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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

Biografia di Carlo Verdone

Carlo Roma 17 novembre 1950. Attore. Regista • Tra i suoi film: Un sacco bello (80), Bianco, Rosso e Verdone (1980), Borotalco (David di Donatello 82 come miglior protagonista), In viaggio con papà (con Alberto Sordi, 1982), Acqua e sapone (83), Compagni di scuola (88), Stasera a casa di Alice (90), Maledetto il giorno che t’ho incontrato (David protagonista 92), Perdiamoci di vista (David regia 94), Viaggi di nozze (95), Manuale d’amore (David 2005 e Nastro d’argento 2006 come non protagonista), da ultimo Il mio miglior nemico (2005, con Silvio Muccino) • Scuole elementari dalle monache di Nevers a lungotevere dÈ Cenci. Quando veniva la bella stagione, portavano i bambini a Ostia. Verdone,
senza dirlo a nessuno, sperava che fosse cattivo tempo per non tuffarsi • Prima infatuazione per una Carla M. che stava nella classe di fronte alla sua e
che Verdone seguiva vanamente fino alla fermata del 98. Rivista trent’anni dopo che aspettava da un lato, tutta rossa e ignara, di farsi fare un
autografo • Primo amore con un’aristocratica inglese compagna di collegio di Carolina di Monaco che incontrava
al Gianicolo, nel piazzale dove le donne gridano messaggi ai loro uomini
carcerati a Regina Coeli • «Le prime cose le ho fatte con mio fratello Luca nel teatro dell’Università. Poi, più o meno nel 72, ho continuato in una cantina nei pressi di Piazza Cavour dove
faceva un freddo cane, c’erano al massimo 5 o 6 gradi, così gli attori si ammalavano uno dopo l’altro, e a me toccava sostituirli, interpretando tutti i ruoli. Il pubblico,
davanti a questi cambi, si divertiva un sacco, molto di più che con lo spettacolo normale» • Ha acquistato la prima macchina da presa da Isabella Rossellini per 80 mila
lire (era un Bolex Paillard): lei doveva pagare una bolletta del telefono
spropositata e si vergognava di chiedere i soldi al padre • L’uomo che lo ha scoperto, istruito e lanciato È Sergio Leone, di cui oggi Verdone imita perfettamente il ruvido accento
romanesco, la voce lenta e strascicata da autentico trasteverino: «Mi telefonò lui. Aveva visto le mie macchiette a No stop. “M’hai fatto rìde” mi disse in puro romanesco. Andai a trovarlo a casa sua all’Eur, gli sottoposi un soggettino che avevo scritto assieme a Marco Risi. Lo
lesse: “Ma che cazzo hai scritto?” fu il suo commento. E cominciò a telefonare a tutti gli sceneggiatori italiani combinando, lì su due piedi, un film fatto su misura per me. Il risultato fu Un sacco bello. Io avevo visto Per qualche dollaro in più quattro o cinque volte. Era il mio preferito. Quando glielo dicevo, mi
rispondeva: “Ciài propio er gusto dei burini”. Mi dava del burino perché sosteneva che; con un genitore toscano, non potevo definirmi romano de Roma.
Metteva molta soggezione. Era esigente e terribile. M’ha pure menato… Sul set d’Un sacco bello, la scena della telefonata, quando io telefono a mia madre a Ladispoli, e nella
stanza accanto c’È la ragazza spagnola, Marisol, che fa all’amore col suo ragazzo. Lui voleva che facessi quella scena sudato e ansimante, e
mi ordinò: fatti due giri del palazzo di corsa, e poi giriamo. Io pensai, mica sono
matto: mi feci spruzzare di sudore finto, simulai il fiatone, e cominciammo a
girare. Lui se ne accorse, diede lo stop (e non gli spettava, ero io il
regista), mi si avvicinò, mi diede un ceffone terrificante e poi disse: “A stronzo, vatte a fa’ er giro der palazzo, poi giriamo”… La sera prima di iniziare
Un sacco bello io non riuscivo a dormire, avevo una paura fottuta. Stavo in camera mia e verso
le 11 viene mia madre e mi fa: “C’È Leone per te”. Entra e mi dice: “Mettete i calzoni e la majetta, famose du’ passi: tanto tu stasera non dormi”. Passeggiammo un paio d’ore fra Ponte Sisto e l’Isola Tiberina, e mi diede un sacco di consigli. La mattina dopo mi venne a
prendere lui in auto, mi portò alla Dear e il primo giorno mi fece da aiuto. E quale aiuto!»
