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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

VISCO Vincenzo Foggia 18 marzo 1942. Politico. Deputato. Dell’Ulivo (ds). Viceministro dell’Economia e delle Finanze nel Prodi II

VISCO Vincenzo Foggia 18 marzo 1942. Politico. Deputato. Dell’Ulivo (ds). Viceministro dell’Economia e delle Finanze nel Prodi II. Ministro delle Finanze nei governi Ciampi, Prodi, D’Alema I e II, del Tesoro nell’Amato II • «Nel centrosinistra è considerato il miglior conoscitore della macchina del Fisco. Negli anni dell’opposizione ha continuato a seguire con il centro studi Nens (di cui è animatore insieme con Pierluigi Bersani) tutta la partita dei conti pubblici. Rendendosi protagonista di celebri scontri con Tremonti. Che arrivò a ribattezzare ironicamente “Nonsense” quel pensatoio economico del centrosinistra e un giorno dettò all’indirizzo del suo predecessore questa dichiarazione senza precedenti: “Ci eravamo illusi che Dracula si fosse rassegnato alla pensione in qualche remoto sepolcro nei Carpazi. Errore! Dracula continuava avido e voglioso a succhiare il sangue dei contribuenti per donarlo alla grande impresa”. Mentre Visco replicava: “In Italia c’è ormai un problema serio. Non è possibile avere un ministro che vive con l’ossessione del suo predecessore”. è stato il capitolo forse più clamoroso di un duello proseguito fino agli ultimi giorni prima delle elezioni, quando Visco ha accusato Tremonti di aver azzerato i vertici delle Finanze, beccandosi un comunicato di smentita al quale ha replicato con un controcomunicato» (Sergio Rizzo) • «Rovinato dalla rima e dalla fisiognomica, cioè dal cognome identico alla parola più odiata dagli italiani (fisco) e dalla faccia come specchio dell’anima, Vincenzo Visco ha deciso di diventare simpatico. Ma non si sa come. L’altra volta, quando fu ministro delle Finanze nei governi di Romano Prodi, Massimo D’Alema e Giuliano Amato, l’errore imperdonabile fu di sottovalutare la propaganda, nel senso puro del termine. E siccome il rischio di diventare l’uomo più insopportabile del prossimo quinquennio gli è chiaro, intende scongiurarlo con iniziative mirate. Finora non se ne è vista una, e non essendo in grado di particolareggiare il Visco simpatico che verrà, ci tocca di particolareggiare il Visco antipatico che fu. O che è. Prima tappa, il sito ufficiale: vincenzovisco.it. Si presenta con uno slogan: “Competenza, impegno, risultati”. Si può accedere a varie sezioni. Quella biografica aiuta poco: si apprende che è nato a Foggia nel 1942, vive a Roma, è sposato e ha due figli. è laureato in Giurisprudenza e vanta specializzazioni in Economia alla Berkeley University (California) e a York (Regno Unito). Segue un lungo curriculum dell’attività politica, con presenze in commissioni e roba del genere. Le sezioni “il mio lavoro alle Finanze” e “il mio lavoro al Tesoro” non sono delle più accattivanti, almeno per chi non sia del ramo. Prometteva la sezione “Parole, parole, parole”, ma è un sunto delle critiche rivolte a Giulio Tremonti, tema di cui ci si occuperà più avanti. Le sezioni “Vincenzo Visco ti scrive” e “scrivi a Vincenzo Visco” rimandano a una pagina vuota. L’operazione simpatia per via telematica fallisce. La seconda tappa doveva essere uno squillo agli amici perché raccontassero innocui dettagli sulla sua vita privata. Il problema è che non ha amici. O almeno non risulta che ne abbia. Ne avrà, ma li occulta dentro il fortino in cui difende il tempo libero. In giro lo si vede quasi sempre da solo. E di rado, perché odia i giornalisti e se li avvista cambia strada. Li chiama “pennivendoli”, il che è concettualmente corretto. Se è in compagnia, lo è di Giovanni Sernicola, suo muto braccio destro. Alle cene romane si sottrae scientificamente, almeno dalla volta in cui, nel 2001, andò all’inagurazione della casa di Fiorella Kostoris al ghetto, e ci trovò il detestato Tremonti, e per di più in compagnia di Umberto Bossi. Se ne lamentò e andò via presto. Roberto D’Agostino lo prende in giro perché quando compie gli anni non invita nessuno alla festa, ma è più probabile che non la organizzi proprio. Talvolta, il 7 dicembre, va alla prima della Scala. Citiamo una cronaca del 2000: “... un paio d’anni fa si aggirava solitario nel foyer, senza un solo compagno di squadra a supporto, e la gente si dava di gomito: ‘è venuto a vedere chi ha tirato fuori i due milioni e mezzo per il palco, e paragonarlo alla sua dichiarazione dei redditi’...”