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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

TATÒ Francesco Lodi 12 agosto 1932. Manager. Dal 2005 amministratore delegato delle Cartiere Paolo Pigna • Ha iniziato la sua carriera nel 56 entrando a far parte del gruppo Olivetti, dov’è rimasto fino all’82

TATÒ Francesco Lodi 12 agosto 1932. Manager. Dal 2005 amministratore delegato delle Cartiere Paolo Pigna • Ha iniziato la sua carriera nel 56 entrando a far parte del gruppo Olivetti, dov’è rimasto fino all’82. Dall’84 all’86 e poi dal 91 al 94 amministratore delegato Mondadori, dal 93 al 95 amministratore delegato di Fininvest, dal 96 al 2001 amministratore delegato e direttore generale dell’Enel. Per sei mesi, tra il 2002 e il 2003, è stato presidente di Hdp (se ne andò, sembra, per contrasti con Cesare Romiti). Dal luglio 2003 direttore generale della Treccani • «Già gli elementi-base della sua biografia sono abbastanza straordinari. Quello che viene considerato uno dei manager più bravi d’Italia è in realtà un laureato in Filosofia presso il collegio universitario Ghislieri di Pavia. Lo stesso, peraltro, del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, suo grande nemico e artefice della fine della sua carriera. Dopo l’università continuerà a occuparsi di filosofia, ma solo a titolo personale, come persona colta, alla sera dopo qualche lunga giornata come manager o sul Concorde, quando per un certo tempo fa il pendolare fra l’Italia e la Olivetti America. La sorte lo porterà poi a essere uno dei manager a cui Silvio Berlusconi deve di più. E a essere uno dei primi manager la cui carriera viene troncata proprio dal governo di Berlusconi, e questo nonostante il suo lavoro all’Enel sia stato impeccabile e abbia portato a risultati di bilancio, e di crescita, assolutamente straordinari. Unico neo in un personaggio del genere: un carattere non facile (Kaiser Tatò o Kaiser Franz sono i due soprannomi che si porta dietro), un’abitudine a fare solo di testa propria e una certa vocazione a non curarsi dell’opinione della gente. A un certo punto, quando è già all’Enel, si innamora di una bellissima ragazza molto più giovane di lui, Sonia Raule (che lo renderà padre, a settant’anni). E non la nasconde, va a vivere con lei e la presenta ovunque come la sua compagna. Un uomo così è ovvio che, alla fine, mette insieme pochi amici» (Giuseppe Turani) • «“Guardando Tatò, anche io mi sento un costo da abbattere”. Era il 94 quando Silvio Berlusconi pronunciò la famosa battuta su quello che allora era il suo plenipotenziario alla Fininvest, l’amministratore delegato che, dopo aver risanato la Mondadori, era stato chiamato a fare la stessa cosa nella holding al vertice di tutta la galassia messa in piedi dal Cavaliere con una serie straordinaria di intuizioni imprenditoriali ma anche senza badare troppo ai conti. E che proprio per questo si trovava in una situazione finanziaria delicata: a fine 93, quando fu chiamato in Fininvest, i debiti viaggiavano sui 4 mila miliardi di lire. Oggi chi conosce bene i due protagonisti dice che in quella battuta è racchiusa l’essenza dei rapporti tra i due uomini. Perché le battute di Berlusconi non sono quasi mai casuali, ma spesso rappresentano una specie di “precipitato verbale” dei suoi sentimenti più profondi. Sentimenti che verso Tatò erano un misto di amore e odio, di ammirazione e timore. Si tratta di vocaboli che vanno intesi in senso lato, naturalmente. Ma chi ha vissuto il periodo Tatò prima in Mondadori, poi in Fininvest, poi di nuovo in Mondadori (inizio 95) fino alla partenza del manager per l’Enel nel giugno 96, usa proprio questi termini. Per capire, allora, conviene tornare a quel periodo. Anzi, ancora prima, agli anni 80, quando Berlusconi fa fare alla Fininvest il grande salto verso l’empireo delle imprese nazionali. Quello sviluppo tumultuoso venne realizzato con una squadra di uomini tutto sommato ridotta: Giancarlo Foscale, il cugino di Berlusconi, Adriano Galliani, il mago delle antenne e delle frequenze, Fedele Confalonieri, l’amico di sempre, Amedeo Messina, il capo della tecnostruttura finanziaria e soprattutto Marcello Dell’Utri, il numero uno di Publitalia, la concessionaria di pubblicità, la macchina da soldi che in pochi anni sbaraglia la concorrenza e giunge a minacciare la Rai. Sono compagni di lavoro, ma anche amici, insieme ne hanno passate molte, sotto la guida di Berlusconi hanno costruito un impero. è un vertice coeso ma non strutturato secondo organigrammi aziendali, dove tutti fanno tutto, magari sprecando energie e risorse ma con indubbio successo. In questo ambiente arriva Tatò: preceduto da una fama di tagliatore di teste, di una durezza ch e il soggiorno in Germania, quando era all’Olivetti, sembra aver temprato ancora di più (donde il soprannome di Kaiser Franz), viene chiamato a mettere a posto i conti, forse su mandato delle banche (ma lui ha sempre smentito) preoccupate per i propri crediti. In Mondadori ci era riuscito, ma non senza costi umani, soprattutto tra i manager. Logico che l’arrivo di Tatò venga guardato con sospetto. Una diffidenza che il carattere di Kaiser Franz, non facilissimo, non fa nulla per dissipare. è un battitore libero, si muove da solo, con spregiudicatezza e incisività, arriva fino, si dice, a portare a Berlusconi i registri aziendali minacciando di farli proseguire per il tribunale. E presto viene accusato, soprattutto da Dell’Utri, di sacrificare lo sviluppo in favore del riequilibrio. E Berlusconi in mezzo, a comporre, con l’aiuto di Confalonieri, dissidi senza fine. Con grande ammirazione per le capacità gestionali di Tatò ma anche sconcerto per l’incapacità del manager di fare squadra, di piacere, di farsi amare» (Paolo Rastelli) • Sotto la sua guida l’Enel è diventata una «multiutility» attiva in tutti i servizi, primi fra tutti quelli delle telecomunicazioni. A lui si deve la nascita di Wind, divenuto il terzo operatore di telefonia mobile italiano, e l’operazione Infostrada. Per proseguire nel gas e nell’espansione all’estero, con grosse operazioni (come l’acquisto della spagnola Viesgo). A lui è inoltre legata la privatizzazione dell’Enel e la quotazione in Borsa, avvenuta nel novembre 99.