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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

VOLO Fabio (Bonetti) Brescia 23 giugno 1972. Radiodeejay. Conduttore tv. Attore. Scrittore ecc. • «Si definisce un dilettante, uno che non lotta per fare un programma in tv, ma soltanto per esprimere se stesso

VOLO Fabio (Bonetti) Brescia 23 giugno 1972. Radiodeejay. Conduttore tv. Attore. Scrittore ecc. • «Si definisce un dilettante, uno che non lotta per fare un programma in tv, ma soltanto per esprimere se stesso. Ex panettiere, ex Iena, faccia da ragazzaccio, è il più instancabile e trasversale tra i nuovi personaggi osannati dai giovani. Tutte le mattine e il martedì sera lo si ascolta a Radio Deejay (Il volo del mattino e Il volontario). Il suo primo romanzo, Esco a fare due passi (Mondadori 2001), ha venduto la bellezza di 200 mila copie. Come attore nel film di Alessandro D’Alatri, Casomai, uscito nel 2002, ha ottenuto persino una candidatura al David di Donatello» (Paola Zonca) • «è autore di volumi ma non si sente scrittore. Fa la radio e la televisione ma non si sente presentatore. Ha fatto film ma non si sente attore: è Fabio Volo, l’uomo dal talento plurimo, che, se non bastasse, ha dimostrato anche di saper cantare esibendosi senza infamia con i Negramaro in Mentre tutto scorre» (Maria Pia Fusco) • «è un simpatico ruspante, “trasgressivo” ma anche sufficientemente paraculo» (Aldo Grasso) • «Quando sento la parola “studiare” scappo. Mi piace molto di più giocare. Se entro nei professionisti non gioco più: per me il calcio è quello dell’oratorio. Non voglio che il lavoro diventi un lavoro. Di me ne dicono di tutti i colori. Qualcuno mi ha pronosticato che farò la fine di Andrea Pezzi. In radio, ricevo le e-mail più disparate: chi mi dà del comunista, chi mi accusa di essere servo del padrone perché ho lavorato per Mediaset, chi mi rimprovera di essere ignorante, chi di fare l’intellettuale. Il punto è che non sono mai nel mirino perché mi va solo e soltanto di essere me stesso. Il mio vero lavoro? La radio, certamente. Ma sono uno che cerca di fare tutto al meglio delle sue possibilità. Quando ho fatto il cinema ho sentito attorno molte perplessità, quando mi sono messo a scrivere mi hanno detto: ma come ti sei permesso? Una cosa è certa: sono onesto, e faccio solo quello che mi piace veramente, non cambio per strizzare l’occhio al pubblico» • «Non sono specialista di niente. Faccio tante cose insieme perché non so farne una in particolare, e mi dico che imparerò strada facendo. Ma soprattutto se ne va male una mi restano le altre. Il nome me lo ha dato Claudio Cecchetto, tanto tempo fa. Eravamo tre Fabi a Rete 105, io avevo scritto una canzone che si chiamava Volo e sono diventato “il Fabio di Volo”» (da un’intervista di Raffaella Silipo) • Figlio di panettiere, «Indietro tutta, un vero mito, anche se era faticoso per me. Facevo il panettiere a quell’epoca, stavo al forno, dovevo alzarmi alle cinque di mattina e dunque andare a letto tardi la sera era un casino. Ma Arbore non lo perdevo. Ho cominciato a 22 anni in discoteca come intrattenitore. Poi ho scritto canzoni, ho partecipato al Festival di Castrocaro. Ho lavorato in radio con Cecchetto. Poi la crisi: stavo diventando famoso ma mi sentivo infelice. Facevo tutto per piacere agli altri, non per me stesso. Sono andato a Londra, a fare lavori manuali. Mi sono dato alcune regole fondamentali, ho imparato a dire no. Sono tornato in Italia, ho lavorato in tv a Match Music, poi sono arrivate le Iene» (da un’intervista di Maria Volpe) • «Il cinema è un lavoro bellissimo, se potessi farei un film al giorno, il mio ego se la gode con il mio faccione su uno schermo tre metri per sei. Ed è bello incontrarsi sul set, prima non conosci nessuno, poi conosci tutti, li ami, poi li odi, alla fine li rimpiangi. D’altra parte dev’esserci davvero crisi nel cinema italiano se fanno lavorare me» • «Non sono uno scrittore, butto giù a caso tra tv, viaggi, altre robe. Ho la casa piena di foglietti. Magari c’è un giorno che sto male e scrivo» • «Quando presento un libro dico che sono un attore. E quando vado a presentare un film dico che scrivo libri. Mi trovo uscite di sicurezza. Non frequento, non appaio, però non sono nemmeno quello che legge il Manifesto davanti a tutti per darsi un tono. Posso andare in un centro sociale ma anche all’oratorio o in un albergo a cinque stelle senza essere uno da albergo a cinque stelle. Forse sono un individualista. Guadagno molti soldi ma non mi compro la villa con piscina. Vivo la mia vita. Ho un forte legame con la mia famiglia e mi bastano quelle dieci persone che sono i miei familiari e una manciata scarsa di amici. Rispondo a loro e a me stesso. Il lavoro è una parte importante ma non passo la mia vita a fare Fabio Volo. Ho anche la fortuna di chiamarmi Bonetti di cognome: mi permette una linea di demarcazione» • «Lavoro con Mondadori, il gruppo Espresso, Mediaset. Ma quando sento parlare di destra e di sinistra non mi sento coinvolto, tanto quelli candidati nel centrodestra poi tra cinque anni si candideranno nel centrosinistra» (da un’intervista di Silvia Fumarola) • «Faccio fatica a vivere lo stile di vita che propone la destra, non posso essere leghista, né di An, né di Forza Italia. Ma faccio la stessa fatica a mettere una croce dove c’è Rutelli o dove c’è Prodi. Quando facevo il panettiere e avevo i debiti chiunque vincesse lo prendevo in quel posto, adesso che ho i soldi chiunque vinca sto a posto» • «Non mi piace McDonald’s: non butto giù le vetrine ma non vado a comprarmi il panino. Non mi piace Maria De Filippi, non la guardo. Non vado ospite di Costanzo anche se venderei centomila copie di più del mio libro. Non ho mai fatto pubblicità a un telefono o a una bibita anche se mi hanno offerto tanti soldi per farlo».