Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
TROMBADORI
Duccio Roma 28 febbraio 1945. Giornalista. Critico d’arte. Pittore. Figlio del comunista Antonello (10 giugno 1917-18 gennaio 1993
uomo politico, giornalista, critico d’arte). Nipote del pittore Francesco (7 aprile 1886-24 agosto 1961) • «Sono nato nel quartiere Prati, a Roma. Convivevamo con la famiglia di Fabrizio
Onofri. Una piccola comune di intellettuali rivoluzionari professionali del
Partito comunista. Giovanni Sabbatucci, lo storico, era mio compagno di banco
alle elementari. Ricordo i Natali per i figli dei funzionari, alle Botteghe
Oscure: i figli di Antonio Giolitti, Fabrizio Onofri, Aldo Natoli, Mario
Socrate, Pietro Ingrao, Lucio Lombardo Radice. Ricordo in casa Pajetta Emilio
Sereni, truccato da Babbo Natale, rincuorare la nostra vita di “esiliati in patria”. Ero ragazzino e mi sembrava di portare sulle spalle tutte le “colpe” dei comunisti. Gli stessi comunisti erano chiusi, moralisti, bigotti. Nel 56
Gaetano Trombadori, il letterato, zio di mio padre, firmò una lettera di condanna della repressione sovietica in Ungheria. Da quel giorno
non poté più entrare in casa nostra»
• «All’università, Architettura, ero parte della nidiata di Bruno Zevi, leader rinnovatore,
assieme a Sergio Petruccioli, Duccio Staderini, Massimiliano Fuksas, Renato
Nicolini. Fui segretario degli universitari Pci romani e poi entrai all’Unità. Giornalismo severo, disciplinato, concezione liturgica della funzione della
stampa e quindi anche un po’ censoria. Con Reichlin non ebbi vita facile. Mi accusò di aver organizzato una frazione socialista»
• «Morto il Pci, chissenefrega di Veltroni» • «Sono entrato nel sindacato Cisl su richiesta di D’Antoni e l’ho fatto anche per segnare il mio interesse per il mondo cattolico» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti).