Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
BENETTON
Una delle più potenti famiglie italiane. «Nella classifica delle dinastie che hanno accumulato più di 100 incarichi nei consigli d’amministrazione italiani primeggia Benetton, con 125» (Orazio Carabini). [ph]
Ultime Antonio Di Pietro, nella sua qualità di ministro delle Infrastrutture (governo Prodi II), ha impedito che la società Autostrade, di proprietà della Famiglia e titolare della concessione pubblica per la gestione della rete
Anas, si fondesse con l’omologa spagnola Abertis. Secondo Di Pietro, i Benetton s’erano limitati ad aumentare le tariffe, incassare i dividendi e non fare gli
investimenti previsti dal contratto di concessione. La Famiglia è ricorsa all’Unione Europea, che tendenzialmente ha dato torto al governo italiano e più volte minacciato una procedura d’infrazione, giudicando l’azione del ministro lesiva della concorrenza
• «[...] malgrado l’impasse su Autostrade-Abertis archiviano il 2006 con oltre 300 milioni di
profitti» (Livini) • Nel febbraio 2007 Luciano Benetton, in un’intervista a Marco Ferrante, ha valutato il gruppo 8 miliardi di euro • Il contrasto col governo Prodi sulla fusione Autostrade-Abertis, verificatosi
nella seconda parte del 2006, ha poi determinato l’atteggiamento assai prudente della Famiglia nelle vicende successive. In
particolare nel caso Telecom. I Benetton detenevano la quota di minoranza di
Olimpia e hanno operato in modo da creare il minor numero di fastidi:
disponibili nel momento in cui pareva che il governo volesse formare una
cordata contro gli spagnoli (con Intesa, Generali e Mediobanca), hanno poi
venduto senza far storie insieme con Tronchetti e investito 400 degli 800
milioni incassati per entrare nella cordata acquirente (possiedono, attraverso
la società Sintonia, l’8,2% della Telco. Sulla vicenda Telecom vedi comunque TRONCHETTI PROVERA Marco)
• In occasione delle elezioni politiche dell’aprile 2006 hanno dato 150 mila euro a ciascuno dei quattro partiti della CdL
(Forza Italia, An, Lega e Udc) e dei tre dell’Ulivo (Ds, Margherita, Comitato Prodi), 50 mila euro all’Udeur e 20 mila euro all’Italia dei Valori, che poi Di Pietro, all’esplodere del caso Autostrade-Abertis, ha restituito. Non ci sono notizie sui
finanziamenti relativi alla campagna elettorale 2008 • Lo smacco in Autostrade è stato ampiamente compensato dai formidabili risultati ottenuti con Autogrill, l’azienda nata «per assistere il viaggiatore lungo le autostrade» (Bertone) che Edizione Holding comprò nel 1995 dall’Iri e che nel 2006 ha fatturato più di 4 miliardi di euro (7 euro al momento dell’acquisto, una ventina adesso). Più di cinquanta marchi in gestione, bandierine piantate in quattro continenti.
Dopo aver piazzato i suoi punti ristoro in quindici tra i venti aeroporti più trafficati del mondo (gli aeroporti, con 2.300 milioni nel 2007, rappresentano
da soli la metà di tutto il fatturato), dopo essere sbarcata sul mercato inglese con l’Opa su Alpha (aprile 2007), Autogrill è diventata leader mondiale del duty free grazie all’acquisto per 711 milioni della britannica World Duty Free e del restante 49,9%
della spagnola Aldeasa, partecipata fin dal 2005 (10 marzo 2008)
• I Benetton sono entrati nel capitale Rcs (la casa editrice del Corriere della
Sera), comprando da Banca Popolare Italiana un 5% dal pacchetto Ricucci. Non
sono però nel patto di sindacato, che il 14 marzo 2008 è stato rinnovato fino al 2011 senza di loro • Sono anche entrati nel capitale di Mediobanca rilevando (con Ragione) un 2,17%
della quota ceduta da Unicredit-Capitalia dopo la fusione (vedi PROFUMO
Alessandro e GERONZI Cesare) • I contrasti con Caltagirone successivi alla vendita del Gazzettino di Venezia
(luglio 2006) sono stati appianati con la cooptazione di Gianni Mion nel cda
del giornale • Da ottobre 2007 sono in Adr, la società che gestisce i servizi aeroportuali a Fiumicino • Investendo nella riforestazione di alcune varietà di alberi e donando 7.500 ettari alle comunità rurali indigene hanno fronteggiato le forti critiche degli indigeni Mapuche e
del movimento ambientalista argentino (in Argentina, grazie al possesso di
terre per 10 mila chilometri quadrati, un’estensione corrispondente a quella dell’Abruzzo, sono al primo posto nella classifica dei proprietari stranieri) • Sulle voci relative ai contrasti in Famiglia, vedi più avanti alle voci ALESSANDRO e GILBERTO. [pi]
Storia Nel 1937 il padre aveva un negozio di autonoleggio molto ben avviato, che lasciò per seguire Mussolini in Africa. L’idea era di tentare un’impresa commerciale di nuovo tipo. Ma prese la malaria e, nel 1945, morì. La Famiglia stava comunque già molto bene finanziariamente. Luciano: «Nostro padre ci aveva lasciato anche dei beni immobili. Io avevo dieci anni e ho
continuato ad avere la cameriera per almeno tre o quattro anni. Poi, certo,
tutto è stato più difficile. La scuola lasciata, il precoce lavoro di commesso...»
