Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
TIRELLI
Marco Roma 17 novembre 1956. Pittore • «L’immagine di Tirelli si fonda da una parte sulla nozione che il quadro non abbia
da rappresentare altro che la propria realtà, distante da ogni mimesi del mondo; e d’altra parte che il luogo privilegiato ove quell’immagine sia destinata a prender figura, lontana dal mondo e dai suoi tremori, è il luogo perfetto della geometria. E i suoi quadri sono, all’apparenza, quadri interamente devoti all’egida geometrica. Tutte le forme che narrano — quadrati e rettangoli, sfere e coni, triangoli e colonne — si rifanno a un modulo geometrico. Ma poi, tutto quanto nella geometria è implicito, vale a dire la dimostrabile certezza dell’assunto proposto, e l’inconfutabile assolutezza della parola pronunciata, è da questa pittura allontanato da sé. Ed escono, infine, tremanti d’una loro vita diversa, ansiosa, quei corpi: alzati giusto al centro della pagina
pittorica, come volessero con ciò confermare il loro valore d’intoccabile icona, ma poi erosi da un’ombra che, dalla notte scura donde provengono, li accompagna fin sul primo
piano, alla loro misteriosa, inquietante epifania. L’iperbole prospettica escheriana, portata talora sino all’ambiguità percettiva cui sembrano indulgere le forme geometriche più complesse — e che sottolinea questa renitenza di Tirelli a piegarsi a una geometria
soltanto capace di esibire un ordine razionale, un nitore mentale casto e
assoluto — pare così quasi inessenziale al loro pathos, al loro apparire emozionato, che già interamente si legge nella forma semplice della sfera. Maurizio Fagiolo, anni
fa, faceva — senza prudenza, ma con verità: come spesso usava — il nome di Piero della Francesca, e quello di de Chirico, per Tirelli: già lui scambiandoli volentieri con quelli, più ovvi, di Mondrian o di Vantongerloo» (Fabrizio D’Amico).