. Questa nomea di implacabile affamatore dei contribuenti nasce dai fatti e dalle parole. I fatti sono la tassa per l’Europa e l’Irap, varate sotto il suo Regno. L’equità delle imposte è ancora al vaglio di insigni economisti e ci si impone l’astensione dal giudizio. Le parole (e il giudizio) furono invece di Tremonti, con il quale Visco si azzuffa da almeno un decennio. L’analisi del commercialista di Pavia fu calibrata: “Visco è un cretino”. Poi si scusò. E ricalibrò: “Gangster”. E ancora: “Mettere Visco alle Finanze è come mettere Dracula alla guida dell’Avis”. Da allora il capitolo della fisiognomica è illustrato da vignette in cui Visco ha gli incisivi da vampiro grondanti di sangue. Ormai lo si chiama Vlad, come il conte della Transilvania. Successivamente il duello si è spostato sul terreno dell’ornitologia. Un’eventuale intercettazione telefonica fra Tremonti e Visco darebbe la seguente trascrizione. Tremonti: “Gufo!”. Visco: “Avvoltoio!”. Tremonti: “Corvo!”. Visco: “Cornacchia!”. Visco è così orgoglioso e intrattabile da detestare gli incompetenti (cioè i “pennivendoli”) e i giri di parole. Se propone soluzioni impopolari come la tassazione delle rendite è stralunato perché ci si oppone. è la questione della propaganda di cui si diceva prima. La propaganda può tutto. Persino spingere qualche goliarda incattivito, pochi anni fa, a mettere nell’ascensore del condominio di Visco, e per giorni, un involucro di carta igienica dal contenuto immaginabile. Visco ne soffrì moltissimo come quando si ricorda, per obbligo di cronaca, una sua piccola disavventura giudiziaria. Si deve sapere che l’unica passione di cui parla è quella per il mare. L’altra è quella per la musica classica, ma non ne parla. Appena si libera, si imbarca per Pantelleria dove possiede una villetta. Prende il sole e si tuffa in mare. A un certo punto trasformò la cisterna dell’acqua in vano abitabile, e s’è guadagnato una condanna per abuso edilizio. Così compare nei siti malvissuti in cui si elencano i pregiudicati del Parlamento. Oggi dicono sia molto soddisfatto del viceministero cui è stato destinato. è vice di Tommaso Padoa-Schioppa e ha una forte delega alle Finanze. Però, forse per rimarcare l’autonomia, non ha preso ufficio con Padoa-Schioppa e tutti gli altri in via XX settembre, ma da solo in piazza Mastai. Ha voluto per portavoce un ex pennivendolo di Panorama, Roberto Seghetti, che si è già calato nel clima e dice cose come: “Non so niente e anche se sapessi non parlerei”. Insomma, l’operazione simpatia è urgentissima. I lettori di Libero hanno partecipato a un sondaggio da cui è emerso che una foto di Visco conteneva rassomiglianze impressionanti con l’ Urlo di Edvard Munch. Però lui lo sa. Lo sa perfettamente. Una volta ha detto: “Se fossi meno spigoloso avrei raggiunto qualche risultato in più”. Invece nelle memorie di tutti rimangono i toni involontariamente minatori, l’elencazione agghiacciante delle cifre, la disponibilità al vizio ridotta a qualche mezzo toscano. E l’ipotesi di un carattere tendente al rancoroso già forgiato negli Anni Ottanta, quando da allievo del repubblicano Bruno Visentini era un’avanguardia dell’anticraxismo. Eugenio Scalfari lo indicò come membro di un ipotetico governo “dei capaci e degli onesti”. Ministro lo sarebbe diventato solamente nel 93, nel gabinetto di Carlo Azeglio Ciampi. Ma il giorno medesimo la Camera negò l’autorizzazione a procedere per Craxi, e lui si dimise per volere del partito, e straziandosi il cuore» (Mattia Feltri).