• Luciano faceva il commesso, Giuliana lavorava la maglia per un negozietto «e un giorno mi regala questo maglione giallo. Beh, tutti lo volevano
disperatamente, stanchi dei colori necrofili dell’epoca. Ma nessuno, a parte me, ce l’aveva. Allora ho detto: dai proviamo, tu fai e io vendo. Abbiamo comprato una
vecchia macchina che faceva le righe alle calze a rete, la vendevano al peso
del ferro, e l’abbiamo trasformata. Da lì non ci ha più fermato nessuno. Il mio primo negozio l’ho aperto in un vicolo cieco di Belluno con un idealista rivoluzionario di nome
Marchiorello. Era un bugigattolo spartano targato ancora My Market, il nostro
primo marchio. Vendevamo solo maglioni dai colori sparati. Erano le tinte di
Kandinsky e di Klee. Successo pieno. L’anno dopo aprivamo a Cortina, che per noi era come il Lido. I colori erano il
nostro tatuaggio. Lì abbiamo avuto una delle intuizioni guida. Vendevamo alle signore impellicciate
e ai ragazzi allo stesso prezzo: 3.900 lire. Dunque il mercato dei giovani e
quello degli adulti si era finalmente sovrapposto» (Luciano)
• L’idea vincente è la lavorazione affidata a terzi: «La differenza della loro fabbrica di maglie da altre simili, frequenti nel
territorio, era data dalla capacità di distribuire il lavoro a domicilio a migliaia di famiglie e di controllarlo e
organizzarlo con tutti gli strumenti della modernità di allora» (Guglielmo Ragozzino). [pj]
Luciano: «Fino al 1978 abbiamo fatto poca pubblicità. Il nostro problema era un altro: non riuscivamo a soddisfare il mercato. La
nostra crescita era così forte che ci mancava la capacità produttiva. Oliviero Toscani è arrivato nel 1982 e il suo apporto è stato importantissimo. Ma anche la Formula Uno ha dato valore aggiunto a un
prodotto che andava per conto proprio. In realtà la pubblicità ci ha reso unici aiutandoci ad esprimere emozioni, a comunicare il nostro
mondo. La pubblicità ha contribuito a costruire la nostra identità nella mente della gente. Lo stesso discorso vale per la Formula Uno. Abbiamo
vinto tre campionati del mondo (
avevano messo alla guida di questa attività Flavio Briatore - ndr) e abbiamo avuto un’esposizione mediatica molto alta per tanti anni. Per noi la comunicazione è sempre stata un prodotto dell’azienda, un modo per trasmettere la cultura di tutta l’impresa. E questo spiega perché abbiamo fondato Fabrica, il nostro laboratorio di ricerca sui nuovi linguaggi
della comunicazione, che consideriamo un avamposto di ricerca» • «Nel 1986 l’attuale Benetton Group, società a cui fa capo il settore abbigliamento, viene quotata in Borsa. A partire dagli
anni Ottanta la Famiglia comincia una radicale diversificazione dei propri
affari. Conosce alterne fortune nella finanza e negli articoli sportivi
(Nordica, Prince, Asolo, Kästle, Rollerblade) ma assume un ruolo da protagonista nella ricca partita delle
privatizzazioni. Lo strumento di questa campagna d’espansione è la Edizione Holding, capogruppo non quotata che, a sua volta, possiede il 70
per cento di Benetton Group. Nel 1995, con Leonardo Del Vecchio e la Mövenpick Holding, comprano, in parte dall’Iri e in parte attraverso un’Opa in Borsa, il 60 per cento della Sme per 1.456 miliardi di lire. Le attività dell’ex società pubblica vengono separate e ai Benetton resta la catena Autogrill, quotata in
