Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
ZAMBROTTA
Gianluca Como 19 febbraio 1977. Calciatore. Con la Nazionale ha vinto i campionati del mondo 2006: ha segnato
anche il gol dell’1-0 nel quarto di finale vinto 3-0 contro l’Ucraina (nei giorni precedenti era corso al capezzale dell’ex compagno di squadra e di stanza Gianluca Pessotto, miracolosamente scampato a
un tentato suicidio). Già vicecampione d’Europa nel 2000 (ma espulso in semifinale contro l’Olanda, non disputò la finale persa contro la Francia per il golden goal di David Trezeguet).
Lanciato dal Bari, con la Juventus ha vinto due scudetti (2001/02, 2002/03), più due revocati (2004/05, 2005/06), dopo la retrocessione in B della squadra a
causa del cosiddetto scandalo Moggi, è passato al Barcellona. Nel 2003 ha ottenuto la Nomination al Pallone d’Oro
• «Corre dovunque e con lui corre la sua carriera. A 20 anni esordio in A con
Fascetti (Bari-Parma 0-2, 31-8-97). L’anno dopo l’Under 21 di Tardelli (Malta-Italia 0-1, 25-3-98). Infine, 10 febbraio 99, la
chiamata del ct Zoff: Italia-Norvegia 0-0, esterno destro del 4-4-2, sostituito
al 61’ da Totti. In mezzo, il passaggio alla Juve. Da allora, una girandola di ruoli.
Nel Como — la sua prima squadra — era attaccante di sinistra. Zambrotta ne ha fatta di strada. All’indietro, senza ironia» (Fabio Licari)
• «A modo suo, e nonostante la passione per l’understatement, è un simbolo. “Negativo”, per giunta. Quando giocava nel Bari — dicono i portatori insani di nostalgia — era un tornante senza guard-rail, un magnifico anacronismo: scatto, dribbling,
qualche refolo di follia e di imprudenza (in campo, perché fuori era e resta educato, quasi timido) rimandavano, salvate le debite e
proverbiali proporzioni, dritto a Conti, Donadoni e via aleggiando. Dopo tre
anni di Juve, scudetto e maglia azzurra cuciti sul petto, il modello di
riferimento è Soldatino Di Livio: un’ala tarpata dalle consegne tattiche, il talento assorbito e assopito dalle corvé a centrocampo e in difesa. Simbolo, appunto, di questo calcio che trita la
fantasia, estingue l’immaginazione, scarta i lirismi» (Alessandro Penna)
• «I ruoli vanno tutti bene. Destra o sinistra, centrocampo o attacco, è lo stesso. Anzi, partendo da lontano, riesco a sfruttare meglio la mia corsa.
Ma se domani dovessero dirmi “Zambro, torna in avanti”, risponderei “obbedisco”. Con piacere. Mi sento sempre un esterno offensivo. All’inizio coprivo tutta la fascia: ero l’esterno di centrocampo, e dietro avevo una difesa a tre. Anche nell’Under 21 cominciai a sinistra. Nel Bari di Fascetti facevo in pratica l’ala»
• «Uno di quei giocatori che fanno la differenza, poco da dire. Da quando si è impossessato “mentalmente” di un ruolo che prima aveva solo accettato per spirito di squadra, Gianluca ha
fatto progressi enormi. Ricordato che nasce come esterno destro di centrocampo,
con forti attitudini offensivistiche, c’è, di conseguenza, da mettere in rilievo l’intelligente umiltà con cui il ragazzo si è messo a studiare una parte che prima non gli apparteneva. Il suo grande neo era
la cosiddetta “fase difensiva”, determinante in un giocatore che bene o male deve fare il terzino. Gianluca,
quando giocava a destra, partiva da centrocampo in su; trasportato a sinistra
ha dovuto per prima cosa cambiare il piede del cross, e non è stato facilissimo, pur essendo naturalmente portato a calciare con entrambi i
piedi. E poi, come si diceva, ha dovuto imparare come si ferma il “Zambrotta avversario” di turno, l’ala destra, passateci il termine antico, della squadra di fronte. Non è stato facilissimo e basta scorrere le cronache delle prime partite per
rendersene conto: tutti a magnificare le doti di spinta dal centrocampo alla
bandierina del corner avversario, tutti a evidenziare le carenze zambrottiane
quando l’avversario lo puntava in velocità. Gianluca è un ragazzo intelligente: si è reso conto che di esterni sinistri difensivi il calcio italiano era (ed è) povero e ha sfruttato la grande occasione, rubando i segreti del mestiere dai
difensori “veri”» (Paolo Forcolin).