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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

TREMONTI

Giulio Sondrio 18 agosto 1947. Politico. «Il pil misura tutto tranne ciò per cui vale la pena vivere» • Il più autorevole ministro di Berlusconi: titolare delle Finanze nel Berlusconi I, poi
nel Berlusconi II e III ministro dell’Economia, dicastero che, grazie alla riforma Bassanini, riuniva in sé Tesoro, Finanze e Bilancio. Il versante liberista della sua azione di governo,
quello che lo spingeva a tagliare la spesa pubblica, gli inimicò l’Udc e soprattutto An: presentatosi in casa di Berlusconi la sera di venerdì 2 luglio 2004 con un documento di 23 cartelle che prevedeva tagli alla spesa
pubblica per cinque miliardi e mezzo, si sentì dire da Fini che i conti erano truccati e che Berlusconi non aveva scelta: o
dal governo se ne andava Tremonti oppure se ne andava lui. Tremonti lasciò e fu sostituito dal suo direttore generale Domenico Siniscalco
• L’anno dopo però, al culmine della crisi col governatore Fazio, quando Siniscalco diede a sua
volta le dimissioni, fu richiamato: a Tremonti, che era già stato reintegrato nel governo, essendo vicepresidente del Consiglio nel
Berlusconi III, venne riconsegnato il ministero dell’Economia, auspice lo stesso Fini. In quella veste, completò il siluramento del governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, che non intendeva dimettersi, prima umiliandolo alla
riunione del Fondo Monetario Internazionale del 23 settembre 2005, in cui non
delegò a parlare — secondo tradizione — il governatore, ma il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli. E poi
preparando la legge che limitava nel tempo il mandato e dove sarebbe stato
scritto, se Fazio avesse resistito ancora, il nome del suo successore. A quel
punto Fazio si dimise, lasciando il posto a Mario Draghi
• Tremonti, del resto, aveva messo sotto accusa il governatore quasi subito,
imputandogli, in una famosa riunione del Comitato Interministeriale per il
Credito e il Risparmio del luglio 2003, di non aver prevenuto i crack Cirio e
Parmalat, nonostante le avvisaglie fossero chiare e lui stesso gli avesse
scritto due lettere, il 3 e il 24 aprile 2003, in cui, nella forma della
richiesta di chiarimenti, lo si metteva sul chi vive. Fazio aveva risposto a
quelle lettere solo il 24 maggio e senza dar spiegazioni. Tremonti, quando
aveva un giornalista davanti a sé nel suo ufficio, richiamava l’attenzione sul fatto che usava come portapenne un barattolo di pelati Cirio, per
impedirsi di dimenticare. E attaccò frontalmente Fazio all’assemblea generale dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana), minacciando di togliere alla Banca d’Italia la gestione della tesoreria e di varare una legge che limitasse i poteri
del governatore. Venuto a difendersi in Parlamento sul caso Parmalat, Fazio
rispose a tono: «Il ministro Tremonti, che di mestiere fa il commercialista, s’intende certo più di me di paradisi fiscali»
• Nel contrasto tra Fazio e Tremonti c’è anche un aspetto pratico: per migliorare i conti dello Stato, Tremonti voleva
mettere sul mercato una parte delle riserve d’oro conservate in Banca d’Italia (un valore di 27 miliardi di euro) e Fazio s’era sempre opposto • Azione di governo articolata, molto complessa, impossibile da inquadrare in uno
dei due schemi, e cioè “liberale” o “statalista”. Tremonti pretende per sé la qualifica di “colbertista”, dal ministro di Luigi XIV (Colbert) che impostò una forte politica di intervento pubblico sull’economia. Da questo punto di vista, il tratto più significativo è stato forse la nuova definizione della Cassa Depositi e Prestiti, di proprietà del Tesoro, nella quale Tremonti ha fatto entrare le Fondazioni Bancarie