Borsa ma controllata da Edizione al 56 per cento. Nel marzo 2000 acquistano,
assieme ad
altri soci di minoranza, il 30 per cento di Autostrade, con un investimento di 2
mila 900 miliardi di lire. L’azienda si rivela una gallina dalle uova d’oro e nel novembre 2002 i Benetton stringono la presa, annunciando un’Opa sulle quote che ancora non controllano. Il valore dell’offerta, tutta finanziata a debito, è di 8 miliardi di euro. Gli interessi del gruppo spaziano dagli immobili (Beni
Stabili) all’editoria (il Gazzettino, poi ceduto a Caltagirone - ndr), dalle stazioni ferroviarie alle compagnie aeree (Alpi Eagles). Ma l’operazione più clamorosa è del luglio 2001, quando, in cordata con Pirelli, Banca Intesa e Unicredito,
Edizione acquista il pacchetto di riferimento di Olivetti, società che a cascata controlla Telecom Italia, Tim e Seat Pagine Gialle. L’investimento è di 6 mila 557 milioni di euro. I titoli Olivetti vengono acquistati a prezzi
molto più elevati delle quotazioni di Borsa e gli oneri finanziari sui debiti assorbono
tutti i ricchi utili del gruppo Telecom» (Luca Piana)
• «Un successo inimmaginabile, 5.000 negozi in 120 paesi (o per lo meno 5.000
negozi con la loro insegna) e la produzione annuale di 120 milioni di capi.
Benetton è il più noto nome dell’industria italiana nel mondo. Oggi l’abbigliamento con tutto il carico delle campagne pubblicitarie, spesso molto
famose e discusse, è una delle cinque sezioni di un capitale molto distribuito. C’è, molto importante, il settore della ristorazione veloce, contrassegnata da
Autogrill che a sua volta capeggia una serie di altri gruppi e società. C’è poi il settore dei servizi con le Autostrade, le Grandi stazioni, le
infrastrutture, e il sistema o la piramide Telecom. Ci sono infine il settore
immobiliare con Maccarese in Italia e un pezzo rilevante di Argentina in
Argentina. E ultimo, ma non minore, il settore degli sport: pallacanestro,
pallavolo, rugby» (Ragozzino)
• «Noi abbiamo lavorato molto e abbiamo guadagnato, a un certo punto abbiamo
cominciato a reinvestire una parte dei nostri utili in altri settori, ma senza
penalizzare il core-business, l’abbigliamento. Tanto che Benetton group, l’azienda manifatturiera, è molto capitalizzata e ha pochissimi debiti. Naturalmente è cambiato il peso dell’abbigliamento sul nostro conto economico. Considerando l’aggregato delle nostre attività, escluse le partecipazioni finanziarie, l’abbigliamento pesa due miliardi di euro su otto, dunque circa il 25 per cento.
Il peso dipende anche dai diversi modelli di business: se valutassimo il
fatturato dell’abbigliamento a livello retail il suo peso crescerebbe di almeno due volte» (Luciano)
• Marchi posseduti: United Colors of Benetton (casual), Sisley (più orientato al glamour), Playlife (American College), Killer Loop (streetwear).
Il gruppo è quotato a Milano e Francoforte. [pk]
«In testa alla catena di comando del loro gruppo, che è abbastanza semplice, c’è una società di nome Ragione. E’ divisa in quattro parti uguali, che fanno capo ad altrettante società, ciascuna dei quattro fratelli Benetton, Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo.