• Grossa crisi nervosa negli anni Settanta: «Erano attacchi di panico, roba forte. Brutta, davvero ringrazio il cielo di aver
avuto la capacità di dichiararli e la forza di rivolgermi a un grande medico. Piero Bellanova, un
grandissimo psicanalista che mi ha curato senza psicanalisi. Il mio era un problema di panico da
successo. Era il 78 e la mia vita stava prendendo un’impennata che non stavo riuscendo a controllare. Non potevo guidare la macchina
perché mi veniva la tachicardia, l’iperventilazione, mi girava la testa, mi si bloccava il labbro: un casino» (da un’intervista di Alessandra Arachi) • Insonne cronico • «Negli anni Ottanta e Novanta i personaggi di Verdone diventano simboli dei nuovi
atteggiamenti e delle nuove debolezze degli italiani: ciascuno di noi si
riconosce in uno dei tipi descritti, con maniacale attenzione, nei suoi
spettacoli e nei suoi film. Bettino Craxi si innamora del garibaldino
rimbambito che dice finalmente la verità su Mazzini, i Mille, Anita, in uno sketch televisivo con Renzo Arbore. “Mi chiese la cassetta, gliela mandai e lui ricambiò con un regalo. L’avevo conosciuto ad Hammamet, nel 1980. Ero lì in viaggio di nozze con mia moglie Gianna, lui era ancora in albergo come un
turista normale. Mi riconobbe e mi invitò in una casa, credo fosse del sindaco di Brescia, per una festa. Tutta la sera
ha ballato con Gianna, tanto che a un certo punto gli dissi: adesso basta. Era
un uomo intelligente e generoso, a volte un po’ autoritario. L’ho poi incontrato e frequentato, in seguito, in casa di una comune amica”» (Barbara Palombelli)
• Stupore quando andò nel villone che Busiri Vici aveva costruito a Caracalla per Alberto Sordi: si
vedevano ogni mattina alle nove per scrivere la sceneggiatura, ma Verdone
doveva andare in bagno dall’altra parte della casa perché Sordi aveva un suo bagno personale, da cui gli ospiti erano esclusi. Alla fine
del film, andarono insieme a cena all’Apuleis, un posto appartato sull’Aventino. Sordi gli disse: «Carlo, per te saranno guai. Come riuscirai a far ridere ancora? Qui il ridicolo È dappertutto, so’ dolori per i comici»
• «Attori come Gassman e Sordi hanno sempre interpretato ruoli di uomini che “rimorchiano”, che hanno successo con le donne. Il mio personaggio, invece, È sempre un po’ succube rispetto all’universo femminile. Ma questo deriva da una ragione precisa: noi abbiamo vissuto
il femminismo, loro no. L’uomo della mia generazione È uno che ha perso potere, che È smarrito, costretto a rincorrere una donna sempre molto più intelligente di lui. Insomma, io mi sono trovato a raccontare un maschio in
crisi»
• «Nei film contano molto anche gli attori con cui si lavora. Io, per esempio, ho
voluto Mario Brega e Sora Lella, tutti e due bravissimi, Sora Lella andava
spesso a braccio. Con loro una battuta si “chiudeva” sempre bene» • Abita a Monteverde vecchio, in un bellissimo attico circondato dal verde e dove
si vede, a 360 gradi, tutta la città. «Gli arredi somigliano al padrone di casa: tranquilli, borghesi, rassicuranti
come i divani bianchi e i tappeti sparsi sul parquet lucidissimo. Regna ovunque
un ordine totale. La famiglia Verdone ha sempre mescolato la tradizione
borghese con la passione per la musica, il cinema, le arti. Papà Mario, storico del cinema autorevole e ironico, È ancora un punto di riferimento per i figli Carlo, Luca e Silvia (
moglie di Christian De Sica - ndr). La mamma Rossana, scomparsa e molto rimpianta, È sempre presente nelle fotografie e nelle loro vite» (Palombelli) • Silvio Muccino, con cui ha girato da ultimo Il mio miglior nemico: «Non sapeva in che guaio si metteva lavorando con me. Lui È ordinatissimo, io sforno idee ma non so stare fermo, arrivavo a casa sua, mi
levavo le scarpe, le mettevo sul divano e lui impallidiva. E spesso avevo fame,
mangiavo panini e Carlo mi seguiva con l’aspirabriciole e lo passava anche sulla mia camicia» (da un’intervista a Maria Pia Fusco) • Tormentato dalla critica, unanime nel riconoscere le sue grandi doti d’attore, tiepida nel giudicare i film dal punto di vista della regia. Lietta
Tornabuoni ha però scritto: «Tra “Verdone sì” e “Verdone no”, Verdone che ha ragione di lamentarsi del limitato apprezzamento di alcuni
critici o che ha torto a fare la vittima, personalmente sarei per “Verdone magari, sempre”. Lo considero un attore straordinario. Meno portato all’analisi sociale e meno malvagio di Alberto Sordi, ma altrettanto bravo come
comico romano, ideatore di espressioni verbali entrate a far parte del
linguaggio comune, interprete perfetto della piccola borghesia romana e delle
infinite manìe stupide degli italiani, creatore dei personaggi più indimenticabili»
• Organizza ogni anno un festival cinematografico a Siena (Festival Terra di
Siena) • Romanista • Politicamente si È pronunciato per Veltroni. Dice che preferisce rappresentare la gente qualunque
(e la sua fragilità) piuttosto che i vizi dei politici. Però in Gallo Cedrone si vedeva Armando Feroci che in un comizio voleva asfaltare il Tevere e anche
un democristiano che diceva: «Siamo sempre tesi alla compressione programmatica delle scelte operative del
governo».