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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

VITALI

Massimo Como 1944. Fotografo • Subito dopo il liceo ha studiato al London College of Printing. A 19 anni l’inizio del cammino da professionista, prima come fotoreporter e poi come
cineasta. «Ho lavorato molto e ho fatto anche cose non eccezionali. Ma a un certo punto,
una decina di anni fa, mi sono detto: voglio fare delle foto a modo mio. Ho
fatto scelte tecniche. Ho cominciato a usare il cavalletto per avere una
posizione stabile. Poi è iniziata una concatenazione di circostanze casuali. Avevo una macchina 10x12 e
me l’hanno rubata. è rimasta una 20x25 con cui dovevo per forza mettermi in alto, avere un punto di
vista rialzato, altrimenti le cose sarebbero risultate sfuocate. Il mio formato
nasce da un negativo che ha molte informazioni e quindi posso fare delle foto
di grandi dimensioni, mostrare i dettagli. Non è dato dalla necessità di imitare la grandezza dei dipinti. è successa una cosa dietro l’altra. L’idea di fare delle fotografie di bagnanti, di spiagge è nata e cresciuta dopo la vittoria di Berlusconi alle elezioni del 94. Sono
rimasto sorpreso. Non riuscivo a comprendere, non sapevo cosa pensare degli
italiani, del loro modo di vivere. Volevo vedere gli italiani in faccia»
• «Le immagini devono avere una dimensione magica, in cui s’incontrano a volte delle dimensioni sociologiche, ludiche, dove si elaborano
delle strutture narrative. Le mie foto vogliono essere sia una ricerca
sociologica sia un’indagine storica. Una spiaggia dove delle persone giocano nell’acqua con uno stabilimento industriale sullo sfondo può essere letta come una critica della società del tempo libero, come una messa in evidenza della distruzione della natura,
dell’incoscienza di fronte ai problemi dell’ambiente; allo stesso modo nella stessa immagine appaiono anche le nozioni
contrarie del piacere, del gioco, dei corpi, dei legami amorosi»
• «Ho un cavalletto di grandissime dimensioni, una vera piattaforma che può arrivare all’altezza di sette metri. Trovo un punto, mi posiziono ma in una giornata non
eseguo più di una decina di scatti. Quando ho sistemato l’attrezzatura in realtà so già che la foto è lì, che è già pronta» (da un’intervista di Paolo Vagheggi).