Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
BEARZOT
Enzo Aiello del Friuli (Udine) 26 settembre 1927. Ex calciatore (Inter, Catania,
Torino). Allenatore, condusse la Nazionale al titolo mondiale del 1982. Da
ultimo presidente-garante del Settore tecnico della Figc. «I rivali più pericolosi sono quelli che ti fanno dormire la notte prima». [od]
Vita Figlio di un direttore di banca (a Cervignano): «I miei preferivano fare di me un medico, un farmacista o almeno vedermi lavorare
in banca, come mio padre». Mamma Elvira morì mentre era a Palermo con il Torino, papà Egidio mentre era in Olanda con la Nazionale • Benito Lorenzi, che lo ebbe per compagno da calciatore: «Correva per novanta minuti. Rendimento garantito, sotto questo punto di vista.
Ma io non so dire bugie: le basi tecniche erano poca roba» • «Una carriera da mediano, di quelli d’una volta: tosto e risoluto, la battuta pronta col piattone, la testa a svettare, grazie alla statura
torreggiante, per poderosi rilanci; sulla mezzapunta avversaria o sul
centravanti non fa differenza. Ai tempi del ginnasio frequenta il pallone con
successo. Lo nota un dirigente della Pro Gorizia, serie B, e lo porta nel
calcio vero. Due anni dopo il sogno diventa realtà con la maglia dell’Inter, ma il gran numero di campioni gli lesina spazio. Una stagione a Catania,
che lo matura come uomo e calciatore, poi il Torino, l’amore della sua vita di giocatore, una nuova parentesi in nerazzurro e infine
dieci stagioni filate in granata, fino all’addio. Con una sfortunata presenza in Nazionale (in marcatura sull’immenso Puskas). Nereo Rocco, tecnico granata, gli rivolge l’invito formale: “Ciò, bruto mona, quand’è che ti scominzi a darme una man?”. Non aspettava altro, prende in mano la De Martino, la Primavera. Dopo quattro
anni, quando l’annaspante Prato gli chiede aiuto, si butta e coglie l’obiettivo, conquistando un ottimo nono posto. L’uomo del destino però è Ferruccio Valcareggi, che gli propone di entrare nei ranghi federali, con la
prospettiva di un lavoro in profondità. Accetta e segue la lunga trafila, al seguito di zio Uccio ai mondiali del 1970
e 1974, poi alla guida dell’Under 23 e infine, nel 1975, aiutante di campo del ct Fulvio Bernardini. La
scelta desta commenti ironici, Bearzot è “quello del Prato”. Nel 1977, quando Bernardini si fa da parte con amarezza, diventa commissario
tecnico azzurro e comincia la più schizofrenica avventura della storia del calcio italiano» (Carlo F. Chiesa)
[oe]
«Ha sempre interpretato il ruolo con grande rigore e non occorreva entrare nello
spogliatoio azzurro per capire che razza di rapporto ci fosse tra allenatore e
giocatori, quale entusiasmo e quale grado di dedizione fosse in grado di
smuovere quel friulano tutto d’un pezzo. Basta vedere come ricostruisce le sue vittorie: nel segno della
sofferenza, mai del compiacimento» (Indro Montanelli) • In Spagna, nell’82, arrivò in mezzo a violente contestazioni per non aver portato il fantasista dell’Inter Evaristo Beccalossi e il bomber della Roma Roberto Pruzzo. A Vigo, nella
prima fase, quando la squadra ottenne tre pareggi in tre partite, molti
giornalisti chiesero che fosse sostituito in corsa. Il clima cambiò dopo l’inattesa vittoria contro l’Argentina di Maradona e, soprattutto, dopo quella ancora più clamorosa contro il Brasile di Zico. Suo ricordo più vivo: «Dino Zoff che mi dà un bacio sulla guancia, dopo la partita col Brasile. Senza dire una parola. Io
quella sera, dopo il Brasile, mi sentivo già campione del mondo. Perché la Polonia l’avevamo già incontrata, faceva melina, abbiamo sbagliato un sacco di gol ma eravamo più forti. I tedeschi erano potenti ma non veloci. Forse avremmo avuto più difficoltà con la Francia. I tedeschi li abbiamo battuti grazie alla superiore velocità. Della finale ricordo i ragazzi che mi buttano in aria, e nei rari momenti di
lucidità pensavo al pomeriggio del 19 giugno 1938, quando eravamo tutti nella piazza di
Gradisca a sentire la voce di Nicolò Carosio dagli altoparlanti. Nel 4-2 finale c’erano due gol di Gino Colaussi, detto Ginùt, che era di Gradisca. Fu quel giorno che decisi che avrei fatto il calciatore» (allusione al secondo titolo mondiale vinto dall’Italia)
• Il suo famoso naso da pugile è il risultato di tre fratture per scontri di gioco, due causate dai compagni di
squadra • Ha sposato Luisa Crippa, conosciuta festeggiando una vittoria. Un figlio,
Glauco • «Quando studiavo a Gorizia dai Salesiani, ero terrorizzato dall’idea del peccato e dall’idea della morte. Adesso non ho più paura di nulla, davvero. Un bel passo avanti» • Sulle polemiche relative alla partita Italia-Camerun, della prima fase del
mondiale in Spagna, vedi BEHA Oliviero. [of]
Frasi «Il giocatore italiano deve pensare di poter vincere la partita da solo» • «è importante perdere le amichevoli. Porta bene».
