Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
URBANI
Giuliano Perugia 9 giugno 1937. Politico. Ex deputato di Forza Italia. Ministro per la
Funzione pubblica nel Berlusconi I, per i Beni culturali nel Berlusconi II. Dal
maggio 2005 consigliere d’amministrazione Rai • Fu Urbani, all’epoca in cui era ancora soltanto un professore di Scienza politica alla Bocconi,
a dimostrare a Berlusconi che «bisognava scendere in campo»: «Dopo il primo turno delle elezioni amministrative (maggio 1993 — ndr) Urbani aveva calcolato che, grazie alla nuova legge elettorale maggioritaria,
con il 30 per cento dei voti la sinistra avrebbe conquistato una larga
maggioranza assoluta alla Camera. Urbani, liberale, prima di approdare da
Berlusconi, aveva fatto lo stesso discorso al comitato direttivo di
Confindustria […] Gianni Agnelli, considerando irricevibile per sé la proposta di sponsorizzare una coalizione anticomunista, gli disse: “Ne ha parlato con Berlusconi?” […] Urbani uscì dalla villa di Arcore alle due del mattino del 30 giugno. Poche ore dopo
Berlusconi chiamò Gianni Pilo, il giovane responsabile del marketing editoriale della Fininvest: “Mettiti al lavoro. Qui c’è il rischio di dover fare un partito in quattro e quattr’otto”» (Bruno Vespa)
• Furibonde litigate, arricchite di querele e controquerele, con Sgarbi,
sottosegretario ai Beni culturali quando lui era ministro. Fu Sgarbi ad
accusarlo pesantemente a proposito della relazione con l’attrice Ida Di Benedetto • «Il ministro dei Beni culturali più impopolare dai tempi magici di Vincenza Bono Parrino (colei che vide per la
prima volta Venezia a nomina avvenuta). Tessera numero 3 di Forza Italia,
animatore di quell’Associazione per il buongoverno che ne fu la culla programmatica, avrebbe ambìto fare lo stratega. Politologo liberale, bocconiano, già testa d’uovo di Centro Einaudi, Ispi, Confindustria e via elencando, è uno che a fine 95, morto il governo Dini, si riuniva con i professori
Fisichella, Salvi e Bassanini per impostare la nuova fase costituente della
Repubblica italiana e pur di spuntarla negoziò una notte intera tête-à-tête con Umberto Bossi, cenando a cassoeula nella villa di un leghista ricco nei
boschi di Malpensa. Ebbene uno così, per crudeli alchimie di governo, nel 2001 ebbe in cambio i modesti,
mortificanti Beni culturali: materia che non lo interessa. Ma a comandare ci
tiene, eccome. Anche senza risorse, anche prendendo schiaffi. Dall’opposizione gli rimproverano di tutto: è poco presente in aula e in commissione; non dialoga abbastanza con le
associazioni; ha annullato il principio dei finanziamenti triennali allo
spettacolo; nomina la nuova commissione cinema per poi criticarla per il
mancato finanziamento di alcuni film; ignora gli organismi consultivi: tant’è che Giuseppe Chiarante si dimise per protesta dal Consiglio nazionale dei beni
culturali di cui era vicepresidente. Tema delicato, il cinema. Vittorio Sgarbi,
quand’era sottosegretario, fece sapere che il ministro era molto attento alle esigenze
artistiche di una sua cara amica, l’attrice napoletana Ida Di Benedetto» (Enrico Arosio)
• «“Non voglio dire nulla, né mai lo farò, delle mie vicende private e personalissime. Da professore liberale ho sempre
considerato la mia vita privata un tabù”. Niente, dunque, sulla relazione tra lui e l’attrice napoletana Ida Di Benedetto, finita sulle pagine del settimanale Chi e
raccontata per immagini da Oggi. Un amore che lui non smentisce. E che i suoi
collaboratori più stretti riassumono così: “Come ha dichiarato Ida Di Benedetto, è una storia che va avanti da ben prima che Urbani occupasse il dicastero della
cultura. Parliamo in ogni caso di un’artista con trent’anni di esperienza, che certo non aveva bisogno di un politico per fare il suo
mestiere”» (Elvira Serra)
• «“Essendo un professore, io chiedo sempre che la politica noi la lasciamo fare ai
politici. E questo perché è una cosa troppo seria per lasciarla fare solo ai professori”. Bravo. Bravissimo. Però il ministro Urbani è, per l’appunto, un professore. A chi lo chiede, di lasciare la politica ai politici?
Solo agli altri professori? Non sta bene. Un buon politico, ma anche un buon
professore, dovrebbe sempre dare l’esempio. Quindi, come professore, non dovrebbe occuparsi di politica. Eppure se
ne occupa, eccome. Fa il parlamentare. Il ministro. Il dirigente di Forza
Italia. Raramente si sono visti professori più votati alla politica, o politici più professorali. Urbani fa il professore con i politici, e il politico con i
professori. Parafrasando il generale von Clausewitz, potremmo dire che è uno di quei professori che cambiano natura in ogni caso concreto» (Sebastiano Messina).