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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

VANONI

Ornella Milano 22 settembre 1934. Cantante. «Stiamo perdendo il romanticismo. A me piacciono tanto gli uomini che piangono» • Due grandi amori che hanno anche avuto importanti risvolti professionali:
quello con Giorgio Strehler, che nel 60 l’ha fatta esordire al Piccolo di Milano, e poi quello con Gino Paoli • Strehler l’ha tra l’altro inventata come interprete di canzoni milanesi e della mala. Primi
successi: La zolfatara e Ma mi (58), Le Mantellate (59). Si è avvicinata quindi a Gino Paoli (Senza fine, 61; Che cosa c’è, 63). Contemporaneamente, si è imposta anche in Rugantino di Garinei e Giovannini (62, con le canzoni, ’Na botta e via, è l’omo mio), nel 64 ha vinto in coppia con Domenico Modugno il Festival di Napoli (Tu si’ ’na cosa grande). Ha partecipato sette volte al Festival di Sanremo senza vincerlo mai (Abbracciami forte, 65; Io ti darò di più, 66; La musica è finita, 67; Casa bianca, con cui arriva seconda, 68; Eternità, 70; Io come farò, 80; Alberi, 99). Altri successi: Un’ora sola ti vorrei, Tu non hai capito niente, Mi sono innamorata di te, queste ultime due di Tenco, ecc. • Nel 2004, per festeggiare i settant’anni, ha inciso un disco con Gino Paoli (Ti ricordi? No, non mi ricordo) • Ha raccontato così, a Giampiero Mughini, il suo debutto a teatro: «A quel tempo ero timidissima, come impacciata dal mio corpo di cui conosco i
difetti. Portavo dei gran foulard per coprire la cicatrice che ho sul collo.
Per il resto vestivo alla maniera della Rive Gauche, dei maglioni neri che mi
chiudevano e mi nascondevano. Strehler mi seguiva ovunque, prendevo il tram e
vedevo lui che veniva dietro sulla sua auto» • «Strehler è stato compagno, amico, padre, maestro. Forse troppe cose assieme, e cose che
avvenivano troppo velocemente. Un rapporto così ti leva la leggerezza. Mi sentivo bambina in un cappotto troppo grande. E poi
forse Giorgio mi amava più di quanto io amassi lui» • «è stata famosa tutta la vita. Non solo per la voce. A 18 anni a Santa Margherita
e Paraggi era la più famosa della spiaggia con il nome d’arte (per quei tempi molto trasgressivo) di Culo d’Oro. Bellissima, viziatissima, esagerata come possono esserlo solo le belle
ragazze che ogni volta che varcano una soglia fanno un’entrata che stende i presenti. Figlia unica, di ottima famiglia borghese, papà e mamma che l’adoravano, aveva un guardaroba molto rifornito per l’epoca. Insomma, gli uomini la guardavano per quello che c’era dentro l’abito, le donne anche per il vestito. Era sempre lei che lanciava una moda,
sempre lei che la fiutava in anteprima. I racconti parlano chiaro: Culo d’oro non era una che si poteva non notare, anzi era la più osservata, spiata, corteggiata dalle caldi estate degli anni Cinquanta. Su di
lei tutti gli occhi maschili e femminili. Con questa scena continua, a tutto
pensava la sinuosa Ornella meno che a fare la cantante. Lei la scena già ce l’aveva. Culo d’oro aveva però una fissazione: l’amore. Ah, quanto le piaceva parlare d’amore. Suscitare amore. Forse anche fare l’amore, ma quelli sono fatti suoi. Ecco dunque la ragazza che qualche anno dopo
incontrò Giorgio Strehler. La prese, la disfece, la rifece. Le insegnò a cantare. Superò il maestro perché la scena la sapeva già calcare, ma il maestro le fu fatale. Lei, il Culo d’oro che prima gli uomini li buttava, del suo maestro non si riuscì mai a liberare. Tutto si rifaceva sempre a lui, come se fosse stato il primo
uomo della sua vita. In effetti fu il primo a cui non fece una sdegnosa
resistenza. Fu il primo che le sembrò calcasse meglio di lei la scena. Fu il primo che la trattò così male e la lasciò senza darle il tempo di lasciarlo prima. A lei che piaceva tanto l’amore e che del fatto era interprete e regista, perfetta, quell’istrione insegnò le appassionate gioie della passione infelice. Le uniche che una grande attrice
