Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
TABUCCHI
Antonio Pisa 23 settembre 1943. Scrittore. Docente di Lingua e letteratura portoghese all’Università di Pisa. Direttore dell’Istituto italiano di cultura a Lisbona dall’85 all’87. Ha fatto conoscere al pubblico italiano, traducendolo con l’aiuto della moglie Maria José de Lancastre, lo scrittore portoghese Fernando Pessoa • Cresciuto dai nonni materni a Vecchiano, borgo vicino a Pisa. Si innamora della
letteratura grazie alla ricca biblioteca dello zio materno. Scopre Pessoa
comprando su una bancarella di Parigi il poema Tabacaria, tradotto da Pierre Hourcade e firmato Alvaro De Campos (Pessoa aveva l’abitudine di presentarsi al lettore sotto i nomi più diversi). Esordio con Piazza d’Italia (Bompiani, 75), successo con Notturno italiano nell’84 (da cui Alain Corneau ricava un film nell’89 e che vince il Prix Medicis in Francia come miglior romanzo straniero).
Segnaliamo ancora Piccoli equivoci senza importanza (Feltrinelli, 85), Il filo dell’orizzonte (Feltrinelli, 86: il portoghese Fernando Lopez ne ha tratto un film), Sostiene Pereira (Supercampiello 94, film con Mastroianni e la regia di Roberto Faenza) • «Dopo un inizio fulminante nei suoi libri ha fatto irruzione una pericolosa
ideologia del narrare chiudendo gli spazi al gioco letterario» (Angelo Guglielmi) • «Nella prima fase della sua vita, volendo fare di sé un capolavoro, ha fatto un’imitazione, quella di Fernando Pessoa. Nella seconda fase, invece, ha invertito
i ruoli scoprendo sì il gioco dell’imitazione, ma con se stesso nella parte del capolavoro e Pessoa in quella di un
pallido clone. Desidera ardentemente che qualcuno bruci i suoi libri. Brama,
come Eva bramava la mela, di essere sbattuto in una sordida galera da un
golpista y caudillo y dictator y aguzino y fascista y razista y reacionario, un
dictator vestito del blanco con il monocolo nero e lo scudiscio nigro, uno con
la faccia da revisionista come Antonio Banderas. Ma non crediate lo faccia per
antifascismo. È solo un sadomaso. Sogna tutte le notti Sergio Romano con il gatto a nove code.
E poi, non si chiama Antonio, si chiama Giangiacinto» (Pietrangelo Buttafuoco)
• «Io non ho avuto un innamoramento senile e improvviso per certi temi sociali,
diritti umani, eccetera eccetera. Questo impegno È, in realtà, un filo che attraversa tutta la mia produzione letteraria» • «Pensiamo alla vita: una serie di avvenimenti che accadono nel tempo, molte volte
in maniera del tutto casuale, non collegata per logica ai fatti. Diciamo che,
di per sé, l’esistenza “È” e basta. Ha bisogno d’essere interpretata, raccontata per poter prendere una forma intelleggibile.
Altrimenti È un pollo in gelatina. Beh, la letteratura È per eccellenza la scrittura: ci fa comprendere che quanto accade non sono
avvenimenti isolati, palloncini che scoppiano all’improvviso, funghi che escono dalla terra spontaneamente. Si tratta, al
contrario, di una rete. O, se vogliamo, del rovescio d’un tappeto attraverso i cui nodi riusciamo a capire la figura che c’È sul lato opposto»
• «Tengo le storie in lunga incubazione, poi le scrivo in fretta. Specialmente d’estate, meglio se di giorno. Ho in mente le storie già concluse, aspetto che arrivino sulla carta» (da un’intervista di Concita De Gregorio) • Impegnato politicamente a sinistra, nell’area degli antiberlusconiani duri. Sue polemiche ferocissime con Giuliano
Ferrara, a cui rinfaccia di continuo l’attività di spia per gli americani.