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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

TRAPANI

Francesco Roma 10 marzo 1957. Imprenditore • «Detto il Trap dei gioielli. I Bulgari, Trapani è uno di loro, sono radicati a Roma da oltre un secolo e hanno creato l’inizio di una vasta fortuna, senza aver mai costruito una vera rete di potere. è una storia in cui si intrecciano esclusivamente i componenti maschi di casa
Bulgari, a partire dal fondatore Sotirios Boulgaris. Greco, abile cesellatore
di argento, dopo una serie di disavventure (durante il governatorato ottomano
subisce anche la distruzione della bottega) si sposta a Corfù, approda a Napoli e infine a Roma nel 1881. Ai figli racconterà di essere sbarcato con in tasca 80 centesimi. Ma riesce a farli fruttare quasi
subito e al Pincio, la terrazza che domina le architetture disegnate da
Valadier, conclude il primo affare racimolando 200 lire attraverso la vendita
di piccoli oggetti in argento. A partire dall’81 ha messo piede in azienda Francesco Trapani, figlio di Lia Bulgari, cresciuto
tra Napoli e Roma; dopo un’esperienza in banca d’affari a Londra inizia come assistente del direttore amministrativo dell’azienda e poi affiancando lo zio Gianni. Nel frattempo, i rapporti fra i tre
fratelli si deteriorano. C’è chi vuole cambiare pelle all’attività tradizionale e chi, invece, preferisce restare ancorato alle radici aziendali.
Trapani, fisicamente simile a Gianni, promette bene e finisce sotto l’ala protettiva di Nicola e Paolo. Nell’84 gli zii decidono di farne il nuovo amministratore delegato al posto di
Gianni. Lo scontro è durissimo, anche perché l’azzardo è evidente: Trapani ha 27 anni e immagina un futuro tutto nuovo per Bulgari. La
società chiude l’anno con un fatturato di 70 miliardi di lire, realizzati nei cinque negozi
monomarca. Il pacchetto azionario è saldo nelle mani di Paolo e Nicola. Da quel momento il pronipote di Sotirio
delega la produzione agli zii e si concentra su sviluppo e marketing. Una corsa
in cui gioielli, orologi, profumi e cravatte alimentano una crescita
esponenziale. Vengono aperti negozi a Milano, Tokio, Osaka e Singapore. La
società sbarca inoltre in Germania e apre il secondo punto vendita nella Fifth Avenue
di New York. Una fase conclusa negli anni Novanta, quando gli effetti della
guerra del Golfo combinati alla crisi italiana di Tangentopoli si fanno sentire
sui conti. Nel 95, forte di un giro di affari di quasi 400 miliardi di lire e
margini oltre i 40 miliardi, Trapani forza la mano agli zii e spinge per
quotare in borsa la società. Al mercato vengono chiesti i capitali per finanziare lo sviluppo su scala
davvero globale. L’azienda ha già aperto timidamente l’azionariato a componenti esterni alla famiglia: da qualche anno sono entrati
alcuni investitori istituzionali con un aumento di capitale. Questa volta è diverso. A Piazza Affari finisce il 48 per cento del gruppo. I costi crescono
di pari passo con il fatturato, ma i margini tengono. Nel 2000 il giro di
affari raggiunge quota 1.300 miliardi di lire. A schizzare sono soprattutto i
profitti, che sfiorano i 200 miliardi di lire, segnando una performance
superiore del 62 per cento rispetto all’anno precedente. è il periodo delle vacche grasse, il boom della new economy crea ricchezza
virtuale e i consumi di beni di lusso salgono alle stelle. A Via Condotti tra i
travertini e i marmi un po’ ridondanti del negozio si affastellano i dividendi. L’azienda arriva a capitalizzare quasi 8 mila miliardi di lire. Una montagna di
soldi su cui siedono solo Paolo, Nicola e il nipote Francesco, quest’ultimo con una quota del 4,5% gentilmente concessa dagli zii. Sono gli unici in
famiglia a essere azionisti, attraverso una scatola battezzata Unione
Fiduciaria, e a lavorare in azienda. Il gruppo è ormai affermato, gli zii continuano però con un pizzico di perfidia a ripetere che se l’amministratore delegato non porta risultati va a casa. Il crollo delle Torri
Gemelle arriva inaspettato, costringendo il mondo del lusso a fare i conti con
drastiche cure dimagranti. Nel caso di Bulgari la priorità è razionalizzare i costi e riordinare un’azienda che è cresciuta disordinatamente. I magazzini si scoprono troppo pieni, e le funzioni
di staff evidenziano una serie di costose sovrapposizioni. Gli analisti e i
gestori che fino a quel momento considerano la società un gioiello, mutano, come spesso accade, orientamento. Tutto il 2002 sono
dolori. Il titolo Bulgari viene estromesso dal nobile listino delle Mib 30. La
notizia della joint venture con un gigante del settore alberghiero come
Marriott e l’avvio di una serie di investimenti per diversificare nell’hotellerie sono accolti poco meglio di un funerale. Trapani resiste. Tiene duro
sul fronte del mercato degli orologi, che precipitano letteralmente generando
una flessione dei ricavi, rivede le strategie internazionali (i negozi sono
diventati ormai quasi 200). Alla fine ce la fa, vince mister Trapani, l’ex ragazzo che i facoltosi buyer asiatici si ostinano a chiamare mister Bulgari.
Secondo lo stile di famiglia adesso comanda lui, che mantenendo fede alla
diffidenza del bisnonno Sotirio si tiene alla larga da tutto ciò che è politica, affari e gossip. è un uomo, infatti sconosciuto ai più e molto discreto. Finora l’unica volta in cui si è affacciato sulla platea della diversificazione è stato nel 2002 quando accettò la nomina a consigliere in Bnl. Si siede incuriosito nel posto accanto a Diego
Della Valle. Durante la guerra delle opa bancarie il suo vicino di seggio si
sbraccia per dare dello stregone di Alvito al governatore Antonio Fazio e lui
assiste come se fosse un marziano. A Via Condotti nel frattempo il fatturato è arrivato a lambire il miliardo di euro. E il Trap del gioiello non compra né Rcs, né Autostrade e neanche la più abbordabile Roma» (Il Foglio).