Questo significa che per prendere una decisione devono essere d’accordo tre su quattro (Luciano: “ma siamo sempre stati d’accordo”). Nessun componente della Famiglia ha o avrà incarichi operativi nel gruppo, solo posti nei consigli di amministrazione con
funzione di controllo sul management. La guida di Benetton Group, che ora è di Luciano, passerà con il tempo a suo figlio Alessandro che ha il compito di rappresentare la
Famiglia in azienda condividendo le strategie con il management. L’idea di Benetton, imprenditore di prima generazione completamente fatto da sé, è che se il denaro smette di essere uno stimolo rischia di trasformarsi in un
handicap» (Marco Ferrante)
• Le partecipazioni della Famiglia in Atlantia (autostrade), Gemina (Aeroporti di
Roma), Sagat, Aeroporti di Firenze, Grandi stazioni, Telco (la holding che
controlla Telecom Italia) sono racchiuse nell’holding Sintonia per la quale si prevede nei prossimi anni la quotazione in
Borsa, obiettivo finale una public company fra cugini che garantisca anche in
futuro l’unità del gruppo • Nel 2007 l’annuale classifica dei più ricchi del mondo redatta dalla rivista Forbes mise i Benetton (Carlo, Gilberto,
Giuliana e Luciano) al 323° posto con 2,8 miliardi di dollari ciascuno, tra gli italiani li precedevano
solo Silvio Berlusconi, Leonardo Del Vecchio, Michele Ferrero, Giorgio Armani,
Francesco Gaetano Caltagirone e Mario Moretti Polegato • La sede centrale di Benetton è in Villa Minelli a Ponzano Veneto (Treviso). [pl]
Alessandro Treviso 2 marzo 1964. Figlio di Luciano. Vicepresidente esecutivo del gruppo,
consigliere in Benetton Group, Edizione Holding, Autogrill. Erede designato.
Presidente e amministratore delegato di 21 Investimenti Spa, merchant bank da
lui fondata nel 1993 e partecipata da Edizione Holding, la finanziaria di
Famiglia, Banca Intesa Bci, Fininvest, Gruppo Seragnoli, Deutsche Bank,
Assicurazioni Generali (800 milioni di euro da gestire). Studi alla Boston
University e Harvard, tirocinio alla Goldman Sachs. Ha sposato la campionessa
di sci Deborah Compagnoni. Prima è stato fidanzato con Carolyn Besset (non ancora Kennedy)
• «L’Inghilterra è importante nella sua formazione. Aveva 13 anni quando fu spedito lassù, da solo, in aereo. Prima tappa, Londra. Seconda tappa: Victoria Station. Terza
tappa: un villaggio sperduto da qualche parte più o meno identificabile col suffisso “shire”. Se deve imparare l’inglese, fu il ragionamento di papà Luciano, lo faccia lontano dai college frequentati da italiani fighetti. “Quel viaggio me lo ricorderò sempre, ero un bambino ed ero terrorizzato all’idea di ritrovarmi all’estero, tra sconosciuti, solo all’aeroporto, solo in una stazione ferroviaria. Mio padre voleva che me la cavassi
e me la sono cavata. A ripensarci, aveva ragione lui”. D’estate, a 12 anni, col fratello lavava le caldaie del primo stabilimento
Benetton. In cambio, lo pagavano. “Ma non perché spendessi e spandessi. Sempre in quell’estate, mio padre portò me e mio fratello a comprarci le scarpe. Ne scegliemmo due o tre paia a testa,
lui ci lasciava fare. Al momento di pagare non tirò fuori il portafoglio: ‘i soldi li avete, pagate voi’”. Luciano Benetton ha programmato con cura l’istruzione di Alessandro. Prima un liceo scientifico pubblico della propria città, utile per far crescere non solo le basi culturali ma anche le radici
affettive. Poi l’università negli States e l’inevitabile master a Harvard, con un grande professore, l’economista Michael Porter. Dietro il sorriso morbido, è un tosto che cura i suoi interessi anche con una certa spietatezza» (Maria Latella)
• La sua ascesa nel gruppo sarebbe tra le cause dei contrasti fra i quattro
fratelli (mai confermati o divenuti pubblici) • Dalla Compagnoni ha avuto tre figli: Agnese (17 agosto 2000), Tobias (15
gennaio 2003), Luce (16 dicembre 2006). [pm]
Carlo Morgano (Treviso) 26 dicembre 1943. è vicepresidente di Edizione Holding (la finanziaria di Famiglia) e siede nel
Consiglio di amministrazione del Gruppo Benetton. Quattro figli: Massimo,
Andrea, Christian (membro del cda di Edizione Holding), Leone.
