestic Market Operations, affidata a Oscar
Cicchetti che è anche responsabile delle attività internazionali» (Federico De Rosa). Assieme a Cicchetti arrivano anche Paolo Ferrari, Federica
Moroni, Luca Tomassini, tutti manager vicini a Bernabè
• Grande passione per l’arte moderna, dal 2004 è il direttore del Museo di arte moderna e contemporanea di Trento • Sposato con Grazia Curtetto, due figli (Marco è consigliere di amministrazione di Kelyan e Netscalibur). [rq]