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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

UGHI Uto Busto Arsizio (Varese) 21 gennaio 1944. Violinista • Famiglia di origine istriana, nome di battesimo Bruto (da uno zio morto a El Alamein)

UGHI Uto Busto Arsizio (Varese) 21 gennaio 1944. Violinista • Famiglia di origine istriana, nome di battesimo Bruto (da uno zio morto a El Alamein). A sette anni si è esibito per la prima volta in pubblico al Lirico di Milano eseguendo una Ciaccona di Bach e alcuni Capricci di Paganini. Dai nove ai tredici anni ha studiato violino con George Enescu, già maestro di Menuhin, a Parigi e all’Accademia Chigiana di Siena. Nel 78 è diventato accademico effettivo di Santa Cecilia. Nel 97 gli è stata conferita l’onoreficienza di Cavaliere di Gran Croce per meriti artistici. Ha suonato, tra l’altro, con la New York Philarmonic Orchestra e con la Concertgebouw di Amsterdam sotto la direzione di maestri come Celibidache, Sinopoli, Mehta, Colin Davis. I suoi violini sono un Guarnieri del Gesù del 1744 e uno Stradivari del 1701 detto Kreutzer perché appartenuto al grande violinista cui Beethoven aveva dedicato la celebre sonata • «Studia per ore ogni giorno e, quando fa un concerto, ha sempre un brivido, il timore di non essere abbastanza creativo, abbastanza appassionato. Proprio come un amante. è un personaggio senza luogo, che vive in tanti luoghi, anche se ama Roma più di ogni altra città al mondo; anche se, dice, si sente profondamente italiano. Lui, che ha una cultura mitteleuropea, che è nato a Busto Arsizio, da padre istriano e da madre veneta, ma che a cinque anni è andato a studiare musica a Parigi e quindi a Ginevra e a Vienna. Lui, che a dodici anni ha cominciato a girare il globo per i suoi concerti e che, a vent’anni, in Australia, di concerti ne ha tenuti quarantacinque di seguito. Nessun luogo, tanti luoghi» (Silvana Mazzocchi) • «Ho cominciato a suonare a cinque anni e all’epoca era considerato un avvenimento da enfant prodige. Ma se oggi guardiamo, che so, al Giappone, centinaia di bambini cominciano a suonare il violino già prima, a quattro, perfino a tre anni. Io sono cresciuto con la musica, mia nonna suonava il pianoforte, mia madre aveva studiato canto, mio padre il violino. Lui era nato a Pola ed era venuto in Italia prima della guerra. Era un avvocato, ma anche un grande appassionato di musica. Era amico del maestro Coggi, il primo violino della Scala sotto Toscanini. Venivano in tanti a casa nostra un paio di volte alla settimana, secondo l’uso austriaco della “hausmusic”. E sentivo suonare, cantare. A dieci anni sono andato a studiare a Parigi e ho avuto la fortuna di farlo con uno dei più grandi compositori dell’epoca, George Enescu, un rumeno, violinista, pianista, direttore d’orchestra che in Francia aveva cambiato il nome in Enesco. Un personaggio straordinario, un musicista globale, come allora ce ne erano tanti in Europa, con un’immensa immaginazione. Peccato, ero così giovane e immaturo da non poterlo apprezzare fino in fondo. Ma conservo emozioni profonde, sensazioni e istinti che non ho mai perduto. Quando lui morì avevo dodici anni. Allora sono andato a studiare a Ginevra, poi a Vienna. Per me è stata determinante la cultura austriaca e questo è scontato per un musicista. La grande musica strumentale si è sviluppata nei paesi tedeschi, da Bach a Beethoven, a Mozart, a Schumann. Per me la grandissima musica sta a cavallo tra Settecento, Ottocento e Novecento. In seguito c’è stata quella frattura tra musica dodecafonica e musica tonale che pure ha prodotto grandissimi autori come Stravinsky, Bàrtok, Sostakovic, Schönberg, Berg, la scuola viennese del Novecento» • «Se non fossi un musicista, vorrei fare l’antropologo. Cerco sempre di capire le ragioni per cui gli esseri umani vivono in modi diversi. E, per farlo, viaggio. In genere lascio il violino che ho portato per il concerto in albergo, al sicuro in cassaforte e parto con un altro strumento più moderno, meno prezioso. Mi serve per studiare. Una giornata senza musica è una giornata stupida» • «I miei due violini sono diversi tra loro. Il Guarnieri possiede un tono caldo, dal timbro scuro, sensuale, più vicino al romanticismo... è come una pittura fiamminga; lo Stradivari-Kreutzer invece ha una voce apollinnea, evoca un quadro rinascimentale italiano, o addirittura il Beato Angelico» • «Il piacere di un bel suono, di una nota, di una scala fatta bene è fisico, sensuale. Richter, Rubinstein avevano un’immaginazione senza limite e un profondo godimento fisico di quello che suonavano. E la ricerca dei colori di Benedetti Michelangeli? Era come un pittore che avesse una tavolozza davanti a sé e sceglieva a seconda dell’ispirazione, dell’esigenza spirituale del momento» (da un’intervista di Alberto Sinigaglia) • «Amo la letteratura, che penso sia l’espressione artistica più legata alla musica. Ma amo molto anche la pittura e le arti figurative in generale. Non a caso, per viverci, ho scelto città d’arte come Roma o Venezia. Ma a me piace anche molto la natura, la montagna. E sciare. Brahms si ispirava soprattutto in montagna, che vuol dire silenzio, solitudine, elevazione, assoluto» • «Per me le Dolomiti, anche quelle del Cadore, sono le montagne più straordinarie. La forma e il colore della roccia ne fanno sculture, cattedrali. Il gruppo del Civetta, le Tofane, il Pelmo, l’Antelao sembrano concepiti da una mente d’artista: il grande architetto dell’universo» • «Il silenzio forse è il momento più suggestivo e più musicale».