Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

TOMMASI

Rino Verona 23 febbraio 1934. Giornalista. Scrive sulla Gazzetta dello Sport, commenta il tennis su Sky (con Gianni
Clerici) ecc. • «Ha un computer al posto del cervello. Lavora basandosi soprattutto sui numeri.
Ha fatto per molti anni l’impresario di boxe» (Tommaso Pellizzari) • «Fate un briciolo di mente locale e immaginate un bambino veronese di otto anni
che tifa Livorno. È il campionato 42-43, la squadra allenata da Ivo Fiorentini manca d’un pelo lo spareggio scudetto col Toro perché Valentino Mazzola si rimbocca le maniche e chiude la questione. L’Italia È in guerra. Il papà del bimbo È in Russia con l’Armir: “Partito sottotenente, È tornato coi gradi di capitano. Ce l’ha fatta a salvare la pelle perché era un atleta”» (Andrea Aloi)
• «Ero fra i primi tennisti di seconda categoria, ho vinto quattro campionati
italiani universitari. Ma ho fatto bene a studiare: come tennista non sarei mai
riuscito ad alti livelli. In famiglia ero abituato bene. Mio padre Virgilio ha
partecipato a due Olimpiadi, nel 24 Parigi e nel 28 Amsterdam, specialità salto in lungo. Mio zio Angelo È stato olimpionico a Los Angeles nel 32, salto in alto. L’amore per lo sport l’ho imparato in casa. Ho sempre sognato di fare il giornalista sportivo. Dopo
Verona mio padre, che era ragioniere commercialista e amministrava molte
aziende, si trasferì a San Benedetto del Tronto per lavoro. Di lì, quando avevo 17 anni, nel 51, si passò a Milano: mio padre era preoccupato che crescessi in un ambiente troppo
provinciale. E iniziai a lavorare per Sportinformazioni, una specie di piccola
Ansa dedicata allo sport. Funzionava pure da ufficio di corrispondenza milanese
per il Corriere dello Sport e il 4 dicembre del 53, complice l’indisponibilità di chi seguiva la boxe, mi mandò al Teatro Principe a seguire una riunione. Che fastidio! I giornalisti a bordo
ring ne sapevano più di me. A scuola non mi piaceva studiare però ero il primo della classe. Mi sono recluso per sei mesi nella biblioteca del
castello Sforzesco e ho raccolto tutti i risultati di boxe degli ultimi dieci
anni. Ne ho tirato fuori il primo libro di una serie»
• «Boxe o tennis? Una telecronaca di boxe È professionalmente più soddisfacente, devi decidere in fretta. Io ho il mio “personalissimo cartellino” e lascio ai giudici due possibilità: essere d’accordo con me o sbagliarsi» • «Dovessi scegliere fra direttore del Corriere della Sera e della Gazzetta,
sceglierei la Gazzetta. Meglio dello sport non c’È nulla, insegna le due cose più importanti: a vincere e a perdere. Pagherei per quello che faccio».