(cedendo loro il 30 per cento) e dove ha collocato, oltre alle nuove società Infrastrutture e Patrimonio spa (vedi più avanti), anche il 30 per cento di Terna (energia elettrica) e il pacchetto
pubblico di Eni ed Enel. Questa operazione gli ha consentito di metter fuori
dal perimetro dei conti dello Stato la Cassa (in quanto banca che, raccogliendo
i denari raccolti nei 14 mila sportelli postali e investendoli, opera come un
qualunque altro istituto privato) e di fornire all’esecutivo un modo per intervenire nell’economia del Paese che Bruxelles, almeno finora, non riesce a considerare aiuto
pubblico. è grazie a questo strumento preparato da Tremonti — e che ha già la forma di una piccola Iri — che Prodi ha potuto accarezzare l’idea di portare nella Cassa il 30 per cento della rete telefonica (risolvendo
così i problemi finanziari di Tronchetti Provera), e forse anche la rete
autostradale e quella del gas. Quello che Rutelli ha poi chiamato “un Iretto”
• Il ministro dell’Economia un giorno è liberista, un altro neo-colbertiano. Che tipo è? «Un cinicone straintelligente» (Renato Brunetta a Giancarlo Perna) • D’altra parte, sul fronte liberista, Tremonti ha notevolmente semplificato le
procedure fiscali, varato aiuti per le imprese disposte a investire (Tremonti
bis), abolito la tassa di successione, incoraggiato il ritorno dei capitali
esportati all’estero nel mezzo secolo precedente con una lieve imposizione fiscale dagli
effetti tombali: nel 2004 si potè valutare che avevano approfittato della legge 22 mila grandi ricchi, intendendo
per grandi ricchi i possessori di almeno un milione di dollari (che in Italia,
secondo Merryl Linch, sono 188 mila)
• Ha sostenuto che l’espansione cinese in Europa va contrastata, e che la produzione dell’Eurozona (in crescita al ritmo dello 0,4% contro il 9 della Cina) va protetta.
Gli accordi del WTO (World Trade Organisation, Organizzazione mondiale del
commercio) avrebbero consentito alla Cina di esportare liberamente in Europa
nel settore tessile dal 1 gennaio 2005, mettendo a rischio 30 milioni di posti
di lavoro, 22 dei quali femminili. Tremonti si è battuto con successo perché l’avanzata della Cina (che nel 2005 controllava già il 17 per cento del commercio mondiale in questo settore) fosse ritardata da un
sistema di dazi. Ha esposto il suo pensiero su questi problemi in
Rischi fatali (Mondadori, 2005) • Ha accusato il governo di centrosinistra di aver lasciato a quello di
centrodestra un buco di 25 mila miliardi di lire, suscitando una polemica nella
quale nessuno alla fine è riuscito a capire chi avesse ragione (hanno risposto a Tremonti con uno studio
congiunto Visco e Giuliano Amato): «La vera storia del “buco”, nel bilancio ereditato dal governo Berlusconi nel 2001, è che dopo anni di ricerche e furibonde polemiche, quel “buco” non è ancora chiaro se ci sia stato. Anzi, peggio. Che forse c’è ancora, nascosto nelle voci di un bilancio pubblico spaventosamente
disordinato. Dove con un tratto di penna di un impiegato distratto, come forse è successo nel 2000, possono “sparire” 4 mila miliardi. Persi in uno scaffale, svaniti, chissà. Come “gli strumenti finanziari sottostanti rimborsi di prestiti per 2.100 miliardi” pagati dal Tesoro a fronte di titoli di cui non c’è traccia. O versamenti da 700 miliardi fatti due volte e conteggiati una sola.