Politica Antiberlusconiano • «Enzo Bearzot o, ancor prima, Nereo Rocco, rappresentanti di un’Italia rurale e sobria, provinciale e schiva, che — tuttavia — appare più affidabile, ma anche più raffinata, di quella dominante (a destra come a sinistra), così effimera e ondivaga. E, soprattutto, quell’Italia “mediana” si rivela capace di parlare a chi, in genere, non viene né ascoltato, né interpellato dalle parole della politica» (Luigi Manconi).
Tifo Torino e Inter.
Vizi «“Non chiedo altro. / Fumare / la mia pipa in silenzio come un vecchio / lupo di
mare”: anni fa Bearzot s’impadronì d’una citazione di Umberto Saba, vantandosi d’essere stato iniziato all’arte della Savinelli da Sandro Pertini, sull’aereo di ritorno dal Mundial» (Francesco Battistini) • Patito di jazz. Suo paragone tra il jazz e il calcio: «La squadra è l’orchestra, il tema musicale è l’avversario, dunque va suonato, ogni volta in modo diverso. C’è una base armonica comune, che va rispettata e corrisponde al sistema di gioco.
Ma in questo ambito ciascuno ha la possibilità di esaltare le sue qualità personali, che danno lustro alla prestazione collettiva. La batteria dà i tempi di fondo, come il regista che detta la cadenza di gioco, il sax può essere il fantasista, il contrabbasso è il libero, capace di difendere ma anche di offendere, la tromba è il goleador»
• Patito di letteratura: «Quando ero studente al liceo classico di Udine, leggevamo Dostoevskij e mi
ricordo intere pagine per una sola descrizione, di una persona o di un
ambiente. A quei tempi non si leggeva Hemingway. Quando potei leggerlo, ne
rimasi affascinato: le descrizioni erano lunghe una riga. Il calcio che mi
piace non è Dostoevskij, è piuttosto Hemingway» • Celebre la partita di scopone scientifico giocata con Pertini, Causio e Zoff
sull’aereo che riportava la Nazionale a casa dopo il Mondiale di Spagna: «“Facciamoci una partita”, dice dunque Pertini. Ma pretende che si scinda la coppia fissa Bearzot-Zoff,
due che per serietà e vicinanza di vedute erano fusi in un nome solo (Bearzoff). è una coppia fissa, parla la stessa lingua strana, magari si fa pure i segni. Lo
dice bonariamente, quindi i due furlani non se la prendono. Il capitano col
presidente, e Bearzot convoca Causio. Gioverà ricordare che nel 1982 non c’erano telefonini né playstation e dunque nei ritiri s’ammazzava il tempo giocando a carte, in genere col mazzo da 40 (scopa, briscola,
tressette a prendere o ciapanò). Una leggenda metropolitana che circolava subito dopo la partita diceva: 17-16
per la coppia Bearzot-Causio, Pertini mazziere s’è tenuto di palo il settebello dispari. Non andò così. Ma il ricordo affettuoso che gli azzurri hanno di Pertini li porta a non
premere molto su un tasto: il presidente era il meno allenato, o il più scarso, dei quattro. Che, sportivamente, decisero di non infierire. L’unica cosa certa è che vinsero Bearzot e Causio. Per lancio della spugna, fa intendere il Vecio» (Gianni Mura).
[og]