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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

Mueenuddin Daniyal

• Los Angeles (Stati Uniti) 1963 (secondo alcune fonti Lahore, Pakistan). Scrittore • «[...] deve essere l’unico scrittore al mondo ad avere scoperto cos’è successo l’11 Settembre del 2001 con tre giorni di ritardo. E dire che essendo mezzo americano e mezzo pachistano, quella tragedia doveva toccarlo da vicino. “Il fatto è che avevo un po’ di soldi e avevo deciso di prendermi una casetta in Costa Rica per andarci a scrivere”, racconta l’autore della bellissima raccolta di racconti Altre stanze, altre meraviglie [...] “Così mi sono isolato nella giungla fino al 14 settembre, quando ho preso la moto e sono andato al villaggio più vicino a bere una birra. Appena entrato nel bar il barista mi accoglie commosso dicendo ‘Mi spiace tanto per te...’. Io non capivo. Anche di fronte alle immagini delle Torri in fiamme pensavo che mi si stesse prendendo in giro, che fosse tutto uno scherzo. Oltretutto mia madre abitava a New York...”. Ecco che cosa accade ad essere cosmopoliti come questo [...] scrittore figlio di un diplomatico pachistano e di una giornalista del “Washington Post” [...] astro della narrativa anglo-asiatica. Viaggi, ti senti cittadino del mondo, e non ti accorgi che intanto la realtà ti sta fuggendo dalle mani. [...] padre [...] ex diplomatico, ex servitore dello Stato e grande proprietario terriero le cui fortune derivavano da un nonno governatore del Kashmir [...] Ha vissuto i primi anni della sua vita a Lahore quando era “una sonnacchiosa cittadina coloniale”, studiando alla scuola americana, giocando a golf e andando a caccia a pochi chilometri dal centro, dove adesso abitano una decina di milioni di persone. Poi sono venuti il collegio in Massachusetts, la laurea, la malattia del padre e il desiderio di tornare ad amministrare i beni di famiglia nel Punjab. “Mio padre mi disse: ‘Se vuoi quella terra devi andare a riprendertela’. Ed era vero, ci avevano portato via quasi tutto. Quando sono arrivato nella nostra proprietà pensavo che ci avrei rimesso la pelle. Erano trecento contro uno. Oltretutto negli anni mio padre aveva dato potere di firma ad alcuni dipendenti, e quelli lo avevano usato per intestarsi i terreni [...] È stata dura, ma sono riuscito a riavere quasi tutto”. Sette anni dopo, sfinito, Mueenuddin se ne andava a Yale a studiare giurisprudenza e poi a New York a fare l’avvocato. Ma la nostalgia dell’Oriente avrebbe avuto la meglio, e sarebbe ritornato a coltivare canna da zucchero, cotone e grano nella fattoria dove per rimanere sano di mente aveva già cominciato a scrivere [...] racconti di piccola e grande corruzione e sopraffazione. [...]» (Livia Manera, “Corriere della Sera” 3/3/2010) • Vedi anche Susanna Nirenstein, “la Repubblica” 20/3/2010.