Anche questo è scritto nel rapporto riservato e nelle conclusioni sconsolanti che i tecnici
della Banca d’Italia, dell’Istat e del ministero dell’Economia hanno appena consegnato al governo. Il loro compito era soprattutto
quello di spiegare le enormi differenze tra i dati del disavanzo pubblico che
Bankitalia, ministero e Istat calcolavano ciascuno a modo proprio e che nel
2000 raggiunsero un livello macroscopico. Bankitalia calcolava il fabbisogno
statale a 81.600 miliardi, la Ragioneria a 54.800 miliardi, mentre l’Istat certificò un indebitamento netto della pubblica amministrazione (che è poi l’unico dato che vale per Maastricht) di 31 mila miliardi…» (Mario Sensini)
• Ha venduto sul mercato il residuo 3,5 per cento di Telecom e nel 2003 ha
privatizzato l’Ente Tabacchi Italiano cedendolo all’asta alla British American Tobacco (Bat) per 2,325 miliardi di dollari (più di 15 volte il mol del 2002), la più grande privatizzazione in Europa di quell’anno e la seconda nel mondo. Con una sola operazione, e grazie all’utilizzo del trasparentissimo metodo dell’asta, Tremonti incassò i proventi previsti per tutte le privatizzazioni fino al 2004
• «Dove troveremo un altro ministro dell’Economia che si adatta a dormire in caserma, a pedalare in Austria, a fare
trekking in Valcamonica con Eridano Bossi e Roberto Libertà Bossi, pur di accudirne il padre? Che pranza a mezzanotte nella cucina
allestita al ministero, per poi riprendere a lavorare davanti al caminetto e a
un cognac? Che cita gli scritti di un giurista ignoto ai più, sino a farne una star dell’opposizione? Che rompe la liturgia di Cernobbio facendosi beffe dei soloni del
lago? Che saluta polemicamente a pugno chiuso l’ex direttore dell’ufficio studi di Confindustria? Che parla confidenzialmente di Colbert ministro
del re Sole come fosse un compagno di scuola? Qualcuno ha collocato il genio di
Giulio Tremonti ai confini della pazzia. Nessuno ha mai potuto in buonafede
negarlo» (Aldo Cazzullo)
• Non è riuscito a risolvere il problema Alitalia • Ha proposto la realizzazione di un euro di carta che sostituisca quello di
metallo e che dia una diversa percezione del valore dell’euro (oltre a costar meno nella fabbricazione). Ha chiesto che la Ue emetta
titoli per finanziare le grandi opere pubbliche. Ha fatto preparare allo stesso
Siniscalco una valutazione del patrimonio italiano per mostrare agli stranieri
che mai e poi mai l’Italia potrebbe essere considerata insolvibile: «è di 1.771 miliardi di euro l’attivo patrimoniale pubblico 2003 stimato a valori di mercato. Lo si apprende
dall’aggiornarmento al 19 luglio scorso delle valutazioni effettuate dal dipartimento
del Tesoro in collaborazione con la Kpmg e Patrimonio Spa, che saranno
presentate in Parlamento a settembre. E, dal momento che, secondo il Dpef
2005-2008, “nel medio periodo, circa il 40 percento dell’attivo patrimoniale può considerarsi disponibile”, ecco che le Amministrazioni pubbliche risultano disporre — in teoria — di oltre 700 miliardi di euro (726 per l’esattezza) sia per abbattere il loro passivo (debito), sia per trarre da questa
ricchezza un frutto che finora è mancato. Una ricchezza pari al 136 percento del prodotto interno» (Luigi Lazzi Gazzini). Ha creato, proprio per valorizzare l’attivo patrimoniale pubblico, le società Infrastrutture e Patrimonio spa (collocate nella Cassa Depositi e Prestiti), la
prima destinata a finanziare opere pubbliche con denaro estraneo all’Amministrazione, la seconda incaricata di promuovere una valutazione e un
utilizzo economico del patrimonio. Ha proposto di collocare in una grande
holding tutte le proprietà pubbliche (immobili, spiagge, caserme ecc.) e di venderne poi le azioni ai
risparmiatori, nonostante che le cartolarizzazioni, cioè la vendita sul mercato — mediante società appositamente costituita — dei crediti pubblici, varate fin dall’inizio del mandato abbiano dato esito deludente
• Nella XV legislatura è deputato e vicepresidente della Camera. è vicepresidente di Forza Italia dal 2004 • «Nel mio guardaroba ci sono solo abiti grigi cuciti da un sarto di provincia» • Forti legami con Bossi e con la Lega: durante i due governi Berlusconi della
XIV legislatura molti commentatori lo hanno considerato un ministro in quota
Bossi: «Il salto da abile tecnico che era stato titolare delle Finanze nel primo governo
