Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
VANACORE
Pietro Accusato del delitto della ventunenne Simonetta Cesaroni (29 coltellate),
avvenuto a Roma in via Poma (n. 2 c, scala B, dove lavorava come portiere) il 7
agosto 1990, fu arrestato appena tre giorni dopo l’assassinio; secondo l’accusa era innamorato della vittima, che aveva ucciso perché respinto. Rimesso in libertà dopo venti giorni di carcere, fu poi scagionato (il 16 giugno 93 il giudice
Antonio Cappiello dichiarò l’improcedibilità nei suoi confronti per la mancanza assoluta di prove. Il vero colpevole non è mai stato trovato, vedi anche VALLE Federico)
• «Io facevo il portiere, stavo bene. Poi, di colpo, un pomeriggio, è scoppiato l’inferno» • «Nessuno è riuscito a conoscerlo. C’era sempre Vanacore e il suo doppio: “Il grande bugiardo”, come ebbe a definirlo il questore Improta nel suo famoso appello televisivo; o
un innocente che aveva fatto tutto ciò che era umanamente possibile per essere scambiato per colpevole, come arrivò ad ipotizzare l’allora capo della Mobile, Nicola Cavaliere. Un uomo mite, triste, taciturno,
appassionato del suo lavoro, come hanno testimoniato i suoi condomini; un
animale a sangue freddo capace di ammazzare gattini appena nati sbattendoli
contro il muro, come affermò un suo ex collega. La risposta la conosce solo lui» (la Repubblica nel 95).