Gilberto Treviso 19 giugno 1941. Consigliere del Gruppo Benetton, presidente di Edizione
Holding, Sintonia e Autogrill, consigliere di Autostrade, Mediobanca e Lloyd
Adriatico • «è l’anima finanziaria del gruppo» (La Stampa) • è stato lui a insistere per l’investimento in Telecom attraverso Olimpia, fatto che, dati gli sviluppi
successivi (Telecom fu acquistata da Colaninno-Gnutti a 4 euro per azione e
rivenduta poi agli spagnoli di Telefonica e alla cordata italiana di cui fanno
parte anche i Benetton a 2,8 euro), ha provocato tensioni con i fratelli: nel
2005 Gilberto avrebbe addirittura pensato di vendere Autogrill per
ricapitalizzare Olimpia. Ha poi seguito lui stesso, per conto della Famiglia,
tutta la fase della vendita (vedi TRONCHETTI PROVERA Marco)
• «Quello che mi spiace è che mi danno del finanziere perché mi occupo delle attività diversificate. Ma io non sono un esperto di finanza, anche se fin da ragazzo i
miei fratelli mi hanno incaricato di gestire i risparmi di famiglia. Mi reputo
un imprenditore dei servizi, settore grazie al quale, ricordiamolo, l’Italia è riuscita ad aumentare l’occupazione» • La passione per il basket proviene dal campo: «Dai 14 ai 21 anni giocavo nella Duomo Folgore, la progenitrice della nostra
società attuale. Non sono arrivato alla prima squadra nonostante i consigli di un
grande come Gianni Giomo e ho smesso dopo il servizio militare: un legamento
rotto cadendo da un rimbalzo». Qualche guaio nel 2007 anche da questo settore: è stato accusato di aver premuto su Petrucci (a cui lo lega un’amicizia ultradecennale) per evitare una penalizzazione eccessiva alla Benetton,
imputata di aver tesserato un giocatore in più di quelli consentiti (lo sloveno Erazem Lorbek)
• Due figlie: Barbara e Sabrina (membro del cda di Edizione Holding, già marketing in Autogrill e responsabile delle campagne pubblicitarie di Kinder
Loop e Nordica, poi uscita dal gruppo in seguito alla decisione di affidare l’azienda a manager e non a membri della Famiglia, moglie del commercialista
Ermanno Boffa, madre di Carlotta, nata nel 2006). [pn]
Giuliana Treviso 8 luglio 1937. è all’origine della fortuna dei Benetton, avendo creato i prodotti di successo da cui è nato l’impero della Famiglia. Linea battezzata Très Jolie (1956) a cui fu assegnato il marchio col cognome di famiglia «solo quando ci siamo sentiti sicuri» (1965). Sulla storia del maglione giallo regalato al fratello Luciano, vedi
sopra • La madre avversava la sua passione per la maglia e voleva avviarla a un’altra professione • Nel 2007 Forbes la mise al 91° posto tra le cento «world’s most powerful women» (seconda tra le italiane alla sola Marina Berlusconi): «La cosa non è strana, dal momento che possiede un quarto del patrimonio familiare che Forbes
valuta in 5 miliardi di euro. Ma singolare è che solo a settant’anni ella debutti nel club esclusivo delle Top 100, dal momento che fu proprio
la sua passione per il lavoro a maglia la scintilla che fornì al fratello Luciano — allora commesso in un negozio di abbigliamento — lo spunto da cui sarebbe nato il più grande gruppo laniero del mondo. Di cui, sempre lei, fu la prima “lavorante”. Lavorante esperta perchè, dall’età di dieci anni e dopo la morte del padre, si era fatta le ossa in una piccola
maglieria. Da allora, sia sul primo telaio impiantato in casa che sui mille
telai del gruppo, Giuliana ha regnato come responsabile del prodotto e delle
macchine, fino ad essere chiamata come consulente da un produttore giapponese
di macchinari high tech. La signora del punto a maglia non si è mai pentita dalla sua vocazione, né rimpiange di avere dovuto — ma anche voluto — andare bambina a bottega. Tuttavia i suoi quattro figli, Paola, Daniela, Franca
e Carlo, nella tradizione degli eredi Benetton hanno tutti in tasca lauree e
Master. Donna riservata che ha privilegiato il fare all’apparire, Giuliana non ha mai cercato il proscenio, che nella tradizione del
clan di Treviso spetta al primogenito Luciano. Ma ha contribuito, con il suo
