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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CONSUMI FERMI E BOOM DEI PREZZI COSI’ GLI ITALIANI PAGANO LA CRISI

L’Italia è ferma. La prova è che i consumi non crescono e gli italiani - è proprio il caso di dirlo - si tolgono letteralmente il pane di bocca. Secondo i dati divulgati ieri dall’Istat infatti, risulta che i consumi relativi al 2010 sono quasi esattamente identici a quelli dell’anno precedente, che già avevano registrato un misero aumento di 6 euro circa rispetto al 2009. La spesa media mensile per famiglia è stata pari a 2.453 euro e rispetto al 2001 è cresciuta del 201%, con un rincaro pari a 1.639 euro al mese.

I beni che risentono maggiormente di questo arresto sono quelli alimentari e sei famiglie su dieci hanno dovuto ridurre la spesa all’essenziale, mentre il 30% degli italiani ricorre quotidianamente agli hard discount in cui spesso l’economicità dei prodotti venduti in offerta commerciale è ricambiata da scarsa qualità. Per la tavola, nel 2010 le famiglie hanno speso 467 euro al mese, ancora sotto rispetto ai 475 euro del 2008, «considerando», quindi, «l’inflazione, si può dire che gli italiani acquistano meno cibo rispetto a prima», dichiara il Codacons, «insomma, dopo aver eliminato gli sprechi e aver diminuito la qualità del cibo, si è ormai costretti a mangiare meno. Il supermercato si conferma il luogo di acquisto prevalente per tutti i generi alimentari (scelto dal 69,4% delle famiglie), mentre quasi la metà delle famiglie (il 48,5%) continua ad acquistare il pane al negozio tradizionale, l’11,5% sceglie il mercato per l’acquisto di pesce e il 17% per la frutta e la verdura.

Tra le famiglie del Nord e del Centro la quota di spesa per alimentari e bevande rimane costante (si passa dal 16,4% al 16,5% nel Nord e dal 18,7% al 18,6% nel Centro), mentre nel Mezzogiorno aumenta, arrivando a rappresentare un quarto della spesa totale (era il 24,4% nel 2009). Tra le famiglie meridionali aumenta la quota di spesa per patate, frutta e ortaggi, pesce, pane e cereali; la spesa per carne si conferma la più alta, attestandosi a 108 euro mensili (il 5,7% della spesa totale). «Per rilanciare l’economia», continua l’associazione consumatori, è indispensabile «rilanciare i consumi, salvaguardando la capacità di spesa delle famiglie», finora invece il governo ha intrapreso scelte «sciagurate», come la decisione di «bloccare l’adeguamento delle pensioni e degli stipendi dei pubblici dipendenti all’inflazione». L’arresto dell’economia nazionale risulta evidente anche se si prendono in considerazione i dati relativi agli affitti. Dalle rilevazioni dell’Istat emerge infatti che la quota di famiglie che occupano un’abitazione in affitto (17,2%) è stabile da tre anni con valori pari al 18,2% nel Nord, al 14,4% nel Centro e al 17,6% al Sud. La spesa media effettiva per il canone locativo varia fra i 431 euro delle regioni del Centro e i 295 del Mezzogiorno. Tra le famiglie che vivono in abitazione di proprietà (il 73,6% del totale), il 16,1% paga un mutuo (era il 15,9% nel 2009).

I costi relativi alla spesa domestica invece aumentano considerevolmente: nel 2010 rappresenta il 28,4% della spesa totale (26,9% nel 2008 e 28,0% nel 2009). Marcati aumenti si osservano per le spese di condominio e per i lavori di ristrutturazione, soprattutto ordinaria; anche le spese per l’acqua registrano un incremento legato all’aumento dei costi di erogazione del servizio. Inutile dire poi che una contrazione c’è stata anche nell’acquisto dei beni non essenziali, soprattutto per quelli relativi alla cura personale (parrucchiere, barbiere, centri estetici e simili); diminuisce anche la spesa per i viaggi, gli onorari dei professionisti, l’assicurazione vita, le rendite vitalizie e per arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa (dal 5,5% del 2008 e 2009 al 5,4% del 2010). Secondo l’Istat, in diminuzione su tutto il territorio appare poi la quota di spesa per combustibili ed energia che nel 2009 era aumentata a seguito di una stagione invernale particolarmente lunga e rigida (5,2% nel 2008, 5,5% nel 2009, 5,3% nel 2010).

Appare decisamente interessante l’aumento della spesa registrato nell’ambito della cultura, ma solo fino a quando ci si rende conto - osservando meglio i dati dell’istituto statistico - che tale crescita è dovuta soprattutto al maggior esborso delle famiglie per l’acquisto dei libri di testo (sempre più cari), per le lezioni private e i corsi di recupero che servono a colmare alcune lacune della scuola pubblica; tutto senza contare le spese per gli alloggi degli studenti fuori sede e delle tasse scolastiche e universitarie che sono aumentate.