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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

VIOLANTE

Luciano Dire Daua (Etiopia) 25 settembre 1941. Politico. Deputato. Dell’Ulivo (Ds) • Magistrato dal 66 all’83, fino al 77 giudice istruttore a Torino, dal 77 al 79 si è occupato di lotta contro il terrorismo presso l’ufficio legislativo del ministero della Giustizia. Deputato dal 79 (Pci, Pds,
Ds), presidente della Camera dal 96 al 2001 • «Gran tessitore di trame davanti l’eterno. Fila dai tempi di Torino, da quando era giudice istruttore di punta e
faceva coppia fissa con l’allora procuratore Gian Carlo Caselli. In questa veste si illustrò soprattutto per saper prendere “vessies pour des lanternes…” (fischi per fiaschi): inchiodò con l’accusa infamante di coup d’état un ex partigiano bianco, Edgardo Sogno, che al massimo era in grado di fare
un colpetto in un municipio. Dopo un crochet all’uncinetto, si ritrova deputato nelle fila del Pci. Un punto di dritto e due di
rovescio ed eccolo eminenza grigia di Ugo Pecchioli e della celebre o
famigerata sezione Problemi dello Stato. Da questo laboratorio privilegiato
riuscì a filare con mezza magistratura. Eletto alla presidenza della Camera diventa
ecumenico, fa gli occhietti alla destra, sdogana Salò e ricorda i giovani dell’altro campo che “andarono a cercar la bella morte”. Seguito sempre con attenzione e con il dovuto rispetto, ha assunto l’incedere cardinalizio dell’eterno candidato alla magistratura suprema. Come ogni buon intellettuale
piemontese ha una grande cote d’amour per la Francia e la lingua di questo paese. Fa shopping a Parigi» (Pietrangelo Buttafuoco nel 98)
• «Gli capita sempre più spesso (aveva cominciato anni fa con una celebre e poi ritirata proposta d’amnistia al Foglio) di dire e non dire, di affermare e rinnegare. L’uomo non è affatto stupido, sa di essere diventato il simbolo di un’epoca in cui la politica si faceva con i processi e altri fanatismi
intransigenti, sa che quell’epoca è tramontata, vuole rimettersi al centro della politica vera, vuole dialogare,
cercare intese di pacificazione, favorire (almeno in apparenza) una crescita
culturale e civile del paese, ma vuole farlo senza pagare alcun prezzo,
gettando sassi nello stagno e poi nascondendo prudentemente la mano. è una via ostica, che alla fine lo espone al rischio di non farsi capire proprio
da nessuno» (Il Foglio)
• «“Conosco, per aver militato nel Partito comunista, i presupposti e le conseguenze
della cosiddetta autocritica...”. è stato allora che le grida di scherno e gli applausi, i rancori e le solidarietà si sono sentiti più forti. Perché era chiaro che quella di Luciano Violante a Montecitorio non era un’autocritica, ma una rivendicazione. Sintetizzata in una frase, cinque minuti
dopo: “Non siamo stati tutti uguali nella storia della Repubblica”. “Bel discorso” (Gianfranco Micciché). “Altissimo” (Gianfranco Fini). “Storico” (Gianni Alemanno). “Gravido di senso dello Stato” (Gennaro Malgieri direttore del Secolo d’Italia ). “Il primo passo verso la fine del dopoguerra” (Alessandra Mussolini). “Mille volte meglio di Forza Italia” (Mirko Tremaglia, non ancora ministro). Una manciata d’anni fa, il neopresidente della Camera Luciano Violante era l’uomo che tendeva la mano agli ex fascisti, costruiva un ponte tra le fazioni,
ricuciva la cesura tra la prima e la seconda Repubblica, e proseguiva dicendosi
favorevole a una commissione d’inchiesta su Tangentopoli, commemorando Craxi accanto alla figlia, riscuotendo
riconoscimenti bilaterali. L’unico a chiamarsi fuori era stato l’altro protagonista di una delle grandi battaglie della guerra fredda italiana.
Edgardo Sogno sino all’ultimo aveva ripetuto: “Io lo conosco bene. è tattica, solo tattica”» (Aldo Cazzullo nel 2003).