gusto impeccabile, allo stile del gruppo: prodotti popolari ma mai volgari,
raffinati nella semplicità. Ora, dopo la decisione presa nel 2003 con i fratelli di lasciare le
responsabilità operative dell’impero ai manager, Giuliana ha più tempo per dedicarsi allo sport preferito, il golf (curiosa assonanza con il suo
“mestiere”), alle case di Treviso, Venezia, Asolo e per tornare ad aghi e gomitoli» (Valeria Sacchi)
• è consigliere di Edizione Holding. [po]
Luciano Treviso 13 maggio 1935. è l’uomo che ha avuto l’idea e a cui la Famiglia ha naturalmente assegnato la leadership, quello che dà la faccia al gruppo: capelli lunghi e ondulati, bel viso largo e sorridente • Presidente del Gruppo Benetton, consigliere di Edizione Holding • «è il capofila di quella imprenditoria manifatturiera sbarcata nel settore delle
tariffe. E che successivamente entra in rotta di collisione con la politica» (Marco Ferrante)» • «[Quando abbiamo cominciato] io non sapevo nulla, non conoscevo i mercati, non
avevo esperienza. Però capivo che qualunque problema si può risolvere trovando le persone giuste con le idee chiare, così diventa tutto facile e divertente. Prima ci sembrava un grande obiettivo
svilupparci in Italia. Poi è stata la volta dell’Europa. Un bel traguardo anche quello ma è bastato raggiungerlo per renderci conto che l’Europa è un piccolo paese e che bisognava puntare sui mercati emergenti»
• «Trovo un po’ ingenuo il rifiuto acritico della globalizzazione, che non solo è un fenomeno inarrestabile, ma è anche un’opportunità per i Paesi poveri. Se invece, come spero, dietro a un generico no ai prodotti
e ai mercati globali, c’è la denuncia della sperequazione tra Paesi ricchi e poveri, allora ben vengano i
no global» • Passione per il canottaggio: nel 60 tentò di partecipare alle Olimpiadi di Roma, senza riuscirci. Nel 2007 annunciò l’intenzione di girare il mondo a bordo di Tribù, un megayacht di cinquanta metri e mezzo «che non inquina, dotato di un sistema di raccolta di tutte le acque, oleose,
grigie, nere, che vengono trattate in vasche stagne e lì trattenute anche per parecchi giorni» (Erika Dellacasa): «Lavorerò a bordo, ho tutte le attrezzature necessarie. Oggi è possibile lavorare da casa collegati con il resto del mondo e lo stesso si può fare navigando. Vivendo molto meglio, guardando il mare e il cielo»
• Dicono che è l’Adriano Olivetti moderno: «Il paragone non funziona. Lui doveva essere una persona eccezionale, ma si
avverte che era più un mecenate che un imprenditore. Io sono e resto soprattutto un imprenditore» • Nel 1992 fu eletto senatore per il Partito repubblicano: «Non mi piacque, non era un ambiente adatto a me. Avevo accettato la candidatura
per un’antica devozione a Ugo La Malfa. Mi ritrovai all’interno di meccanismi lontani dalla mia mentalità e mi sono guardato bene dal ripresentarmi» • Dalla moglie Maria Teresa Maestri ha avuto quattro figli: Mauro (Treviso 15
giugno 1962), Alessandro, Rossella (Treviso 23 giugno 1965), Rocco (Treviso 29
settembre 1969). Non ha mai divorziato: «Non è un atto di attaccamento, né di anticonformismo. Credo che sia una ragione più profonda. è come se confermassi, ogni giorno, l’amore per i figli che abbiamo fatto insieme». Dopo una lunga storia con Marina Salamon, è stata la volta di Laura Pollini (amministratore delegato di Fabrica): «Ci siamo conosciuti in azienda, dove lei si occupava delle relazioni esterne, e
ci siamo apprezzati reciprocamente. è una buona base per un rapporto. Da quando siamo insieme il mio umore è cambiato»
• «Mia madre è “morta” in un modo che vorrei definire straordinario. Non saprei come spiegare
altrimenti quello che è successo. Avrebbe compiuto 88 anni il 29 aprile del 2000, stava in ottima
salute, comincia a insistere per festeggiare il compleanno con un giorno di
anticipo. Ci sembra una stranezza, ma l’accontentiamo con una festa molto allegra. Il giorno dopo, all’una del pomeriggio, non risponde più al telefono. La troviamo già senza conoscenza. E muore di lì a poco».
[pp]