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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

Silvio e l’incubo De Benedetti liti, scontri e buoni affari - Carlo» e «Silvio» perché i due arcinemici si danno del «tu» fin dai tempi in cui il Cavaliere lo andava a trovare per chiedergli un po’ di pubblicità Olivetti per le sue tv, correvano i primi Anni 80

Silvio e l’incubo De Benedetti liti, scontri e buoni affari - Carlo» e «Silvio» perché i due arcinemici si danno del «tu» fin dai tempi in cui il Cavaliere lo andava a trovare per chiedergli un po’ di pubblicità Olivetti per le sue tv, correvano i primi Anni 80. La guerra di Segrate, la discesa in campo di Silvio e il partito «Repubblica» di Carlo erano lontani ma già da quei rari incontri si capiva che il duello oltreché di potere sarebbe stato anche di caratteri e narcisismi. Lo ha ricordato di recente De Benedetti. Un giorno Berlusconi va a trovare l’Ingegnere per la solita pubblicità e quando arriva gli appoggia una pastiglia sulla scrivania. Prima di salutarlo Silvio sbotta: «Come, non mi chiedi niente della pasticca? Guarda che è formidabile: l’altra sera ne ho mandate storte due (ragazze)...», con l’altro che gioca a fare lo gnorri... Berlusconi e De Benedetti sono «due uomini antitetici per i casi della vita, formazione, indole e comportamento. Tanto riservato e freddo l’Ing quanto estroverso e intemperante il Cav», scrisse Indro Montanelli. In effetti da oltre 20 anni Ing e Cav fanno la storia (e la controstoria) dell’Italia politica e del potere. «Da una parte c’è il conflitto di interessi di Berlusconi; dall’altra solo gli interessi di De Benedetti», chiosò una volta Piero Ostellino. Classe 1936 Berlusconi, di 2 anni più anziano De Benedetti. Milanese del quartiere Isola il primo, «industriale di Torino» il secondo, per usare l’autodefinizione con cui si presentò nel 1988 all’assemblea per il controllo (fallito) della Société Générale de Belgique. Erano i tempi in cui la stampa estera lo chiamava il Condottiero. La fama di scalatore cosmopolita risale però ai tempi della Fiat, di cui nel 1975 fu per 3 mesi amministratore delegato prima che Cesare Romiti mettesse la pulce nell’orecchio a Gianni Agnelli: «Avvocato, se non ce ne liberiamo questo le porta via l’azienda...». La guerra con Berlusconi arriva 10 anni dopo. Anche grazie al denaro ottenuto dalla cessione delle azioni Fiat De Benedetti aveva rilevato Cir (nell’87, via Mondadori, arriverà il controllo di «Repubblica» e «L’Espresso») tanto che nell’aprile 1985 Romano Prodi, allora alla guida dell’Iri, gli vuol vendere la Sme, la conglomerata alimentare con in pancia Motta, Alemagna, Bertolli, Gs e Autogrill. Bettino Craxi non ci sta e fa organizzare da Berlusconi una cordata alternativa alla Buitoni dell’Ingegnere. L’altro scontro scoppia nel 1988 quando i due si danno battaglia per la Mondadori. Sarà una delle più cruente saghe di potere che il paese ricordi. Con la mediazione di Giuseppe Ciarrapico il capo della Olivetti conserverà il gruppo RepubblicaEspresso; Berlusconi la Mondadori. Un pari e patta gravido di veleni perché 20 anni dopo siamo ancora alle accuse e ai risarcimenti. Anche se la rivalità, ha scritto Paolo Madron, non sarebbe così incandescente se l’Ingegnere «non avesse coltivato una controversa passione per la politica vissuta con la casacca di imprenditore di una sinistra che ha spesso seguito in tutte le sue contorsioni»: dal Pci al compromesso storico, dalla Bolognina alla famosa tessera numero uno del Pd. Un protagonismo che alimenta l’icona antiberlusconiana dell’Ingegnere, il vero contropotere al ventennio berlusconiano, capace di accogliere sulla sua arca una sinistra tremebonda, intellos di area, salotti radical-chic, girotondi e il circuito patinato di Libertà & Giustizia, infilzato impietosamente dagli avversari al grido di «liberté, egalité, jet privé». Sempre su Mondadori si ricorda uno dei pochi incontri ravvicinati. Al Castello Sforzesco di Milano, il 1˚ dicembre 1989. L’occasione è la visita di Mikhail Gorbaciov. Luca Formenton rivela che nella guerra di Segrate ha appena mollato l’Ingegnere per passare con Berlusconi, cambiando la storia della battaglia. All’incontro ci sono anche gli eterni duellanti: nero il patron di Olivetti, raggiante il Cavaliere. La guerra prosegue cruenta nella Seconda Repubblica. Berlusconi in politica, De Benedetti con i giornali. Non senza colpi di scena, come nel 2005. L’Ingegnere riceve da Berlusconi un contributo per un fondo destinato al recupero delle imprese in difficoltà. Apriti cielo. La galassia Repubblica s’indigna al sodalizio, costringendolo a venire a Canossa e a rimettersi la maschera antagonista. Lui scrive una lettera accorata spiegando le ragioni di quell’intesa e poi della rinuncia: «Cara Repubblica, cari lettori, cari giornalisti, caro Eugenio, caro Ezio...». C’è chi dice che i due si siano visti in gran segreto nel 2007. Di certo si sono incontrati all’assemblea generale 2008 di Confindustria: il Cavaliere lo vede e lo bacia, lasciando di sasso l’Ingegnere. Ma è un fuoco di paglia perché dalla vicenda «Papi» lo scontro torna bollente. «Se queste domande me le avesse poste un giornale che non fosse un super partito politico di un editore svizzero con un direttore dichiaratamente evasore fiscale, avrei risposto...», attacca il premier sulle 10 domande su Casoria e dintorni. Il crepuscolo berlusconiano ri-polarizza la scena e «Repubblica» è la vera opposizione al Caimano. «Silvio Berlusconi? E’ l’Alberto Sordi della politica ed è uno della P2», sibila l’Ingegnere nel giugno 2010. Pensate che recentemente «Gianni Letta ha organizzato una colazione a casa sua - prosegue De Benedetti -, ci sono andato e il presidente mi è venuto incontro dicendomi: “Perché non mi vuoi bene?”. Come faccio, ho replicato. Mi hai fregato la Sme, la Mondadori e pretendi anche che ti voglia bene». Eppure pensandone tutto il male l’Ingegnere non odia Berlusconi. Negli ultimi anni Silvio ha confessato di non aver mai fatto tanti buoni affari come con la sinistra al governo; e lo stesso in fondo ha fatto Carlo, rammentandogli che con lui a Palazzo Chigi le cose gli sono sempre andate benone. Almeno fino ad oggi...