Berlusconi a politico vero, è legato proprio alla fiducia che Tremonti ha saputo suscitare nel
diffidentissimo Bossi, con il quale ha stretto una vera amicizia a furia di
vacanze in montagna e biciclettate fin in Austria e che, per una “extraordinaria malignità di Fortuna”, gli è mancato proprio nel momento più delicato, nel passaggio più difficile (
per via della malattia di Bossi. Vedi — ndr). Si deve infatti in buona parte alle notti passate in pizzeria con Bossi, alla
paziente ricucitura di Tremonti, il successo della trattativa che riportò la Lega nel centrodestra, dopo il ribaltone e anni di accuse e controaccuse, e
che permise alla Casa delle libertà la vittoria del 2001» (La Stampa) • Carattere impossibile, insopprimibile predisposizione a trattare la stragrande
maggioranza dei suoi simili dall’alto in basso. «Resta un politico ruvido, aspro, con una idiosincrasia per la mediazione. Per
esempio, nella complessa vicenda della risistemazione dei poteri bancari, fino
alla fine è poco tattico, tanto da inserire nella manovrina estiva di correzione dei conti
pubblici un colpo secco alle finanze delle fondazioni bancarie» (Marco Ferrante) • «Serena Dandini, facendo notare a Corrado Guzzanti in veste di Tremonti che i
tagli alla cultura metteranno in difficoltà l’opera lirica, la Scala e il Maggio fiorentino, si sentì rispondere: «Mi aiuti a dire ’sti cazzi» • Figlio di un farmacista di Sondrio, ha due fratelli (Angiola, pittrice, e Pier
Luigi, farmacista) che a ogni occasione parlano male di lui. Pier Luigi,
fascista dichiarato, ha addirittura fatto sapere di voler cambiare cognome per
non aver niente a che fare col fratello • Ha studiato al collegio Ghislieri di Pavia, è laureato in Giurisprudenza, allievo di Gianantonio Micheli. Prime esperienze al
ministero delle Finanze con Franco Reviglio (1979-1981, governi Cossiga I e II
e governo Forlani. Con lui c’erano Alberto Meomartini e Domenico Siniscalco, con i quali condivideva un
seminterrato in via Piacenza a Roma). Meomartini e Tremonti restarono poi anche
con Formica (ministro delle Finanze nei due governi Spadolini dell’81 e dell’82) e tornarono con Reviglio quando questi diventò presidente dell’Eni (dal 1983 al 1989)
• Candidato per il Psi (area De Michelis) alle politiche del 1987 (non eletto),
ha poi fatto parte di Alleanza democratica e del Patto Segni, nella cui lista
fu eletto deputato nel 94. Passò quindi, attraverso la Federazione Liberaldemocratica, a Forza Italia diventando
ministro nel Berlusconi I • Insegna Diritto tributario a Pavia • «Un fior di fiscalista, il suo studio è tra i più apprezzati in Italia (anche la Mediaset vi ha fatto ricorso), la sua carriera
universitaria luccicante, come i tomi sfornati impongono di registrare. Il
professore è sempre primo della classe: lo dicono gli altri e lo pensa anche lui. Coltiva la
filosofia, Voltaire e Hobbes, gira da un posto all’altro, e infatti quando può (e anche quando non può) esibisce l’inglese, perfetto. Cita in latino quando la fortuna gli fa trovare accanto gli
interlocutori giusti. A via Venti Settembre lo chiamano Treconti, ma solo i
maligni. Con questo nomignolo vorrebbero indicare il disinteresse del ministro
per gli effetti contabili delle sue misure. Come copre le sue leggi? “By magic”, per magia disse, sfottendolo, Beniamino Andreatta al tempo del primo governo
Berlusconi. Anche l’economista Mario Baldassarri, a quel tempo spiegò che “l’unico provvedimento significativo è la cedolare secca, il resto è parmigiano grattugiato sparso sulla pasta, senza però che ci sia la pasta”» (Antonello Caporale)
• Rutelli: «L’Italia è un paese bagnato da tre mari e prosciugato da tre monti» (trasmissione Che tempo che fa con Fabio Fazio, 21 gennaio 2006). Tremonti: «I mari sono quattro: Ligure, Tirreno, Adriatico e Ionio. La barzelletta non
funziona» (stesso programma, la sera dopo) • Presidente dell’Aspen Institute • è sposato con Fausta Beltrametti. Due figli: Luisa, praticante avvocato, e
Giovanni, studente di Giurisprudenza • Ama andar per funghi («è il golf dei poveri»), è un patito della montagna (una volta s’è presentato con gli scarponi in Sardegna, alla villa di Berlusconi La Certosa),
da giovane era anche un provetto sciatore: «La mia carriera si interruppe in quarto ginnasio, quando mi sono rotto un
ginocchio, ho messo gli occhiali e sono stato rimandato a ottobre in tre
materie: latino, greco e matematica» (a Elena Polidori).