e una femmina ritiene degne di considerazione. è stata la prima star che ha dichiarato la sua età» (Lina Sotis)
• Una volta incontrò Strehler che usciva da teatro «e che non mi salutava. Mi sono avvicinata, l’ho preso per un braccio e gli ho sorriso: “Giorgio, che fai, non mi saluti?”. Lui mi ha lanciato uno sguardo impaurito, m’ha mormorato “Ti ho tanto amata” ed è scappato via» • «Sono una cantante di un’estrazione così particolare per gli italiani; lo sono stata per anni; non mi accettavano:
questa voce così brutta! Io non ho una bella voce, ho una voce particolare. E mi sono proprio
spezzata per arrivare a fare qualcosa» • «Come cantante francese avrei avuto una carriera folgorante, non mi sarei fermata
alla Francia, sarei andata veramente oltre. Noi, in fondo, parliamo e cantiamo
una lingua morta, non c’è nessun altro che parla italiano. Io poi alle mie spalle avevo anche una
preparazione teatrale, qualcosa che da noi non c’è quasi mai, e quindi stando qui è stato difficile accettare una cantante che si muoveva in una certa maniera;
sono stata persino accusata di concedere poco mentre cantavo, perché stavo ferma e invece, secondo me, in una canzone basta “quel” gesto. Poi piano piano il pubblico si è evoluto, ma c’è stato anche che io mi sono “indignata”: eh, no! Così sono e così mi accettate e sono andata avanti, avanti, avanti, avanti»
• «Io con le mie canzoni ho sempre cercato di dire dei sentimenti molto precisi, e
cioè uno: che l’amore non è felice, mai. Perché l’amore, quando c’è temi di perderlo, quando arriva hai paura, e quando se ne va è infelicità. La grande felicità ti porta le lacrime. Questa secondo me è la verità» • «Le canzoni della mala all’epoca le amavo, ma non abbastanza coscientemente, come gli amori di quando sei
troppo ragazza. Io ho amato Strehler che ero una ragazzina e lui aveva questa
grande, enorme personalità; lo amavo, sì, ma quasi violentata dalla sua personalità, perché troppo grande per me; le canzoni della mala, allora, mi sono state buttate
addosso, non me le sono scelte io con calma» • «Le Mantellate era una canzone nata sul finire del mio rapporto con Strehler, sul mio
cominciare a rimanere sola che è stato il momento più drammatico della mia vita. E così questa canzone la amavo e la amo ancora oggi, vivo intensamente questa donna
chiusa ingiustamente in questa galera, ingiustamente per lei, la sento, la
soffro» • «Tenco mi piaceva moltissimo come autore e come cantante, ma aveva un difetto: se
il successo non veniva subito, diceva: “Non gioco più”. Io mi ricorderò sempre il suo primo pezzo: Quando. Dopo dieci giorni che il disco era uscito, nessuno ne parlava ancora e lui
disse: “Basta, basta; io lascio questo mestiere”. Per me è inconcepibile arrendersi e quindi, quando era vivo, io non l’ho mai cantata, perché c’era questo lato del suo carattere che m’innervosiva, pur ammettendo che le sue canzoni erano straordinarie» (da un’intervista di Dina Luce del 74) • Su Gino Paoli: «Quello con Gino è un legame che non si è mai sciolto. Di me lui ha sempre detto che sembro un setter ma sono un boxer.
In realtà i grandi amori non finiscono mai. Se non li vivi fino all’esaurimento, come fanno a finire?» Gino Paoli su di lei: «Ornella mi attirava soprattutto come donna, ma è difficile scindere, in una come lei, la donna dall’artista. Ha una carica espressiva viscerale. Ha un carattere esagerato qualunque
cosa faccia. La vulnerabilità è la sua dote che preferisco. Quando la guardo mi viene voglia di proteggerla» (a Mario Luzzatto Fegiz)
• In occasione dei settant’anni ha detto: «Non ho più l’età per propormi in maniera sexy. Dopo anni di confusione ho imparato a vestirmi;
per esempio metto una maglia a maniche lunghe, con la scollatura larga, in modo
da far uscire la spalla; e la spalla regge ancora, almeno finché non crolla l’osso» • è stata sposata con l’impresario teatrale Lucio Ardenzi (14 agosto 1922 - 2 luglio 2002), da cui ha
avuto il figlio Christian • «Sono stata molto infedele. Poi ho smesso. Era troppo faticoso. Gestire l’infedeltà è un’impresa».