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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

VIGNA Piero Luigi Borgo San Lorenzo (Firenze) 1 agosto 1933. Magistrato • Ha cominciato la carriera come pretore nel 59

VIGNA Piero Luigi Borgo San Lorenzo (Firenze) 1 agosto 1933. Magistrato • Ha cominciato la carriera come pretore nel 59. Si è occupato, tra l’altro, della strage del 904, di terrorismo rosso, delle bombe mafiose del 93, del mostro di Firenze. Famosa la sua «linea dura» nel sequestro Belardinelli. Superprocuratore antimafia dal 96 al 2005 • «Uno dei simboli della magistratura italiana degli ultimi decenni. Quasi sempre dalla parte della pubblica accusa, e quasi sempre a Firenze dove è stato prima sostituto procuratore, poi procuratore aggiunto e infine procuratore. Qui, alla fine degli anni Settanta, ha cominciato a occuparsi di terrorismo, e insieme agli inquirenti di altre città avviò una collaborazione giudiziaria spontanea per coordinare le varie indagini. Seguendo quell’esempio nacque a Palermo il pool di Falcone e Borsellino che mise in piedi il maxiprocesso. Erano gli anni Ottanta e Vigna, sempre da Firenze, aveva già incontrato la mafia. Accadde nell’inchiesta sulla strage del 23 dicembre 84, la bomba sul rapido 904 che uccise 15 persone e ne ferì 300. Vigna condusse un’inchiesta che portò all’accertamento delle responsabilità di Cosa nostra in quell’attentato, mentre proseguiva le indagini sul “mostro” che uccideva le coppiette sulle colline intorno a Firenze: imboccò la pista che portò a Pietro Pacciani, morto dopo alterne sentenze e prima che arrivasse un giudizio definitivo. E con l’attentato del 27 maggio 93 in via dei Georgofili, a Firenze, 5 morti e 41 feriti, Piero Luigi Vigna tornò a incrociare Cosa nostra, fino a ottenere le condanne di esecutori e mandanti. Tre anni dopo, nel 96, all’uscita da un interrogatorio del boss Giovanni Brusca che aveva cominciato a “pentirsi” chiarì qualcosa di ciò che il capomafia stava dicendo. Per quell’intervista finì sotto procedimento disciplinare e il Csm “condannò” Vigna con un ammonimento. Ma il magistrato — nel frattempo nominato superprocuratore antimafia — non si arrese, fece ricorso e lo vinse, lasciando intonsa la sua “fedina” disciplinare. Dalla “centrale di coordinamento” delle inchieste sulle cosche Vigna ne ha viste e provate tante. Compresi i colloqui investigativi con boss del calibro di Pietro Aglieri, che voleva “dissociarsi” da Cosa nostra. Ne venne fuori una polemica sulle presunte trattative, ma il superprocuratore tagliò corto dicendo che “la parola trattare mi fa schifo”. E di dissociazione non s’è più parlato» (Giovanni Bianconi) • «Durante la sua carriera, Vigna si era costruito una consolidata fama di esperto di sequestri, ha affrontato una quindicina di casi negli anni bui dell’Anonima. Più o meno anomali, ma se li è visti tutti. Alla procura di Firenze ricordano ancora gli urlacci liberatori di Vigna quando, sempre di notte, arrivava la notizia della liberazione dell’ostaggio. “Quando c’era un omicidio, o peggio una strage, pur con tutto il dolore, ma oserei dire che era meglio. Quel che doveva succedere era purtroppo già successo. Il sequestro invece è un reato permanente che prosegue nel tempo, si aggrava con esso, e tu che devi risolvere il caso te ne senti responsabile. Tremendo”» (Marco Imarisio).