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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

TRINCALE

Franco Militello (Catania) 12 settembre 1935. Cantastorie. Vive da molti anni a Milano,
dove ha composto tra l’altro 13 ballate su «don Silvio Berlusconi / il padrone dei padroni» • «È un uomo da battaglia. Ha scelto la battaglia nel 59, quando arrivò a Milano. Da allora ha raccontato i grandi e piccoli fatti della cronaca e
della politica italiana, fino alla guerra in Iraq, alla Scala riaperta e all’assassinio del benzinaio di Lecco: “quella pistola che invece il destino / fece di Davide un assassino”. Ha scritto canzoni sugli immigrati al Nord, sul “poliziotto della sesta compagnia che le scatole s’È rotto e se n’È venuto via”, sui meridionali che all’inizio degli anni 70 occuparono a Milano le case di via Tibaldi, sui figli del
Carosello, sugli operai dell’Alfa Romeo che lottarono “per la categoria che discrimina e disunisce e il padrone irrobustisce”, sui morti di Piazza Fontana, sugli scioperi resistenziali nelle fabbriche, su
Tangentopoli, e soprattutto contro: contro la mafia degli agrari, contro “Nixon boia”, contro la “scuola di classe”, contro i “discorsi da preti”, contro “Almirante il fucilatore”. Rime facili e popolari che più popolari non si può, versi carichi di rabbia, di ingenuità e di sarcasmo, nella tradizione pura dei cantastorie, da Michele Straniero a
Buttitta, versi che hanno fatto arrabbiare questori e politici. Una tradizione
in declino. Per anni ha cantato in corso Vittorio Emanuele, dietro l’abside del Duomo di Milano. Finché un’ordinanza comunale, nel 2002, vietò l’uso di qualunque impianto di amplificazione, “in quanto causa di molestie alla cittadinanza”. Si disse che quel che dava fastidio in realtà non erano gli impianti di amplificazione ma le ballate che Trincale dedicò a “San Berlusca”, il quale rispose con un dossier di 66 pagine consegnato al Tribunale di Milano» (Paolo Di Stefano)
• «Sua canzone più famosa, quella Ballata del Pinelli, che gli costò pure un processo. Difeso, nientemeno, da Umberto Terracini, fu assolto, e non
perché la sua canzone raccontasse la verità sulla morte di Pinelli, figuriamoci. Le canzoni — spiegò Terracini — non devono raccontare la verità. Obbediscono ad altre regole e possono essere condannate solo da un critico, da
un filologo, dagli Aldo Grasso e dalle Natalia Aspesi, o dalla giuria di
Sanremo» (Francesco Merlo).