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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

VASSALLI

Giuliano Perugia 25 aprile 1915. Giurista. Nel 68 è stato eletto deputato per il Psi-Psdi, nell’83 senatore per il Psi. Dall’87 al 91 è stato ministro della Giustizia (governi Goria, De Mita, Andreotti VI). Dal 91
giudice della Corte costituzionale, di cui è stato vicepresidente (96-99), presidente (99-2000), e di cui adesso è presidente emerito • «Un uomo coraggioso. Di lui Giacomo Mancini una volta disse: “Sembra docile, ma può diventare una tigre”. Lui sorride alla battuta, “fu pronunciata all’epoca in cui — da ministro della Giustizia — mi scontrai con i magistrati. C’era stato il caso Tortora... c’erano stati degli abusi, violenze nei confronti di imputati e testimoni”» (Barbara Palombelli) • è stato un capo partigiano: «Mi presero per una soffiata, in via del Pozzetto, a pochi passi dal Parlamento.
Una volta in macchina, cercai per due volte di buttarmi, aprendo lo
sportello... Vidi che andavamo verso piazza Venezia, avevo capito che non c’era più niente da fare. Meglio uccidersi, che finire là. A via Tasso, nella primavera del 44, c’erano i segregati dal mondo, i prigionieri più pericolosi, quelli che venivano interrogati di continuo dalle SS: loro la
chiamavano “la prigione di casa”. Quando ci arrivai, il 13 aprile, ero sicuro che non ne sarei uscito vivo. Ero
già cieco dalle botte subite nel tragitto, rimasi con i grumi di sangue negli occhi
per 20 giorni, ero talmente ferito che mi avvolsero in una coperta e cacciarono
via tutti i civili che si erano fermati davanti al portone, nessuno doveva
vedere in che stato mi avevano ridotto. Avevo 29 anni, ero uno dei capi della
Resistenza, sapevo cosa voleva dire entrare lì, erano trascorsi soltanto dieci giorni dalla strage delle Fosse Ardeatine. Da
via Tasso passarono Bruno Buozzi e i 14 compagni che furono uccisi a La
Storta... mi piazzarono nella celletta numero 2, insieme a un uomo buttato a
terra, Angelo Ioppi, un brigadiere dei carabinieri che fu poi decorato, ci
legavano le mani dietro con i ferri a scatto, potevamo mangiare in una ciotola,
proprio come i cani... Sono stato là per 62 giorni. Mi liberò il generale Wolff, su pressioni del papa Pio XII e anche, credo, di Virginia
Agnelli, che scrisse un bigliettino di poche parole a mio padre: probabilmente
il penalista avrà la vita salva. L’ultima volta che ho incontrato Gianni, il 31 maggio 2001, alla assemblea della
Banca d’Italia, mi parlò proprio di sua madre...».